Shadow of the colossus: The prequel

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  1. Zalya
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    Ho iniziato questa fan fiction già da molto tempo ma ormai manca un solo capitolo per finirla. La mia pigrizia non aiuta, purtroppo. Nel frattempo ecco il primo capitolo! :occhei:


    Shadow of the colossus: The prequel


    ~A deep friendship: Parte 1



    ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~



    Era mattina a Duskhill, un tranquillo villaggio lontano da tutto. Un villaggio tranquillo, con non troppe persone, ma neanche troppo poche. Quasi tutti si conoscevano. Tutte persone buone e amabili vivevano in quel villaggio. O almeno era quel che sembrava in apparenza.
    La pace venne interrotta dal rumore di alcune carrozze che si stavano avvicinando al villaggio. I più curiosi andarono all’entrata del villaggio per vedere cosa succedeva. In effetti la mattinata era diversa dalle solite, il capo del villaggio aspettava visite. Quella mattina sarebbe arrivata una nuova famiglia, che si sarebbe stabilita in una fattoria abbandonata poco fuori il villaggio. Una fattoria che apparteneva a una coppia di vecchietti che purtroppo passarono a miglior vita pochi anni prima. Non avendo eredi, quella fattoria rimase in disuso per molto.

    Le carrozze entrarono nel villaggio, insieme a qualche carro con sopra dei cavalli. Tutti gli abitanti, estremamente curiosi seguirono le carrozze fino al centro del villaggio. Erano un po’ incerti ad accogliere una famiglia sconosciuta nel villaggio, ma il capo rassicurò tutti che erano delle brave persone.
    Un uomo con all’incirca i trent’anni e una donna più o meno con la stessa età scesero dalla carrozza, dopo di loro uscì una ragazzina di all’incirca tredici anni. Era una ragazzina molto graziosa, aveva dei lunghi capelli neri corvino con una fascia blu e con una frangetta dal taglio dritto, appena sopra le sopracciglia, gli occhi erano castani. Si guardava timidamente intorno, c’erano ben poche persone giovani come lei, e la maggior parte erano dei maschiacci che continuavano a mettersi le dita nel naso.

    (Ma dove sono finita?)

    Pensava tra sé e sé la ragazzina. A un certo punto, in mezzo alla folla del villaggio, vide spiccare qualcosa di rosso. Guardò meglio, e notò che si trattava di un ragazzo con i capelli rossi e gli occhi azzurri, sembrava avere appena quindici anni, e sbirciava da dietro un muro per vedere che succedeva in piazza.
    Il ragazzo dai capelli rossi notò che la ragazzina si era accorta di lui, e così lui si nascose dietro il muro da cui sbirciava, per non farsi più vedere. Solo che era così sbadato che si vedeva una sua mano sbucare fuori.
    Il capo salì sul proprio cavallo mentre i genitori della ragazza insieme a quest’ultima risalirono sulla carrozza, e vennero accompagnati dalla fattoria abbandonata.

    Passarono alcune settimane, e finalmente alla fattoria era tutto a posto. La ragazzina decise di andare di mattina presto al villaggio, quel giorno c’era il mercato, quindi sarebbe stata una buona occasione per familiarizzare un po’ con gli altri abitanti.
    Aveva addosso vestiti tipici di chi lavora in una fattoria. Indossava un vestito con il sopra bianco e il sotto giallino/marroncino. Sopra la gonna aveva un grembiule marrone, ai piedi invece portava dei stivaletti marroni, mentre alle mani aveva dei guanti marroni.
    Arrivò a una bancarella che vendeva frutta. Adocchiò una bella mela rossa, e decisa a comprarla, allungò la mano per prenderla. Nello stesso momento però, un’altra persona stava per prendere la mela, e quindi si trovò la mano di questa persona sulla propria. Subito la ragazzina guardò di chi era la mano sopra la sua, e la stessa cosa la fece l’altra persona. Era quel ragazzo dai capelli rossi che aveva visto settimane prima. Finalmente poté vedere meglio il ragazzo. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle legati all’indietro con un codino, la frangia ribelle. Portava una maglia marrone e dei pantaloncini color beige, come calzature aveva dei sandali con dei lacci legati lungo le gambe. In vita aveva una specie di grembiule decorato mentre ai polsi aveva dei polsini blu e al collo una collana fatta con denti di animali, o mostri, non si capiva.
    Il ragazzo tolse subito la mano, arrossendo.

    “Oh, ma sei tu!”

    Disse la ragazzina sorridendo. Poi continuò

    “Ti ho visto qualche settimana fa quando mi sono trasferita al villaggio! Ma cosa ci facevi dietro a quel muro?”

    Il ragazzo non disse niente, era molto timido, e si capiva da quanto era rosso in faccia in quel momento. Di colpo si girò e scappò via, inciampando su un gatto e cadendo per terra con la faccia.

    “AAAHH!”

    Le persone che erano lì cominciarono a ridere vedendo il ragazzo per terra.

    “Ahahahahahah! Sempre il solito!
    “Sei proprio un numero! Ahahahahah!”
    “Con te non ci si annoia mai, eh?”


    Il ragazzo si mise seduto in ginocchio massaggiandosi la faccia lamentandosi. La ragazzina restò dov’era.

    (Certo che è un po’ sbadato quel ragazzo… Chissà chi è…)

    In quel momento, dei ragazzini del villaggio si avvicinarono a lei.

    “Hey te, nuova arrivata! Con quello perdi tempo, è sempre stato un associale timido e remissivo, sbadato fino alla morte! Se ne sta sempre solo e non è mai voluto stare con noi, l’unica persona con cui parla è la madre”

    “Ahahahah, che cocco di mamma!”

    “Già, che mammone!”


    I ragazzini continuavano a parlar male del ragazzo con i capelli rossi. Il loro “capo” aveva i capelli corti e neri, con un cerchietto marrone con una piuma attaccata. Vestiva con una tunica lunga con sfumature dall’arancione al grigio, con i bordi neri. Sotto alla tunica aveva una maglia marrone scura. Portava dei pantaloncini marroni e dei sandali marroni un po’ più chiari. Aveva il braccio destro bendato da una benda bianca e aveva un braccialetto di stoffa nera al polso sinistro. Per tenere la tunica chiusa, aveva una cintura sul rosso scuro.
    La ragazzina a un certo punto diede uno schiaffo al “capo”.

    “HEY! MA SEI IMPAZZITA?!”

    Disse il ragazzino tenendosi la guancia per il dolore. La ragazzina lo guardò male.

    “Siete proprio antipatici! Come potete parlare male di un vostro amico?!”

    “Amico quello? HAH! Ti ho già detto che con noi non ci sta!”

    “Beh, forse perché ha capito che razza di persone siete, fa bene!”

    “Oh, ma quindi lo difendi, eh? Ragazzi, con quello schiaffo ora finirà sulla lista nera… eheheheh…”

    Disse il ragazzino, assumendo un’aria malvagia.

    “Lista… nera…?”


    Rispose la ragazzina interrogativa. Il ragazzino continuò con un tono sbeffeggiante.

    “Oh, te ne accorgerai presto, bella!”

    E detto questo, se ne andò seguito dal suo gruppo di amici. La ragazzina incrociò le braccia.

    (Uff… le cose vanno di male in peggio, credo di essermi appena fatta dei nemici… iniziamo proprio bene…)

    La ragazzina tornò a casa. Il giorno dopo, di pomeriggio, la madre del ragazzino con i capelli rossi lo chiamò. La madre di questo ragazzo gestiva un negozio di alimentari, e aveva ricevuto una grossa ordinazione di carote dalla fattoria, così chiese al figlio se le poteva consegnare lui. Il ragazzo obbiettò, sapeva che là abitava quella ragazzina, e di sicuro lo avrebbe visto. Non le stava antipatica, ma siccome era molto timido, non voleva fare la solita figura dell’associale.

    “Senti figlio mio, ho tantissimo da fare qui in negozio, devi andarci per forza tu! Perché non vuoi andarci?”

    “Io… Beh… Io non…”

    “Avanti, da bravo… non fare i capricci, ormai hai quindici anni. Su su, non voglio sentire storie. Fuori dal negozio trovi il carretto con le carote, vai a fare la consegna.”

    “Va bene…”


    Il ragazzo uscì dal negozio e trasportò il carretto fino alla porta della fattoria. Suonò la campanella, e aspettò che gli aprissero, sperando che non fosse la ragazzina ad aprirgli.
    Mentre aspettava, notò che nel recinto con i cavalli, ci stava un cavallo con una pancia molto grossa. La porta fu aperta da una donna, la madre della ragazzina.

    “Oh, ecco le carote! Grazie mille ragazzo! Eccoti i soldi, e ringrazia tua madre, è davvero molto gentile.”

    “…O-Ok…”


    La donna prese il carretto e lo portò a svuotare, infine tornò indietro riconsegnandolo al ragazzo.

    “Ecco fatto! Mi raccomando, salutami tua madre!”

    Disse pizzicando una guancia al ragazzo. Il ragazzo decise di farsi coraggio e di parlare più del solito.

    “Mi scusi…”

    “Sì? Dimmi.”

    “Ma…”


    Il ragazzo indicò il cavallo con la pancia grossa.

    “Perché quel cavallo è così grasso?”

    La donna si mise a ridere.

    “Ahahahahah! Non è un cavallo, è una cavalla! Ed è così grassa perché è incinta, tra qualche mese dovrebbe nascere il suo piccolino.”

    “Ah… capisco. Ehehheh, scusi non lo sapevo…”

    “Tranquillo piccolo. Ora scusami, ma devo sistemare delle cose in casa, alla prossima!”


    La donna rientrò in casa. Il ragazzo si avvicinò al recinto, dal punto in cui c’era la cavalla in dolce attesa.

    “Hey… Ciao.”

    Accarezzò il muso alla cavalla.

    “Sei proprio tranquilla tu, eh? Eheheheh.”

    Sorrise, in quel momento sentì una presenza alle sue spalle, e una voce si rivolse a lui.

    “Hey, sei di nuovo te! Sei venuto a trovarmi? Ahahahahah!”

    Era di nuovo la ragazzina. Il ragazzo rimase fermo immobile come se fosse pietrificato, la ragazzina si avvicinò.

    “Tranquillo, non ti mangio mica! Perché ogni volta che mi vedi, scappi?”

    “…”

    “Non parli, eh?”


    La ragazzina si mise affianco a lui, accarezzando la cavalla.

    “Hey Milly, come va oggi? Ti ho portato una carota! Ma non dirlo a mamma, sennò mi dice che ti vizio, ahahah!”

    Il ragazzo stette fermo a guardare la cavalla che mangiava la carota datale dalla ragazzina. Lei si voltò verso di lui, guardandolo, e lui istantaneamente arrossì, girando la testa altrove.

    “Sei proprio un timidone te, eh?”

    “…”

    “Mi vuoi dire almeno come ti chiami? Io sono Mono, piacere!”


    Mono allungò la mano verso il ragazzo. Lui restò un attimo ad esitare, poi mosse timidamente la mano verso quella di Mono, stringendola.

    “P-piacere… Io mi chiamo Wander…”

    Continua…
     
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    she/her

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    Come già detto, amo questa tua fanfiction Zal ** Quasi quasi me la rileggo pure, dato che li stai ripostando **
     
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  3. Selëne
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    Questa è la volta buona che inizio pure io :apperò:
     
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  4. Zalya
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    E' anche la volta buona che forse mi smuovo a scrivere l'ultimo :°D
     
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    Ecco brava ù.ù DEVI scriverlo, sono mesi che aspetto :piango:
     
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  6. Zalya
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    Lo so, scusaaaaaaaaaaaaaaaaa :depress:
     
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  7. Zalya
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    Ho finito la Fan Fict e quindi credo che cercherò di postare i capitoli regolarmente. :apperò:

    Shadow of the colossus: The prequel


    ~A deep friendship: Parte 2



    ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~



    Note dell’autrice: Ho deciso di fare un piccolo esperimento, e mettere delle musiche nei momenti salienti. Quando vedrete ****** dovrete cliccarci se volete sentire la musica abbinata al momento saliente. Chissà se sarà un esperimento ben riuscito. XD Non metteròsolo canzoni di sotc, ovviamente...

    (Se le musiche non sono molto adatte chiedo scusa. D: Non sono molto brava. XD)

    ----

    Eravamo rimasti alla presentazione tra i nostri due protagonisti, vediamo come prosegue…



    Mono allungò la mano verso il ragazzo. Lui restò un attimo ad esitare, poi mosse timidamente la mano verso quella di Mono, stringendola.



    “P-piacere… Io mi chiamo Wander…”



    “Certo che sei proprio timido e insicuro!”



    “H-Hey! Non dire le cose così direttamente… una persona potrebbe rimanerci male!”



    “Ci sei rimasto male?”



    “… Un po’. Forse perché è vero…”



    Mono sorrise, era felice di vedere che Wander non era come lo descrivevano gli altri ragazzi. Non era associale, era soltanto un ragazzo molto, molto timido. Già gli stava simpatico, voleva stringere amicizia con lui.



    “Comunque piacere di conoscerti! Finora sei l’unico ragazzo del villaggio che mi tratta come si deve. Gli altri sono dei cafoni.”



    “Gli altri? Ah, sì. Sono dei grandissimi maleducati, ci sto più lontano che posso, non li sopporto.”



    “Anche te? Pure io non li sopporto! L’altro giorno hanno parlato male di te.”



    “Loro parlano SEMPRE male di me, non hanno nient’altro da fare. Lasciali perdere, meglio non fargli nessun torto…”



    “E perché?”



    “Il loro capo ha un fratello maggiore ed è il figlio del capo villaggio, può farti qualunque cosa e passarla sempre liscia.”



    “Oh… Va bene mi terrò alla larga. Grazie del consiglio, Wander!”



    Wander sorrise, poi si ricordò degli impegni che aveva. Così decise di salutare Mono e andar via.



    “Scusa ma… devo tornare al negozio di mia madre. Alla prossima, Mono.”



    “Alla prossima! Stammi bene Wander!”



    Mono salutò con la mano a Wander, tornandosene dentro casa. Wander era felice di essere riuscito a parlare a qualcuno, fin da piccolo aveva avuto problemi a causa della timidezza, e gli altri ragazzi peggioravano le cose comportandosi male. Tornò dalla madre, entrando in negozio aveva un grande sorriso sul volto. La madre lo notò, e allora si avvicinò curiosa al figlio.



    “Beh? Come mai sorridi così?”



    “Niente, niente! Hai bisogno di altro aiuto, madre?”



    “No, per fortuna ora c’è poco da fare, vai pure dove vuoi!”



    Wander uscì di nuovo di casa, e mentre stava camminando per strada, in lontananza sentì il gruppo di ragazzini che complottavano, così si fermò nascondendosi da una parte per sentire cosa stavano dicendo.



    ******





    “Quella Mono è proprio antipatica, che schiaffo che mi ha dato!”



    “Avanti Asko, era solo uno schiaffetto, ahahhah!”



    “Schiaffetto?! Mi ha quasi tirato giù la testa! La deve pagare amaramente. Domani se la vedrà con mio fratello…”



    “Ma non te l’ha dato ieri, lo schiaffo? Non dovevi vendicarti già oggi?”



    “Sì, ma oggi non si è vista in giro, sarà restata a casa sua! Dobbiamo aspettare che venga al villaggio… E allora gliela faremo pagare. In più ha difeso quel buono a nulla di Wander, non la digerisco proprio! E’ appena arrivata e già mette becco negli affari degli altri.”



    “Non capisco perché ce l’hai tanto con Wander, dopotutto non ci da mai fastidio…”



    “Tsk, lo so io perché ce l’ho con lui…”



    “Ormai siamo nella tua banda da anni, perché non ce lo dici?”



    “Arriverà il momento giusto per dirvelo, ora non ho proprio voglia!”



    Wander restò ad ascoltare ogni singola parola. Era felice di sentire che almeno la nuova arrivata al villaggio era una brava persona e che aveva preso le sue parti, ma allo stesso tempo cominciò a stare in pena per lei. Il fratello di Asko era un bestione e Wander non osava immaginare cosa avrebbero fatto a quella povera ragazzina. Wander pensò a lungo, e arrivò alla conclusione che avvertendo Mono, l’avrebbe solo allarmata. Se ne tornò a casa senza farsi vedere dai “bulletti”, per pensare meglio a come agire.





    Fu di nuovo mattino. Mono stava ancora dormendo, quando venne svegliata dalla madre, che bussò alla porta.



    “Mono? Sei già sveglia?”



    “Hmmm… Che c’è madre?”



    “Devo chiederti se mi fai un favore, mancano delle cose in casa, volevo sapere se eri disposta ad andarci te, io ho troppo da fare oggi! Che ne dici? Dovresti andare al negozio di alimentari della signora Tuija.”



    “Va bene, mi vesto e vado.”



    Mono si stiracchiò scendendo dal letto, indossò una camicia bianca a maniche corte con una gonna bordeaux e delle scarpe dello stesso colore e indossò il suo solito cerchietto di stoffa blu. Uscì dalla sua camera scendendo delle scale, passò in cucina e prese il cestino vuoto sul tavolo. Fece un cenno di saluto alla madre.



    “Vado madre! A più tardi!”



    La ragazzina uscì di casa, ignara del complotto di Asko e la sua combriccola. Mentre era nel villaggio e si dirigeva al negozio, sentiva come se qualcuno la stesse seguendo, ma non ci fece troppo caso, magari era la sua immaginazione. Arrivò davanti al negozio.



    (Ecco il negozio, finalmente l’ho trovato! Uhm… ma questo negozio non è forse quello che gestisce la madre di Wander? Magari c’è pure lui…)



    Entrò nel negozio, e cominciò a guardarsi intorno, ma tutto quel che vedeva erano solo le cose in vendita e la signora Tuija. La signora vedendo Mono per la prima volta nel negozio e vedendola guardarsi intorno, capì subito che le serviva una mano, e allora abbandonò il bancone e si avvicinò a lei.



    “Serve aiuto, piccolina? Se non sbaglio sei la figlia di quelle due persone per bene che si sono trasferite da poco alla fattoria, sei proprio carina!”



    “Ehm… grazie signora Tuija!”



    “Ahahahah, chiamami solo Tuija! Quel ‘Signora’ mi fa sentire vecchia, ahahahah!”



    “Ok Tuija! Vede ecco, mia madre mi ha dato questa lista della spesa…”



    “Faccio io, ti troverò tutto quel che ti serve in men che non si dica!”



    “Grazie mille.”



    La signora Tuija mentre prendeva le cose richieste, notava che Mono si guardava ancora intorno, allora incuriosita si fece avanti chiedendo cosa turbasse tanto l’animo della giovane.



    “Tutto bene? Stai cercando qualcosa in particolare?”



    “No, no… Anzi, sì…”



    “Dimmi pure, non fare la timida!”



    “Lei è la madre di Wander, vero? Ieri l’ho conosciuto e abbiamo parlato un pochino, quindi volevo vedere se c’era per salutarlo.”



    La madre di Wander sgranò gli occhi come se avesse ricevuto una notizia straordinaria, e rimase a fissare per qualche secondo la ragazzina, che si preoccupò un poco.



    “Ehm, tutto bene…?”



    “Oh… Sì, sì! Finalmente mio figlio si è messo un po’ a socializzare! E’ da quand’era piccolo che non faceva altro che starsene tutto solo soletto, parlava sempre e solo con me! Ahimè, sarà perché non ha più il padre… Vedi, mio marito –pace alla sua anima- morì quando Wander aveva pochissimi mesi, ho dovuto allevarlo tutta da sola, con non poche difficoltà. Credo che sia così poco sociale perché gli è mancata una figura paterna, povero il mio piccolino…”



    “Mi dispiace moltissimo, non sapevo che Wander non avesse il padre… Però non credo che faccia così perché non ha avuto un padre, piuttosto… sono i nostri coetanei che sono insopportabili…”



    “Capisco cosa intendi, e in effetti è meglio che non abbia socializzato con quegli zoticoni… Ora però ci sei tu! Sei davvero una ragazzina buona ed educata, sarò davvero felice se farete amicizia! Comunque ora non è qui, sarà in giro a bighellonare. Oggi non c’è molto lavoro da fare qui, quindi l’ho lasciato andare libero dove voleva. Ah! Chissà dove sparisce ogni volta! Quando gli do la giornata libera è come se sparisse dal villaggio!”



    “Peccato, avrei voluto salutarlo… sarà per un’altra volta.”



    “Mi dispiace, però appena torna gli mando i tuoi saluti! Comunque ecco piccolina.”



    La signora mise la spesa nel cestino di Mono.



    “Uova, latte, farina, lievito, delle susine e dello zucchero.”



    “Grazie per l’aiuto!”



    Mono pagò la spesa e salutando la signora Tuija, uscì dal negozio, sospirando. Ci teneva davvero molto a salutare Wander, in fondo era l’unica persona che finora conosceva nel villaggio, nonché unico coetaneo con un cervello.

    Una volta uscita dal negozio, si sentì di nuovo seguita da qualcuno, ma fece finta di niente.

    A un certo punto, qualcuno le fece uno sgambetto, facendola cadere per terra. Facendo uscire le cose comprate fuori dal cestino. Le uova ovviamente si ruppero, finendo sulla farina e il lievito che si erano rovesciati dal sacco, il latte si rovesciò e così anche lo zucchero. Solo le susine rimasero intatte. Mono si rialzò mettendosi in ginocchio, guardando il disastro che era successo.



    “Oh no, la spesa!!”



    Si alzò infuriata, guardando verso chi le aveva fatto lo sgambetto.



    “Ma insomma! Guarda dove metti i piedi! Dannazione, mia madre mi farà la pelle…”



    “Te lo meriteresti, ahahahahah!”



    ******





    “Ma… tu sei quel ragazzino a cui ho dato lo schiaffo!”



    “Ma pensa te, non sa nemmeno il mio nome! Mi chiamo Asko, bella! E sappi che la guancia mi fa ancora male, è il momento di fartela pagare… Fratello! E’ lei la scocciatrice…”



    Entrò in scena il fratello maggiore di Asko, un ragazzo sui diciasette anni molto alto e forzuto.



    “Fai qualcosa, non solo mi ha dato uno schiaffo, ha pure difeso quel buono a nulla di Wander!”



    “Ok fratellino, eheheheheeh…”



    Il fratello di Asko si stava avvicinando minacciosamente a Mono, ma si fermò, perché si sentì colpire alla testa da un sasso.



    “Non osare torcerle nemmeno un capello!!!”



    Chi sarà mai? Chi ha tutto questo coraggio per affrontare questo… colosso? Lo sapremo nel prossimo capitolo…



    Continua…
     
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  8. Zalya
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    Wow, sto rispettando la mia promessa e posto regolarmente! MIRACOLO!
    Occhei, ecco il capitolo 3! u.u/

    Shadow of the colossus: The prequel


    ~A deep friendship: Parte 3



    ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~



    Il fratello di Asko si stava avvicinando minacciosamente a Mono, ma si fermò, perché si sentì colpire alla testa da un sasso.



    “Non osare torcerle nemmeno un capello, ti avverto!!!”



    ******





    Asko si girò per vedere chi aveva osato interrompere l’azione, e ci rimase non poco male appena vide che altri non era che Wander, quel ragazzo tanto timido e sbadato che odiava tanto. Era stato lui a lanciare il sasso, usando una fionda improvvisata. In una mano teneva la fionda, nell’altra un bastone. Asko si mise a ridere di gusto.



    “Wander?! AHAHAHAHAHAH! Ora si che ci divertiamo, ragazzi!”



    Mono era sollevata nel vedere Wander arrivato a difenderla, ma aveva qualche dubbio che ci sarebbe riuscito. Dopotutto era un ragazzo molto sbadato, non poteva farcela contro quel bestione. Era molto preoccupata per lui.



    “Wander!”



    Wander guardò Mono, salutandola con una mano e sorridendo. Poi rivolse lo sguardo verso Asko, guardandolo con disprezzo.



    “Asko. Fai subito allontanare tuo fratello da Mono! Non riesco a crederci, ora ve la prendete anche con le ragazze! Siete proprio subdoli!”



    “Sono affari nostri con chi ce la prendiamo, ahahah! E poi non ti immischiare, tu non c’entri.”



    “Certo, come no! Ieri vi ho sentiti mentre stavate confabulando! Ti avverto un’ultima volta… Fai allontanare tuo fratello.”



    In quel momento Wander non sembrava più lo stesso, aveva uno sguardo serio e coraggioso, non pareva il solito ragazzo timido e remissivo. Asko però non si fece intimidire.



    “Ahahahahahahah, ok. Non vuoi andartene? Bene… Hey, fratellone! Cambio di programma… prima dai una lezione a lui. Così imparerà a intromettersi!”



    “Eheheheheh… Ok fratellino…”



    ******





    Il fratello di Asko attaccò Wander scagliando un pugno, ma il nostro eroe si abbassò in tempo passandogli poi in mezzo alle gambe finendo così dietro di lui. Prima ancora che il nemico se ne accorgesse, Wander gli diede una bastonata sulla schiena, facendolo cadere per poi mettergli un piede sulla schiena per tenerlo giù.



    “Tutto qui quello che sa fare? Un po’ deboluccio, tuo fratello…”



    La combriccola di Asko guardava tremante il fratello per terra. Asko si infuriò guardandoli. Li indicò furioso.



    “Scansafatiche!! Cosa aspettate?! Attaccatelo!!”



    Il gruppo di Asko se la diede a gambe, lasciandolo completamente da solo davanti al nostro eroe.



    “Q-Questa volta hai vinto tu!! Ma la prossima volta te la farò pagare cara!!!”



    E così se la diede a gambe. Mono corse contenta verso Wander, abbracciandolo felice. Lui ovviamente tornò il solito, ed arrossì così tanto da sembrare un pomodoro.



    “Wander! Meno male che sei arrivato tu! Ho avuto una paura tremenda che quel bestione mi picchiasse! Grazie, grazie!!”



    “M-Ma no, non mi devi ringraziare… Dopotutto siamo amici, no? Non potevo permettergli di farti del male, eheheh…”



    “Sì, siamo amici…”



    ******





    Mono mentre abbracciava Wander, sentiva un delicato profumo di pesca. Si chiedeva perché sentisse un profumo del genere addosso a Wander, ma non ci pensò troppo. Lo guardò in volto, sorridendo per poi avvicinare il proprio viso al suo dandogli un bacio sulla guancia. Lui era talmente imbarazzato che stava quasi per svenire, in tutta la sua vita era la prima volta che veniva baciato sulla guancia da una ragazza, tranne dalla madre ovviamente. Dopo che diede un bacio sulla guancia a Wander, anche Mono si sentì un po’ imbarazzata, quindi si allontanò un po’ da lui.



    “Ehm… grazie ancora…”



    “N-Niente… D-Di n-ni-nien-niente…”



    Mono si ricordò della spesa per terra, e cominciò a disperarsi raccogliendo il cestino e le susine.



    “Accidenti, e ora come faccio? Mia madre si infurierà se le dico che ho rovesciato tutto…”



    “… Basta non dirglielo, no?”



    “E come faccio a non dirglielo, scusa?! Mi aveva detto di comprarle queste cose… E io le ho rovesciate…”



    “Ti sei dimenticata di chi sono figlio?”



    “No, ma…”



    “Ci penso io, vieni.”



    Concluse Wander sorridendo, poi la prese per mano accompagnandola dal negozio. Arrivati là, raccontò alla madre quello che era successo a Mono, che lamentandosi per quei bulletti da strapazzo, ridiede le cose a Mono senza farle pagare niente. La ragazza ringraziò sia Wander che la signora Tuija e tornò a casa propria.





    Passarono alcuni giorni, e Asko e la sua combriccola sembrava che ormai avessero lasciato stare i nostri due protagonisti. Mono entrò di nuovo a comprare al negozio, appena entrò facendo suonare il campanello, ricevette una strana accoglienza.



    “Buongiorno signora! Come posso esserle utile? … Mono! Sei tu!”



    “Eh? Wander! Che ci fai al bancone del negozio?”



    “Ehm… mia madre è dovuta andare urgente da una parte e mi ha chiesto se la sostituivo fino a che non tornava.”



    “Ah, capisco!”



    La ragazza negli ultimi giorni notava che Wander diventava sempre meno timido, da quando aveva affrontato il fratello di Asko, era diventato più sicuro di se stesso. E questo la rendeva davvero felice. Si mise vicino al bancone, posandoci sopra il cestino.



    “Allora, come stai oggi? Tutto bene?”



    “Certo, va tutto benissimo! Cosa ti serve?”



    “Uhm, vediamo… Ehm… Oh cavolo, dove l’ho cacciata la lista?”



    Mentre la ragazza cercava la lista nelle tasche, tornò la madre di Wander, con dei sacchi pesantissimi.



    “Sono tornata! Oh, ciao Mono!”



    “Salve a lei Tuija!”



    Wander si allontanò dal bancone andando ad aiutare la madre a trasportare i sacchi.



    “Ma che c’è dentro?!”



    “Oh, niente… è la consegna di oggi. Il fattorino era troppo impegnato e quindi me li sono dovuti portare io fino a qui, uff! Non capiscono che comincio ad avere una certa età! Vogliono farmi secca.”



    “Ahahahaaha!”



    Ogni volta che c’era Mono nei paraggi, la signora Tuija notava che Wander era sempre felice. E vedendo suo figlio contento dopo tantissimo tempo, non poteva altro che essere felice anche lei. Già se li immaginava più grandi mentre passeggiavano per mano e si sbaciucchiavano. La madre di Wander si distrasse troppo con questo pensiero, e non si accorse che sotto il sacco che stava posando c’era Wander che ne stava trasportando uno. E così Wander finì sommerso dai sacchi.



    “Aaaaahhhh!! Madreeeee!! Pesaaaaaaaanooooooooooooo!! AIUTO! AIUTOOOO!!”



    “Wander!”



    “Oh cielo! Scusa figliolo!”



    Mono aiutò la signora Tuija a togliere Wander da sotto i due sacchi. Per farsi perdonare, la madre del ragazzo decise di lasciarlo libero tutto il giorno, proponendogli di farsi un giro con la sua amica. Così Mono comprò le cose che doveva prendere e le riportò a casa, poi i due uscirono andando al bar del paese a comprarsi un succo di frutta. Una volta comprato uscirono dal bar andando a sedersi da una parte per bere. Mentre Wander beveva, notava che Mono non stava toccando per niente il succo di frutta. Sembrava pensierosa, triste. Allora Wander le stuzzicò una guancia usando un dito, e la ragazza tornò in sé.



    “Uh… eh?”



    “Cos’hai? Sembri giù di morale.”



    “Beh… in effetti un po’ lo sono…”



    “Asko ti ha fatto dei dispetti? Se l’ha fatto lo picchio eh!”



    “No, no… non mi ha fatto niente nessuno. E’ solo che…”



    “Che?”



    ******





    Mono sospirò, abbassando la testa guardando il succo di frutta. Wander la conosceva da poco, ma non l’aveva mai vista così giù. Di solito era una ragazza che sprizzava sempre gioia e allegria da tutti i pori. Restò a osservarla aspettando che rispondesse, ma sembrava non volerne parlare.



    “…”



    “… Ecco… Comincio a sentire la mancanza degli amici che avevo nella città in cui abitavo prima con i miei genitori. Non passava giorno in cui non li vedevo… Mi manca soprattutto il mio migliore amico Iikka, eravamo inseparabili…”



    “Mi dispiace molto, immagino come ti senti…”



    “Finora non ci ho dato molto peso, ma tra due giorni è il mio compleanno, e mi tornano in mente i bei momenti che passavo con loro al mio compleanno… Questa volta… Loro non ci saranno… Mi mancano tanto…”



    Mono abbassò ancora di più la testa, le lacrime le scendevano copiose dal volto. Cercava di asciugarsele ma queste continuavano ad uscire. Wander vedendola piangere in questo modo capì che teneva davvero molto agli amici che aveva in città. Si avvicinò a lei e le accarezzò la testa cercando di consolarla.



    “Su, non piangere… Loro non vorrebbero vederti piangere, e neanche io lo voglio, sei più carina quando sorridi.”



    “Più… carina?”



    “Sì, esatto! Ora non pensarci. Piuttosto, pensa ai bei momenti che hai passato con loro. E poi non vuol dire niente che ora sei qui, un giorno potrai rivederli, no?”



    “Hai… Hai ragione… sigh…”



    Wander prese un fazzoletto da una tasca del pantalone e asciugò le lacrime a Mono, sorridendole. Lei si tranquillizzò un po’, ringraziandolo. Poi bevve tutto in un sorso il proprio succo di frutta.



    “A-Accidenti, avevi sete, eh?”



    “Un po’, ahahahahah!”



    I due passarono l’intero pomeriggio insieme, giunta quasi l’ora di cena si salutarono e ognuno tornò a casa propria. A Wander venne in mente una bella idea. Ne parlò alla madre e insieme escogitarono un piano…



    Continua…
     
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