Non è un appuntamento...

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    Sibilla KanakisRazza: Fata Classe: Maga Elementale
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    Le lezioni successive mi sembrarono troppo corte e troppo lunghe allo stesso tempo.
    Avevo la testa da un'altra parte e fortunatamente non ci furono altri compiti a sorpresa.
    I professori si limitarono a leggere, e spiegare, quanto scritto sui libri di testo.
    I compiti poi consistevano nella lettura e stesura di una piccola relazione, basandosi proprio su quei capitoli.
    Quindi anche se non ero riuscita a stare troppo attenta, avrei potuto cavarmela comunque per conto mio visto che erano materie più affini a me.
    I dieci minuti dell'ultima lezione mattutina mi sembrarono eterni, continuavo a sbirciare l'orologio mentre facevo ciondolare il piede su e giù in maniera frenetica.
    Il suono della campanella mi fece sobbalzare sulla sedia
    (E adesso che faccio?)
    pensai mentre lentamente raccoglievo le mie cose ed uscivo dall'aula.
    Mi diressi in camera, per lasciare l libri che avevo in borsa e preparare quelli per le lezioni pomeridiane.
    «Ok...
    E adesso?»

    mi chiesi chiudendo la fibbia della tracolla.
    Farmi portare qualcosa in camera?
    Non credo mi avrebbero accontentata... non ero mica malata!
    Darmi malata?
    Dopo che mi avevano visto gironzolare tranquillamente per tutta la mattina?
    Andai allo specchio e guardai come mie ero vestita stamattina.
    Esaminai la camicetta a quadri bianchi e gialli, gli short di jeans con il cinturone di pelle, e i sandali gialli con la zeppa storcendo il naso.
    Le uniche cose che si salvavano dell'insieme erano la collana e gli orecchini.
    Non mi era mai veramente importato niente di moda, vestiti e cose simili...
    però adesso avrei voluto essere vestita meglio...
    Andai all'armadio e lo spalancai di colpo, per poi richiuderlo dopo pochi secondi
    «Non è un appuntamento...
    non è un appuntamento!»

    ripetei mentre mi dirigevo verso la porta per poi bloccarmi con la mano sulla maniglia.
    Tornai allo specchio e aiutandomi con la mano sinistra feci passare tutti i capelli sopra la spalla per poi intrecciarli in una treccia morbida.
    L'aver dato la penna-fermaglio al mio compagno di banco aveva compromesso la mia capigliatura.
    (Sono andata in giro così tutta la mattina?)
    pensai mentre mi sistemavo la frangia.
    Se non mi importa molto di vestiti e accessori alla moda, invece curavo in maniera maniacale i capelli e avevo una vera e propria mania per gli accessori per capelli e ci tenevo ad essere sempre ben pettinata.
    Indecisa se portare o meno la borsa con i libri decisi di lasciarla in camera, sarebbe stata una buona scusa per allontanarsi prima del tempo.
    Il tragitto fino alla mensa mi sembrò interminabile, ma una volta varcata la soglia mi sembrò di esserci arrivata troppo presto.
    Strofinai nervosamente le mani sui fianchi, avevo i palmi bagnati, mentre meditavo di voltarmi e tornarmene in camera prima che mi vedesse.
    Dei ragazzi che brontolarono dietro di me mi costrinsero ad avanzare e a mettermi in fila.
    A quell'ora la mensa era sempre affollata ma non quel giorno...
    Presto venne infatti il mio turno, insalata di pasta con dentro un po' di tutto, un pezzo di formaggio, panna cotta ai frutti di bosco, una bottiglietta d'acqua e... dovevo solamente andare a sedermi.
    Terzo tavolo in fondo, quello vicino alle finestre con la visuale sul Giardino
    Mentre cercavo il tavolo notai che tutti gli altri erano già pieni quindi forse anche quello... e invece no, a quel tavolo era seduta solo una persona.
    Fare dietro front adesso era impensabile, mi trovavo proprio di fronte a lui e avrei fatto una figura terribile!
    Stringendo il vassoio mi diressi quindi verso il tavolo sedendomi di fronte a lui
    «Ciao...»
    dissi con un leggerO sorriso mentre, sotto il tavolo, con una mano giocherellavo nervosamente con le punte dei capelli.
    Chissà perché ma in quel momento mi tornò il desiderio di essere vestita meglio.

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    Brisingr Akindymos
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    Ruolata
    Il resto della giornata risultò molto, molto lungo. Era ormai giunta l'ultima lezione: eppure, quella sembrava la più lenta, quasi come se non volesse passare. Per fortuna, oltre a Strategia e all'ultima ora rimanente, Storia di Evesaje, in quella mattina non dovetti più sostenere lezione teoriche; altrimenti mi sarei addormentato nel giro di qualche minuto. Non ero abituato a restare seduto ore intere a ricopiare appunti, cercando di capire qualcosa nell'intricato dialogo dei professori; non avevo mai avuto abbastanza tempo per abituarmi a quello stile di vita, come non avevo mai avuto modo di studiare e imparare nuove cose. In sostanza, preferivo di gran lunga le attività pratiche, e mi sentii parecchio sollevato notando che, alla fin fine, le lezioni per cui si doveva restare attenti erano ben poche. - Non si può dire la stessa cosa del pomeriggio, però... - notai mentre, dalla tranquillità del mio ultimo banco, fissavo il pezzo di carta nel quale era scritto, in una grafia ordinata, tutto l'orario della settimana. No, non avevo ancora memorizzato le lezioni. E si, non avevo meglio di fare che fissare quel biglietto, spostando lo sguardo di tanto in tanto sulla penna-fermaglio che mi aveva prestato Sibilla durante la prima ora della mattinata; avevo smesso di ascoltare la lezione del professor Wardsky da un pezzo, e ormai non sarei più riuscito a concentrarmi. Era sempre stata una delle mie lacune... Non riuscivo a rimanere concentrato, durante le lezioni. Nonostante esternamente sembrassi normale, la mia mente vagava tra i ricordi, e molto spesso mi perdevo nei pensieri e ignoravo tutto il resto. Pensavo fosse una reminiscenza di quando vagavo per le lande di Evesaje, dopo essere sfuggito da palazzo; durante quegli anni ne avevo avuto di tempo per pensare, e ormai era quasi naturale per me perdermi nei ricordi. Ma non potevo certo continuare a quel modo: mi sarei dovuto migliorare senza dubbio, dato che non solo i miei voti, ma anche io stesso ne avrei risentito. Ma in quel momento non ce la facevo proprio a concentrarmi: la mia mente tornava si agli anni che avevo passato, ma in quel momento gran parte dei miei pensiei erano incentrati sulla lezione di Strategia avuta poco prima. Mi sentivo quasi in agitazione; quello che stavo per avere sembrava in tutto e per tutto un appuntamento... Ed ero stato proprio io a invitare Sibilla a pranzo! Non sapevo se sentirmi idiotaoppure no. - Beh, in fondo è per ridarle la penna... - pensai, mentre cominciavo a preparare la cartella con ben dieci minuti di anticipo, - ... Non penso si possa contare... -. Eppure, l'ansia non accennava a diminuire; che fosse perchè quella era la prima volta che trascorrevo del tempo con una ragazza? O perchè era passato tanto tempo dall'ultima volta che avevo parlato a qualcuno? Si, decisamente doveva essere la seconda. Non ero abituato ad avere rapporti con le persone; forse... Si trattava di timidezza? Impossibile. Non avevo mai avuto tempo per quei sentimenti frivoli, non avrei cominciato in quel momento. Eppure, anche solo la vicinanza di Sibilla mi metteva in soggezione...
    Non appena la campanella suonò, fui il primo ad uscire dalla classe; avevo bisogno di tempo per pensare, e non avevo molto. Invece di dirigermi alla Mensa, tornai verso il mio dormitorio; aprii in fretta e furia la mia stanza e buttai la borsa sul letto, per poi richiudere la porta e incrociare la braccia. Cercavo di schiarirmi le idee, e più ci provavo, meno ci riuscivo. Rimasi sorpreso, quando scoprii che il mio cuore batteva più velocemente del normale; evitai di indagare oltre, e andai verso la bacinella d'acqua posta nel bagno per darmi una sciacquata; dovevo almeno essere presentabile, dato che guardandomi allo specchio vidi delle occhiaie da paura e un viso cadaverico. - Dannazione, si vede che non ho dormito bene stanotte... - mi dissi, ravvivando i capelli e raccogliendo le ciocche davanti in un codino, cercando di darmi una sistemata. - Da quando mi importa di queste cose? - mi chiesi, uscendo dal bagno e tornando nella stanza principale. - E ora? Sarebbe maleducato non presentarsi... Ma in fondo, cos'altro posso fare? Ormai non ho scelta... E devo comunque ridare la penna a Sibilla, in una maniera o nell'altra. - riflettei, camminando avanti e indietro per la stanza. Quando un raggio di sole colpì lo specchio e mi accecò per qualche istante, notai in che stato erano i miei abiti: indossavo ancora l'uniforme dell'Accademia, ed era conciata in modo orribile. La cravatta era allentata, e il colletto era rimasto alzato, dato che non avevo avuto tempo di sistemarlo quella mattina. La giacca era ancora aperta, e la camicia era tutta spiegazzata. - Mi toccherà cambiarmi... - sospirai, aprendo l'armadio e sbirciando tra i pochi abiti che avevo. Non era obbligatorio indossare l'uniforme; eppure, non avendo molti altri capi, ormai ero abituato a indossare quella. Persi un minuto o due a scegliere, e quel che recuperai era una semplice camicia blu elettrico, dai bottoni bianchi e le maniche decorate a righe, che arrivavano circa al gomito. - Beh, in fondo non ho niente di meglio... - pensai, sbottonando la camicia dell'uniforme e sostituendola con quella appena recuperata. Quando ebbi finito recuperai la borsa, cambiando i libri con quelli del pomeriggio - stando ben attento a prendere tutto il materiale, questa volta - e poi, nonostante fossi ancora in anticipo, mi fiondai verso la Mensa. Sarebbe stato il colmo se, dopo aver promesso a Sibilla di rivederci a un determinato tavolo, non l'avessi trovato libero! Ma per fortuna riuscii ad arrivare appena in tempo, e dopo aver lasciato la mia borsa per tenere il posto, facendo in modo che nessun altro si sedesse a quel tavolo, presi un vassoio e mi misi in fila, osservando quel che c'era da mangiare, mentre aspettavo il mio turno. Individuai subito quel che sarebbe diventato il mio pranzo: una coscia di pollo con dell'insalata di contorno, un pezzo di torta al cioccolato e una fiasca d'acqua. Dopo aver finito di scegliere cosa mangiare, ritornai al tavolo con il vassoio, e mentre mi sedevo a una delle due sedie lì presenti, cominciai a guardarmi intorno, in cerca della mia compagna. Ma di lei ancora nessuna traccia. - Che non venga? Mah... Colpa mia e delle mie proposte impulsive... - mi dissi, mentre vagavo con lo sguardo un'ultima volta alla ricerca dei lunghi capelli dorati di Sibilla, ma quando mi accertai che non ci fosse, cominciai a fissare il paesaggio fuori dalla finestra, una mano sotto il mento. Chissà quanto dovevo sembrare scemo, mentre mi sedevo e non mangiavo niente, nonostante avessi il vassoio pieno proprio di fronte a me; ma non me ne curavo, e dell'espressione delle altre persone mi importava ben poco. Più di una volta altri studenti - soprattutto ragazze - mi chiesero se il tavolo era libero; ma la risposta era sempre una, e sempre negativa. Il posto era riservato soltanto a Sibilla. A dir la verità, non dovetti aspettare molto perchè la ragazza mi raggiungesse; eppure, per qualche strana ragione, mi sembrava che fosse passato molto più tempo. «Ciao...» mi disse, sedendosi accanto a me: per qualche ragione a me sconosciuta ero rimasto sorpreso quando era arrivata, forse perchè non avevo ancora avuto modo di notare il modo in cui era vestita; alle prime ore della mattina, stanco e confuso, non ci avevo prestato molta attenzione. Sentii le orecchie farsi rosse, ma mi sforzai per mantenere un'espressione naturale. - Ciao. Prego, accomodati. - dissi con un sorriso, avvicinando la sedia al tavolo e tirando fuori le posate dal tovagliolo nel quale erano avvolte; poi non seppi se mettermi a mangiare oppure no, o se aggiungere qualcosa a quanto avevo detto... Ero decisamente agitato; avrei desiderato trovarmi nuovamente in camera mia, ma ormai non potevo inventarmi niente per andarmene senza sembrare ridicolo. Poi però, ricordai il perchè di quell'incontro; lasciai perdere forchetta e coltello, e riappoggiato il tutto sul vassoio, afferrai la borsa e sollevai il gancio che la teneva chiusa. Frugai qualche secondo all'interno della tasca più esterna, recuperando la penna-fermaglio che mi aveva prestato Sibilla; levai la pezzuola che la ricopriva - avevo avuto paura di rovinarla, e perciò l'avevo avvolta nel mio fazzoletto -, e allungai la mano verso la ragazza, restituendole la penna. - Grazie per avermela prestata. - dissi, sorridendole e aspettando che la riprendesse.

     
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    Terzo tavolo in fondo, quello vicino alle finestre con la visuale sul Giardino la frase pronunciata dal ragazzo si alternava nella mia testa con un'altra Vattene! Cerca un altro tavolo... o meglio ancora esci proprio dalla mensa!.
    Il pensiero dei vestiti tornò a tormentarmi, chissà perché ma mi sentivo come se avessi puntato addosso un riflettore, mentre in realtà nessuno si curava di me e c'erano ragazze vestite anche peggio di me.
    Mentre facevo la fila cercavo di tirare più in basso possibile i pantaloncini che, tutto ad un tratto, mi sembravano troppo corti.
    (Che mi prende?)
    pensai mordendomi il labbro inferiore mentre indicavo all'inserviente quello che volevo.
    Non mi era mai importato di vestiti e cose così.
    Quasi tutti mi erano stati regalati dalla contessa che, avendo sempre voluto una femmina, si era sbizzarrita in shopping seguendo più il suo gusto, e la moda del momento, piuttosto che il mio.
    Già, la moda... avrei dovuto seguirla di più e prendere qualcosa di più adatto al mio fisico minuto ma piuttosto...ehm...rotondo in certi punti.
    Un colpo di tosse piuttosto spazientito risuonò al mio fianco costringendomi a prendere il vassoio, ormai pieno delle cose ordinate, per andare a cercare un posto.
    Anche se in fila non c'era molta gente la sala della mensa era piuttosto affollata, persone che si conoscevano mangiavano accanto a perfetti sconosciuti e la cosa mi tranquillizzò un poco.
    Magari anche quello che cercavo io era affollato di gente.
    Terzo tavolo in fondo, quello vicino alle finestre con la visuale sul Giardino
    quando lo individuai la voglia di scappare tornò a impadronirsi di me.
    Nel salone c'erano lunghe tavolate, tavoli da sei posti, da quattro e da due...come quello!
    E mi ci trovavo proprio davanti!
    Chissà perché lo sguardo che mi rivolse il ragazzo mi provocò un piccolo brivido lungo la schiena mentre le mie guance si coloravano di un rosa acceso.
    Era meglio sedersi prima che le mie ginocchia, che già sentivo molli, decidessero di abbandonarmi del tutto.
    Un timido saluto, un leggero sorriso, mentre sotto il tavolo le mie dita per poco non strappavano i ciuffi biondi che uscivano dall'elastico che chiudeva la treccia.
    Non ero mai stata una gran chiacchierona, ma addirittura fare scena muta...
    Doveva assolutamente trovare qualcosa di intelligente da dire,
    (E al più presto....)
    pensai mentre prendevo la bottiglietta d'acqua per aprirla.
    Il ragazzo, per essere più comodo a mangiare, si avvicinò di più al tavolo con la sedia. Peccato che il tavolo era piccolo, i due vassoi uno di fronte all'altro ci stavano appena, e il movimento portò le nostre ginocchia a sfiorarsi.
    Sussultai sulla sedia bagnandomi leggermente con la bottiglietta che si stava aprendo proprio in quel momento
    «Oh... che stupida...»
    appoggiai la bottiglia e afferrai il tovagliolo tamponando l'acqua sulla maglietta.
    Ecco, avevo trovato qualcosa da dire e la situazione si era sbloccata...
    ma se possibile era ancora più imbarazzante di prima!
    Continuavo a tamponare la maglietta, in realtà erano poche gocce e si erano praticamente già asciugate, ma il pretesto mi serviva per tenere la testa bassa aspettando che il rossore passasse.
    Brisingr nel frattempo aveva riappoggiato le posate e frugando nella borsa aveva tirato fuori la mia penna fermaglio.
    L'aveva avvolta in un pezzo di stoffa, un fazzoletto, per evitare che si rovinasse e la cosa mi colpì a tal punto che rimasi a guardare il fiore di stoffa con aria inebetita.
    Quando mi decisi a prenderla sfiorai inavvertitamente le dita del ragazzo e questo mi causò un'altra lieve ondata di rossore.
    Me la rigirai tra le dita un paio d volte, mentre la osservavo pensavo alla sua <i>gemella</> nel portapenne sulla mia scrivania.
    «Tienila tu!»
    dissi appoggiandola di fianco al suo vassoio, per poi farmi coraggio e alzare il viso su di lui.
    Aveva l'aria stanca,, come se avesse passato la notte in bianco, e sul volto pallido i suoi incredibili occhi spiccavano ancora di più
    «Come ti senti adesso?»
    chiesi, in tono quasi preoccupato, ricordandomi del suo malore della mattinata
    (Che mi prende?
    Perché mi preoccupo così?)

    pensai mordicchiandomi il labbro inferiore
    «Mangia...»
    dissi in tono secco, abbassando lo sguardo e appoggiando il tovagliolo sulle gambe, cercando di riprendere il controllo su me stessa
    «Non ci riesco a portarti in camera se stai male di nuovo...»
    dissi cercando di ammorbidire il tono u duro usato poco prima ma rendendomi contro troppo tardi di quello che avevo appena detto.
    (Meglio mangiare...)
    pensai afferrando la forchetta e infilzando assieme mezzo pomodorino e una mozzarellina.

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    Edited by .:Kym:. - 30/8/2014, 10:33
     
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    Mentre aspettavo che Sibilla riprendesse la penna, non potei non fare a meno di notare che la ragazza sembrava estremamente nervosa: poco prima, quando mi ero avvicinato al tavolo e le nostre gambe si erano inavvertitamente sfiorate, la ragazza aveva sussultato, rovesciandosi un po' d'acqua addosso. Mi sembrò di intravedere del rossore sulle sue guance, mentre Sibilla si tamponava le gocce cadute sulla sua maglietta; però, non appena mi resi conto che la stavo fissando, di nuovo, distolsi lo sguardo, leggermente imbarazzato. Mi dissi nuovamente che ero stato uno stupido a invitarla soltanto per la penna, quando oltre al nome nessuno dei due sapeva qualcosa di più sull'altro; eppure... Per quanto mi sentissi imbarazzato e nervoso, in fondo cominciavo a sentire una strana sensazione, che mi riscaldava il cuore; era tanto tempo che non la provavo, e quando la identificai, ne rimasi un po' sorpreso; - Felicità!? - pensai, turbato. Per quanto cercassi di negarlo a me stesso, mi sentivo già meglio, grazie alla sola presenza di Sibilla; la stanchezza di poco prima sembrava esere sparita, e persino le voci e il dolore che mi portavo dentro sembravano essersi attenuati. O forse era soltanto una mia impressione. Un tocco delicato sulla mia mano mi distolse dai miei pensieri; Sibilla aveva ripreso la penna che le avevo porto poco prima, e nel farlo, le nostre dita si erano incontrate, facendomi sussultare dall'imbarazzo. - Dannazione, ma che mi prende!? Non sono mai stato così nervoso in vita mia... - pensai, abbassando lo sguardo e piegando nuovamente il fazzoletto, così da tenere le mani impegnate e nascondere lo strano tremolio che aveva preso loro. Trattenni un mezzo sospiro, mentre lasciavo perdere il fazzoletto e aggiungevo decisamente troppo aceto alla mia insalata. Non mi era mai piaciuto l'aceto, ma dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di nascondere l'agitazione che mi controllava in quel momento.
    «Tienila tu!»
    la voce di Sibilla mi fece alzare lo sguardo su di lei, che in quel momento stava posando la penna a lato del mio vassoio, e sembrava scrutare il mio volto, con aria... - Preoccupata? - ipotizzai, più incuriosito da quel suo comportamento nei miei confronti, che dal fatto che mi avesse appena regalato la sua penna. - Sei sicura che possa tenerla io? - le chiesi, prendendo la penna e ammirandone i dettagli ancora una volta, rigirandola tra le dita come poco prima aveva fatto la ragazza. Quella penna aveva un profumo particolare, che identificai come quello di Sibilla; per qualche ragione non riuscii a non sentirmi imbarazzato contastando che mi aveva appena regalato qualcosa di personale, ma in qualche modo, mi sentivo nuovamente felice. Che stesse nascendo una sorta di amicizia tra di noi? - Ma non facciamo scherzi.. Chi mai vorrebbe diventare amico di qualcuno come me? - pensai amaramente, posando il più delicatamente possibile la penna sul tavolo e riprendendo il fazzoletto, per poter nuovamente avvolgere la penna dentro di esso. Sembrava ormai diventata una sorta di abitudine. - In questo caso... Grazie, Sibilla. - dissi, sorridendole leggermente; però, come incontrai il suo sguardo, non riuscii a non rimanere a fissare i suoi occhi di quella tonalità così particolare, che mi avevano tanto affascinato quella mattina. «Come ti senti adesso?» le parole della ragazza mi raggiunsero qualche secondo dopo, e rimasi sorpreso da tutta quella preoccupazione: già una volta si era preoccupata per me, quando mi aveva donato il pacchetto di cracker, dopo il mio svenimento in classe; non pensavo che stesse ancora pensando a quel fatto, e per qualche secondo rimasi a guardarla, un po' turbato da quelle parole. Era così strano che qualcuno si sentisse in ansia per me? In fondo, non dovevo avere una bella cera, e il comportamento di Sibilla me lo confermava. Chiusi gli occhi per qualche secondo, il tempo necessario a schiarirmi le idee ma che sembrasse comunque il normale sbattere delle palpebre; stavo pensando a cosa rispondere, cercando di non sembrare un completo idiota. - Si... Adesso mi sento meglio. - dissi, annuendo leggermente con la testa e deglutendo. Era la verità? Mi sentivo davvero bene o stavo soltanto cercando di fingere? Di certo, non avrei potuto riprendermi da un momento all'altro, dopo una notte tormentata e un calo di pressione in classe; ma mi sentivo abbastanza stabile, e sapevo che non sarei più svenuto da un momento all'altro. «Mangia...» disse la ragazza, quasi come fosse un ordine; poi, cercando di "rimediare", aggiunse che non sarebbe riuscita a portarmi nella sua stanza, se fossi nuovamente svenuto senza preavviso. Sgranai gli occhi, colpito da quanto prendeva a cuore la mia situazione; arrossii un po', mentre distoglievo lo sguardo dal viso della ragazza e lo puntavo sull'insalata. - Non.. Non preoccuparti. Sto bene, davvero. - dissi, mescolando distrattamente la mia insalata e mangiandone un boccone; poi mi resi conto del condimento che vi avevo aggiunto, e trattenni a stento una faccia schifata. - Ci mancava anche questa... - mi dissi, cercando di concentrarmi sul pranzo, notando però che la conversazione sembrava essere caduta nel vuoto; non sapevo cosa dire per sbloccare quel momento di stallo, nè come comportarmi. Era passato decisamente troppo tempo dall'ultima volta che avevo parlato con qualcuno, e in particolar modo, con una ragazza... - Ehm... Hai ancora bisogno di aiuto con Strategia? - dissi ad un tratto, cercando di trovare qualcosa da dire; frasi come "Ma che bello il sole oggi" mi sembravano estremamente banali in quel momento, e solo dopo mi resi conto che sarebbe stato meglio una domanda sulla sua salute o un complimento di qualsiasi genere; non appena realizzai che l'ultima frase da me detta poteva essere intesa come un'altro pretesto per incontrarci di nuovo, arrossii terribilmente e abbassai la testa, usando come pretesto il mio pranzo per non incontrare lo sguardo di Sibilla.

     
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    Gli avevo regalato una penna... Ma non una penna qualsiasi.
    Quella particolare penna, che fungeva anche da fermaglio per capelli, faceva parte di una coppia di stilo perfettamente uguali che di solito usavo per bloccare i capelli quando li raccoglievo in uno chignon basso.
    (Addio coppia!)
    Pensai mentre osservavo la penna posata accanto al vassoio del ragazzo.
    Di bastoncini per i capelli ne avevo altri, fin troppi visto la mia passione per gli accessori per capelli, quindi non ne avrei di certo sentito la mancanza.... ma c'era una cosa in tutta quella situazione che mi faceva riflettere...
    Mi ero appena comportata come quelle ragazzine, che spezzano in due un ciondolo e lo regalano al ragazzino per il quale hanno preso una cotta!
    Mi aveva sempre fatto ridere quell'usanza, la trovavo infantile e ridicola, come se bastasse possedere lo stesso oggetto per essere legati in qualche maniera.
    Ed ecco che a quel pensiero sentii di nuovo le guance tornare a imporporarsi, perché adesso, ogni volta che avrei usato, o solo guardato, quella penna avrei ripensato a questo giorno e al ragazzo dagli occhi verde acqua.
    La domanda del ragazzo mi riportò alla realtà.
    Era l'occasione giusta per dire no, ho sbagliato, mi sono confusa... ma quale scusa usare per non apparire stupida e fare una pessima figura?
    Così mi limitai ad annuire con un leggero sorriso, mentre mi incantavo a guardare le sue mani che avvolgevano con delicatezza la penna in quello che doveva essere un suo fazzoletto.
    Dovevo distarmi, pensare a qualcos'altro...
    così mentre mettevo in bocca una forchettata di insalata di pasta gli chiesi come si sentisse.
    (Ma che mi prende?)
    pensai mentre avvertivo il mio tono di voce, fin troppo preoccupato, e per darmi un tono quasi gli ordinai di mangiare.
    Mentre continuavo a mangiare pensai che la situazione si stava facendo sempre più imbarazzante, non sapevo cosa fare, o cosa dire per uscire da quell'impasse .
    Mi ritrovai d nuovo a fissargli le mani che stavano aggiungendo l'aceto all'insalata
    (Troppo aceto...)
    pensai sbattendo gli occhi sorpresa.
    Brisingr mi confermò che adesso si sentiva meglio e che non dovevo preoccuparmi.
    Quando lo vidi portare un forchettata d'insalata alla bocca stavo per fermarlo, ma non feci in tempo.
    Il ragazzo tentò di trattenere un'espressione schifata, che mi fece scappare una leggera risatina.
    Mi affrettai a nasconderla con una mano, mentre mi alzavo dal tavolo dirigendomi verso il bancone.
    Presi un piatto e vi misi delle patatine, abbondando forse un po' troppo; presi un lungo respiro e ritornai al tavolo spingendo il piatto verso di lui.
    «Qui non c'è aceto...»
    dissi con un leggero sorriso cercando di trattenere il riso.
    Ed eccolo di nuovo, il silenzio, l'imbarazzo...
    Afferrai una patatina e l'addentai sovrappensiero, che fare adesso? Che dire?
    Ci pensò Brisingr a rompere il silenzio, avevo ancora bisogno di aiuto in strategia?
    (Beh si... non ci capisco niente...)
    afferrai un'altra patatina mentre nella mia testa si visualizzavano pomeriggi passati a studiare fianco a fianco e sentivo di nuovo le guance imporporarsi.
    Ecco l'occasione, devo dire No, ti ringrazio... adesso mi è più chiaro... riuscirò senz'altro a cavarmela da sola....
    Deglutii e poi aprii la bocca per parlare
    «Ecco veramente...»
    comincia per poi interrompermi subito
    «Si, non ci capisco niente!»
    conclusi scrollando le spalle
    «Ed anche in mostrologia...»
    dissi mordendomi il labbro inferiore e abbassando lo sguardo ul mio piatto.
    (Ma cos'ho fatto?)
    pensai mentre afferravo distrattamente una mozzarellina e la portavo alla bocca dandole un morso.



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    Brisingr Akindymos
    Classe: Guerriero Razza: Mãnaceo/Umano Numero Stanza: 112 Fama: 0

    Ruolata
    Dovevo quantomeno ammetterlo a me stesso; non ero a mio agio in compagnia di una ragazza, mi bastava la vicinanza con Sibilla per rendermene conto. Mi stavo chiedendo seriamente chiedendo perchè avessi invitato la ragazza a pranzo, soltanto per poterle ridare la penna... E una parte di me lo sapeva benissimo, perchè: ero stanco di contare sempre e soltanto sulle mie forze, e di tenermi tutto dentro, come ero abituato sin dall'infanzia. E non potevo negare che Sibilla fosse una ragazza affascinante, e molto gentile... Soprattutto con uno sconosciuto come me; in fondo, ci eravamo conosciuti soltanto quella mattina...
    La osservai mentre cercava di soffocare una risatina, dovuta alla mia reazione all'aceto - dovevo avere una faccia stranissima, lo sapevo - e si alzava, dirigendosi verso il tavolo dove erano posate le pietanze. Quasi come se fosse naturale, arrossii, distogliendo lo sguardo dalla ragazza e posandolo sulla penna di Sibilla - potevo già definirla la mia penna? -, ancora protetta dal fazzoletto; ne studiai nuovamente i dettagli, quasi come se concentrarmi su qualcosa riuscisse davvero ad escludere tutto il resto. - Non posso... - mi dissi, appoggiandomi allo schienale della sedia e puntellandomi sui piedi, così da dondolarmi in bilico su due delle quattro gambe della seggiola, con fare noncurante. Finchè non riuscivo a controllare del tutto la mia vera natura, non potevo rischiare di fidarmi e aprirmi a qualcun altro; avrei messo in pericolo me stesso e le altre persone, e con il senno di poi, l'ultima cosa che volevo era proprio ferire qualcun altro, a parole o non. Non ero esattamente un asso nel non urtare la sensibilità degli altri; a mio padre, cose del genere non importavano; ero solo una macchina.. E anche se quei tempi ormai erano lontani, non potevo fare a me di sentirmi ancora "marchiato". Scossi il capo, accorgendomi da solo di quanto quelle mie argomentazioni fossero senza senso e inutili. Era impossibile non affezionarsi a qualcuno, e chi non voleva legarmi era quasi certamente il primo a capitombolare. Sovrappensiero, infilzai nuovamente una porzione di insalata nel mio piatto, ricordandomi soltanto dopo la quantità abominevole di aceto con cui l'avevo condita. Per fortuna, Sibilla aveva la soluzione pronta. «Qui non c'è aceto...» disse la ragazza, sedendosi e spingendo un piatto ricolmo di patatine verso di me. Rimasi un po' sbalordito da quell'azione; probabilmente ero così buffo da averle fatto quasi pena, ma mi riscoprii contento di quella piccola - ma non meno importante - attenzione. - Grazie... - le dissi, rivolgendole un sorriso e addentando una patatina, e finalmente, poter mangiare senza sentire quel saporaccio aspro sotto la lingua. Solo in quel momento mi tornò in mente la mia domanda di poco prima, e desiderai di non averla mai pronunciato; allo stesso tempo sentivo anche di aver fatto la cosa giusta, ed era un miscuglio di emozioni così intenso che mi affrettai ad abbassare la testa e nascondere il rossore, mangiando patatine fin quasi a strozzarmi. «Ecco veramente...» ma ecco il fatidico momento. Mi preparai mentalmente a un rifiuto, pulendo le mani sul tovagliolo di carta che avevo preso insieme al coperto, quasi come se dalla risposta dipendesse l'esito dell'intero universo; sapevo che io ero stato troppo precipitoso, e ancora mi chiedevo il perchè delle mie azioni. . «Si, non ci capisco niente! Ed anche in mostrologia...» disse Sibilla, e per poco non caddi dalla sorpresa; ero stato convinto fino all'ultimo che sarei stato mollato lì, e mai prima da allora scoprivo quanto era bello essermi sbagliato. - Tranquilla, imparerai in fretta... In fondo è solo questione di capire le cose basiliari. - dissi, sorridendole leggermente, un po' sollevato, un po' ancora agitato per quella situazione. Dove saremmo andati a finire?
    Ci pensò la mia sedia a evitare ogni altra complicazione. Mi diedi uno slancio troppo forte, cercando di tornare con un appoggio solido al terreno per poter mangiare meglio, e quasi fosse fatalità che quella giornata dovessi sempre ritrovarmi per terra, sentii la sedia che si ribaltava e mi ritrovai a fissare il soffitto. Sentii un brivido lungo la schiena, rendendomi conto della figura da idiota appena fatta. Era la seconda volta che mi ritrovavo sdraiato davanti a Sibilla, quel giorno. Mi rialzai velocemente, massaggiandomi il collo, un po' ammaccato dopo la caduta. - N.. Non è niente... - sussurrai, con il fiato corto per l'imbarazzo, chinandomi e rialzando la sedia - che a differenza di me non sembrava aver riportato alcun danno. - Peggio dei bimbi piccoli... Sono cascato... - farfugliai, cercando di ignorare le risatine divertite degli altri studenti e di fare come se non fosse successo niente.



    Scusa il ritardo, aspettavo che l'evento fosse finito... Ma è durato più del previsto e mi è completamente passato di mente >.<'''
     
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    Sibilla KanakisRazza: Fata Classe: Maga Elementale
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    La situazione mi stava lentamente sfuggendo dalle mani.
    Ma cosa dico lentamente...
    Mi stava velocemente, precipitosamente sfuggendo dalle mani!
    Ecco, in momenti come questi rimpiangevo il fatto di non essere un tipo più freddo e calcolatore, un tipo che riusciva ad esaminare rapidamente la situazione e comportarsi di conseguenza, per uscire velocemente dall'imbarazzo con stile ed eleganza.
    Non che io sia una ragazza totalmente sprovveduta da lasciarsi trascinare dagli eventi, anch'io sapevo dire no e mettere dei limiti quando serviva eclissandomi più o meno elegantemente e velocemente...
    Il fatto che ero ancora seduta su quella sedia mi dava da pensare... e non poco!
    Ma soprattutto il fatto che avevo accettato un invito a pranzo solo per recuperare una penna, che potevo riprendermi in una qualsiasi delle lezioni in comune, e che alla fine la suddetta penna l'avevo anche regalata... ecco questo mi avrebbe tenuta sveglia la notte...
    Oltre che distratta in tutte le future lezioni!
    Cosa accidenti mi stava succedendo? continuavo a ripetermi con lo sguardo fisso sulle patatine come se mi aspettassi di vederle animarsi da un momento all'altro e scappare, con scheletriche gambette, da quel piatto.
    Mi bastò alzare lo sguardo sugli occhi del ragazzo per trovare , anche se non l'avrei mai ammesso, la risposta
    (Sveglia Sibilla!)
    mi rimproveri mentalmente mentre, mi rendevo conto che avrei potuto affogarci in quegli occhi.
    Brisingr mi aveva fornito spontaneamente una via di fuga, l'occasione ideale per chiudere quell'episodio ed andarmene salutando educatamente.... Ed io cosa facevo?
    Ne approfittavo? La prendevo al volo?
    Ma ovviamente no!
    Anzi, rincaravo la dose aggiungendo una seconda materia in cui ero carente!
    Avevo forse esagerato?
    Approfittare così della gentilezza altrui..
    Forse l'aveva chiesto solo perché era una persona gentile e mi aveva visto in difficoltà, magari non gli andava di dare lezioni private...
    Magari avrebbe trovato lui una scusa per tirarsi indietro e invece...Tranquilla, imparerai in fretta... In fondo è solo questione di capire le cose basilari.
    La sua frase mi lasciò sorpresa, piacevolmente sorpresa a dire il vero...
    «Grazie...
    Sei gentile...»

    dissi afferrando un'ennesima patatina per sgranocchiarla distrattamente.
    Spostai lo sguardo al pavimento e notai che il ragazzo stava dondolando sulle due gambe posteriori della sedia con aria distratta
    (Potrebbe cade...)
    non feci in tempo a finire il pensiero che un rumore improvviso mi fece sobbalzare.
    Istintivamente scattai in piedi allungando un braccio, come per cercare di afferrarlo, ma ormai il ragazzo era steso a terra.
    Mentre abbassavo il braccio lo osservavo rialzarsi e, massaggiandosi il collo dolorante, paragonarsi ad un bambino e assicurarmi che stava bene.
    Siediti e continua a mangiare! questo mi diceva il buonsenso e invece cosa feci?
    Girai intorno al tavolo e mi spostai dietro la sua sedia
    «Fammi vedere...»
    dissi mentre spostavo i ciuffi di capelli alla base del collo.
    Dopo qualche secondo realizzai quello che stavo facendo e arrossendo tornai lentamente al mio posto.
    «Dovresti mettere del ghiaccio...
    O ti uscirà il livido...»

    dissi afferrando infilzando una forchettata di formaggio, lo sguardo fisso sul tavolo per cercare di nascondere l'imbarazzo.

     
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    Brisingr Akindymos
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    Ruolata
    Non riuscivo a fare a meno di sentirmi in imbarazzo, mentre sistemavo la sedia e mi sedevo nuovamente, cercando di attirare meno attenzione possibile. Il collo mi faceva un po' male, ma per fortuna non era niente di grave. - Ho sopportato di peggio -, pensai, cercando di sdramatizzare. Non che dalla caduta di una così corta distanza potessi riportare danni seri, ma bastava poco anche per avere torcicollo tutto il giorno, e la cosa poteva risultare un po' fastidiosa.
    Un rumore di passi mi distolse da quelle considerazioni; Sibilla mi si era avvicinata, e con gesti delicati mi aveva spostato i capelli e stava esaminando la zona del collo che avevo colpito. Arrossii un po' al suo contatto, ma indeciso sul da farsi, rimasi immobile, aspettando. Non mi aspettavo che qualcuno si preoccupasse anche per una caduta banale come quella! Ma in fondo, sapevo che quella nuova sensazione di sentirmi in qualche modo "importante" per qualcun altro, non era l'unica causa dell'imbarazzo che provavo...
    Dopo qualche attimo, sentii la ragazza allontanarsi, e mi parve che fosse più rossa in viso del normale. Si sedette nuovamente al suo posto, senza però guardarmi in viso una sola volta. «Dovresti mettere del ghiaccio... O ti uscirà il livido...» disse, cominciando a mangiare e sempre fissando il tavolo. Portai una mano dietro il collo, tastando leggermente la zona ferita e accorgendomi che già si stava formando un piccolo bozzo. - Dopo farò un salto in infermeria a prenderne un po'. - dissi distrattamente, afferrando la forchetta e cominciando a mangiare quel che era rimasto nel mio piatto.
    Per qualche minuto non sapevo che altro dire, un po' aspettavo che la risate di sottofondo cessassero, un po' speravo - inutilmente - che con lo scorrere dei minuti l'imbarazzo di entrambi calasse almeno un po'. Ma su di me almeno, c'era poco da sperare.
    Ci pensò la campanella di fine pausa a risolvere quella situazione; l'ora a disposizione per il pranzo era finita, e tra una decina di minuti sarebbe suonata un'altra campana, ossia quella di inizio lezioni. Sospirai: un po' me l'aspettavo che prima o poi sarebbe suonata, ma allo stesso tempo avrei desiderato avere un'altra ora libera. Allontanai lentamente la sedia dal tavolo, afferrando la borsa e mettendomela sulla spalla. Mi alzai poi dal tavolo, facendo il giro e avvicinandomi a Sibilla. Non sapevo che dire, ma era evidente che dovevamo separarci; non sapevo quali lezioni aveva, nè se coincidevano con le mie. - Grazie per oggi. - dissi, guardandola negli e abbozzando un sorriso, stringendo il laccio della borsa e cercando di nascondere l'imbarazzo. - Per le lezioni, a te quando va bene? - chiesi, mentre lentamente l'aula si svuotava. Saremmo dovuti andarcene già da un pezzo; rischiavamo di arrivare in ritardo alle lezioni, e alcuni professori erano piuttosto severi riguardo alla questione dell'orario e della puntualità. - Che ne dici di dopodomani in biblioteca? - dissi infine, - ... Sempre se per te va bene. - aggiunsi subito dopo, temendo di sembrare invadente e poco rispettoso.


     
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