Un pisolino in giardino

-Zalya Levanda & Mharf Iylisse

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    Zalya Levanda
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    Le lezioni erano finite da poco (non che le avessi seguite poi molto dato che il più delle volte mi addormento sul banco venendo puntualmente ripresa dal professore/professoressa di turno). Essendo ormai pomeriggio inoltrato e non ci sarebbero state più altre lezioni, decisi di esplorare un po' l'accademia, se non facevo qualcosa sarei finita ad avere brutti pensieri riguardo il mio passato, era meglio tenersi impegnati. Visitai la biblioteca, il santuario e altri luoghi. Dopo tanta esplorazione mi venne un leggero sonno e passando dal giardino notai un grande albero molto invitante. Guardandomi intorno notai che non c'era nessuno quindi mi sedetti ai piedi di esso incrociando le mani sulla pancia, chiudendo gli occhi addormentandomi quasi subito.

     
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    Mharf Iylisse
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    Era finita anche quella giornata di lezioni; ero distutto. Avevo appena avuto Scherma, Teoria della Difesa e Arti Marziali; nonchè... Pozioni. Odiavo quella materia più di quanto non lo dessi a vedere; e avere a che fare con la Professoressa Pytonia all'ultima ora del pomeriggio, era veramente un colpo basso. Riuscivo ancora a sentire la voce melliflua della donna che impartiva ordini e insegnamenti; tremavo soltanto al pensiero che due giorni dopo avrei dovuto rivederla. La professoressa sembrava avercela con me; ogni volta mi faceva una domanda o due su quali erbe usare durante le pozioni, ed era soltanto grazie all'esperienza acquisita con gli anni che, bene o male, sapevo rispondere... Non certo ai libri di testo. Però una ripassata non mi avrebbe fatto male; ogni volta che mi scrutava con quegli occhietti inespressivi, sentivo un brivido corrermi giù per la schiena. Così, dopo le lezioni, mi concesi qualche minuto di pausa; buttandomi sul letto, a occhi chiusi, lasciai che i pensieri fluissero dentro di me, senza un ordine preciso: vedevo scene di quando ero piccolo e non. Non riuscivo però a dare ordine a niente: sembrava che stessi fissando i ricordi di qualcun altro, e non i miei. Soltanto quando sentii le lacrime scorrermi giù per le guancie, mi resi conto della tristezza soffocante che sentivo in petto, e che quelli che stavo vedendo erano tutt'altro che ricordi felici. Scossi il capo, passandomi la manica sul volto; poi andai a lavarmi il viso con la ciotola di acqua posta sulla scrivania, asciugandomi con un asciugamano lì vicino. Respirai a fondo, cercando di calmare il battito furioso del mio cuore; poi mi ricordai perchè ero tornato nella mia stanza, e preso il libro di Pozioni, vagai per l'Accademia in cerca di un luogo dove abbandonarmi a studiare. I miei piedi mi avevano portato al Giardino; era l'unico luogo che conoscessi per certo, e senza chiedermi se dovessi cercare un altro luogo, entrai nuovamente in quell'area dell'Accademia. Notai che gran parte degli studenti era assiepata lì: alcuni ad allenarsi, altri a leggere, molti a conversare; non riuscii a capire i loro discorsi, ma alcuni si acquietarono al mio passaggio, e presero a ridere di gusto. Non sapevo come comportarmi, quindi, imbarazzato, feci un timido sorriso; quelli presero a ridere più forte, e abbandonata ogni speranza di interagire con loro, andai a sedermi sotto un salice piangente; le lunghe foglie degli alberi, almeno, mi avrebbero "riparato" dagli sguardi degli studenti. Il pensiero che alcuni di loro fossero Pelyani mi assillava; ma non potevo farci niente. Io e Chrono, dopo così tanti anni, non ne potevamo più di quella vita da fuggitivi; e in quel momento eravamo entrambi molto più forti di prima... Ce l'avremmo fatta. O almeno così pensavo. Aprii il libro di pozioni, alla pagina delle ultime cose spiegate: parole e formule improponibili mi danzarono davanti agli occhi, e così mi affrettai a richiudere il libro, affranto. Sospirai, lanciando via il libro. Non ce la potevo fare.... La mia mira non era delle più impeccabili; con il mio gesto avevo colpito il braccio di un'altra persona, e estramamente mortificato, andai a recuperare il libro. Notai che sembrava addormentata. - M... Mi scusi signorina... Non era affatto mia intenzione colpirla... - mormorai, con lo sguardo fisso a terra mentre recuperavo il libro; con la mia sconsideratezza avevo distrubato qualcuno... Nonostante non fosse affatto mia intenzione farlo!

     
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  3. Zalya
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    Ormai mi ero addormentata molto profondamente. Purtroppo i miei sogni non erano stati mai troppo tranquilli e spesso erano causa di molta tristezza. Il giardino cominciò a riempirsi di studenti ma dormendo non me ne accorsi per niente. Brutti, bruttissimi ricordi mi apparvero in sonno, facendomi scende una lacrima lungo il viso. Però i miei sogni furono interrotti improvvisamente da un improvviso dolore a un braccio. Aprii poco gli occhi, cercando la causa del mio brusco risveglio. Con la vista ancora annebbiata dal sonno notai che era un libro. Che qualcuno me lo avesse lanciato per dispetto? Poco dopo sentì qualcuno avvicinarsi e scusarsi per quel che era accaduto, alzando la testa notai dei capelli blu. Subito pensai a una delle mie due migliori amiche. -Mh? Anh... perchè mi hai lanciato un libro?!- Dissi stropicciandomi gli occhi. Svegliandomi completamente però notai che non era Anhylia. Però dai lineamenti sembrava comunque una ragazza, con in testa una coroncina praticamente identica a quella della mia amica. La guardai con sguardo torvo. -E tu chi diamine sei? Dovresti fare più attenzione e non lanciare le cose addosso alla gente che dorme! Pazzesco, una persona non può dormirsene in pace che viene presa a librate dalle sconosciute!- Pronunciai visibilmente irritata mentre mi alzavo. Da quando successe la disgrazia a Menulia e vedendo tutte le persone a me care morire mi ero promessa di non fare più amicizia con nessuno e restare amica solo di Selene e Anhylia quindi con altre persone spesso mi comportavo freddamente o socializzavo senza comunque dare troppa confidenza.

     
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    Mharf Iylisse
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    Mi sentii mancare il respiro, mentre la ragazza apriva gli occhi e mi fissava con sguardo irritato; nonostante fosse arabbiata oltre ogni dire, i suoi occhi verde smeraldo, per un secondo, mi lasciarono senza fiato: non riuscivo a far altro che seguire ogni movimento della ragazza, mentre mi fissava con aria seccata e si alzava; non feci neanche troppa attenzione al fatto che, anche lei, mi aveva scambiato per femmina. Mi alzai anche io, un po' turbato dalle sue parole: inizialmente mi aveva chiamato "Anh"... Che fosse...!? - Non posso saperlo per certo. - mi dissi,con aria crucciata, mentre fissavo il libro, - Quindi, per adesso, dovrei tacere. -. Fissai la ragazza, mentre se ne stava andando; non volevo però, che ella si facesse un'idea sbagliata di me. Così, prima che si voltasse, la fermai delicatamente per una spalla, fissandola con un sorriso colpevole: ancora una volta, quando cercai di incrociare i suoi occhi, parecchie emozioni mi travolsero tutte assieme, e mi ritrovai a fissare la ragazza senza dire niente. Poi mi ricordai che le dovevo delle scuse, e allontandomi di qualche passo, le rivolsi un mezzo inchino. - Sono estremamente dispiaciuto di averle recato disturbo, signorina... - dissi, rialzando la testa. - Non era mia intenzione colpirvi; è stato soltanto un moto di rabbia... Che avrei dovuto controllare. Non intendo scaricare le mie colpe.. Però la prego, non pensate che abbia voluto disturbarla dal suo sonno intenzionalmente... -. Non sapevo che altro dire, così ripegai la testa, fissando il terreno; mi sentivo estremamente in colpa, mentre anche un senso di imbarazzo per essere stato scambiato per femmina mi assaliva.

     
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  5. Zalya
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    Stavo per andarmene molto irritata, quando mi sentii fermare da una mano di quella ragazza che mi aveva disturbata. Sembrava volesse dirmi qualcosa, ma non faceva altro che fissarmi senza dire niente. Poi però si allontanò un po' facendo un mezzo inchino e scusandosi. Dalla voce e dalle parole che usava capii che mi ero sbagliata. Non era una ragazza... era un ragazzo! E io senza pensarci l'avevo scambiato per una femmina. Rimasi pietrificata. Che avrei dovuto fare? Avrei dovuto scusarmi? Avrei dovuto scusare LUI per avermi svegliato? Sinceramente non mi importava niente di nessuno, ma la sua educazione mi mise in difficoltà. Sembrava davvero molto dispiaciuto, mi faceva quasi... tenerezza. Come avrei fatto a fare la scontrosa con quel ragazzo del genere? "In che razza di situazioni mi caccio..." Pensai guardando altrove, indecisa su cosa avrei dovuto fare. Non potevo però restare a pensare in eterno. Lo vidi ripiegare la testa, probabilmente era affranto per essere stato scambiato per una femmina. Magari non era la prima volta. In quel momento riuscii a vedere meglio quella coroncina, era DAVVERO identica a quella di Anhylia. Che avesse qualcosa a che fare con lei? Decisi però di non accennare per ora a quel fatto e di lasciar correre per stavolta. Tanto l'accademia era grande, molto probabilmente non lo avrei più rivisto se non di rado, magari in mensa. Ma sicuramente non avremmo più parlato. -Va... Vabbè, tanto mi sarei dovuta comunque svegliare, prima o poi. E non mi hai fatto un granchè male, quel lancio era piuttosto debole. Ti... Ti perdono, sì. Ma che non ricapiti più. Ecco.- Gli dissi incrociando poi le braccia cercando di mantenere la mia aria seccata, quasi incredula che qualcuno stesse mettendo in difficoltà la mia maschera da ragazza scontrosa che stavo cercando di crearmi per non avere nessuno tra i piedi.
    -E poi... mi devo scusare anche io per averti scambiato per una ragazza, mi dispiace.-



    Edited by Zalya - 23/1/2014, 20:03
     
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    Mharf Iylisse
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    Le mie parole sembrarono funzionare; la ragazza mi disse di non preoccuparmi, ma che non doveva ricapitare mai più. Le rivolsi uno dei miei migliori sorrisi, cercando di apparire il più cordiale possibile: non sapevo ancora perchè lo facevo, ma in qualche modo... Quella ragazza mi affascinava. Speravo di rividerla ancora; mi sarebbe piaciuto molto stringere amicizia con lei. -E poi... mi devo scusare anche io per averti scambiato per una ragazza, mi dispiace.- disse la ragazza, notando il mio imbarazzo. Ritornai alla posizione eretta, mettendomi una mano dietro la testa e fissando il terreno con aria malinconica; ero così abituato a situazioni del genere che ormai le trovavo quasi buffe. - Tranquilla, mi succede spesso... - dissi, mentre con la mente tornavo alla mia infanzia. -... Da piccolo mi picchiavano pure per questo fatto, anche se non penso sia stata la sola ragione. -. Non sapevo perchè stessi raccontando quelle cose alla ragazza: la conoscevo da poco, e il nostro incontro non era stato dei migliori: immaginavo che fosse ancora turbata dal mio comportamento di prima... Come mi avrebbe visto d'ora in poi? Eppure, sentivo di potermi fidare lei: nonostante ciò, mi fermai giusto tempo per non rivelare cose che avrebbero anche potuto spaventarla... Dato che il mio passato era oscuro e contorto. Sembrai tornare alla normalità, e capii che il sorriso mi era sparito dalla labbra: lo riacquistai nel giro di pochi secondi, nascondendo il dolore che traboccava dietro di esso. - Beh... Ma questi sono problemi miei! - dissi poi, con rinnovata allegria, - Non dovrei affliggerti con le mie disgrazie; che razza di persona sarei se lo facessi?-. Tornai a fissare le fronde del salice piangente: offrivano un comodo riparo dagli sguardi sgraditi degli altri, e sentivo che sarei potuto rimanere lì per sempre. Allo stesso tempo, non volevo che lei se ne andasse: ma non c'erano altre motivazione per poterla farla rimanere lì a parlare con me, e probabilmente, non l'avrei rivista più, dopo quella volta... Rabbrividii. Non volevo. Allora, l'unica cosa che mi rimaneva da fare, era spostare l'attenzione sul nome da lei pronunciato: ora che tutto sembrava andare "per il meglio", potevo anche azzardarla qualche domanda. - Prima che tu te ne vada... Per caso conosci una ragazza che si chiama Anhylia? - le chiesi. Scoppiai a ridere, accorgendomi da solo di quanto potessi risultare ridicolo in quel modo: tornai a fissare il terreno con aria vuota, per poi sedermi, con la schiena appoggiata al tronco dell'albero. Presi a grattare il terreno con un'unghia: passò qualche minuto, durante il quale, tra di noi, calò un brutto silenzio. Una fitta di dolore mi strinse il cuore quando mi ritrovai a fissare una sghemba rappresentazione del Castello di Iylisse: rimasi a fissarla per qualche secondo, poi cancellai il tutto strofinando la mano sul terreno. Mi rialzai nuovamente, strofinandomi le mani insieme per pulirle dal terriccio, e poi guardai nuovamente la ragazza negli occhi, con il sorriso smorzato; stavano accadendo troppe cose tutte insieme, e non riuscivo a comportarmi normalmente in quel momento. - Lascia pedere la mia domanda... - dissi, tenendo lo sguardo sul suo. Non avevo mai visto un verde così splendente; si, mi era capitato di aver già visto uno smeraldo, ma nessuno poteva competere con il colore dei suoi occhi. Pacati e calmi, in fondo a essi sembrava nascondersi la forza di un fuoco; ma anche una profonda tristezza. Scoprii che avevo voglia di cancellare quella tristezza, e di conoscere il motivo di questa. Ma tenni questi pensieri per me.- Mia cugina si chiamava appunto Anhylia... L'ho persa tanti anni fa, ma non se sia morta o no. Ma probabilmente sono due persone differenti... -. Continuai a fissarla negli occhi, perdendomi in quel colore particolare: poi sbattei le palpebre più volte, e sorridendo dolcemente, tesi la mano alla ragazza. - Sono proprio maleducato... Non mi sono ancora presentato. Io mi chiamo Mharf... Iylisse. - dissi, esitando un momento nel rivelare il mio cognome; ma decisi che, se le avevo raccontato parte del mio passato, un cognome non poteva fare la differenza. - E tu, invece? - chiesi alla ragazza con un sorriso, abbandonando le formalità quasi senza accorgermene.

     
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  7. Zalya
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    Quel ragazzo mi disse che succedeva spesso che lo scambiassero per una femmina, aggiunse anche che per quel motivo lo picchiavano per quello, anche se credeva non fosse l'unica ragione. Mi chiedevo cosa ci facevo ancora là ad ascoltarlo. E mi sembrava molto strano che mi raccontasse cose del genere nonostante non ci conoscessimo. Però notai che il sorriso che aveva poco fa gli si era spento. Durò pochi secondi, ma il suo sguardo si era fatto colmo di dolore. Probabilmente anche lui come me ne aveva passate di tutti i colori. E a pensarci forse era quella la ragione per cui restavo ancora là, forse non eravamo molto diversi come stavo credendo all'inizio. Poi però gli si ristampò il sorriso in faccia, dicendomi che comunque erano problemi suoi, aggiungendo - Non dovrei affliggerti con le mie disgrazie; che razza di persona sarei se lo facessi?- A quel punto pensavo fosse il momento buono di andarmene, ma lo sentii dire - Prima che tu te ne vada... Per caso conosci una ragazza che si chiama Anhylia? - Rimasi paralizzata. Come faceva a sapere di Anhylia? Allora ci avevo azzeccato! Non sapendo come rispondergli passò qualche minuto di silenzio, dopodichè si riavvicinò, guardandomi dritto dritto negli occhi, non mollando lo sguardo nemmeno per un secondo. Quegli occhi azzurri mi misero un po' in suggestione, cominciando a ripotarmi alla mente ricordi che preferivo dimenticare. Mi facevano tornare in mente un mio caro amico, il ragazzo che amavo, che morì quel maledetto giorno in cui Menulia venne attaccata da dei banditi e lui morì per salvarmi. Wand, questo era il suo nome. Cercai di scrollarmi di dosso quei pensieri, cercando di nascondere la mia inquietudine - Lascia pedere la mia domanda... - Mi disse, continuando a fissarmi negli occhi, a un certo punto mi sembrò perfino ipnotizzato. - Mia cugina si chiamava appunto Anhylia... L'ho persa tanti anni fa, ma non se sia morta o no. Ma probabilmente sono due persone differenti... - "Cugina... persa anni fa..." che fosse davvero un parente di Anhylia? Ormai gli indizi erano chiari. Alla fine si presentò dicendo di chiamarsi Mharf Iylisse. Per dire il cognome esitò un po', non riuscivo a spiegarmi il motivo. Tese la mano verso di me, con fare molto dolce e chiedendo qual'era il mio. Notai anche che già da un po' aveva abbandonato le formalità. A quel punto, ero ancora più indecisa sul da farsi. Probabilmente era un parente della mia amica, dovevo saperne di più. Però allo stesso momento... avevo paura. Paura di infrangere la promessa a me stessa, la promessa di non stringere più amicizie, per non soffrire ancora. Guardai altrove, stringendo fra di loro le mie mani, quasi come se mi sentissi intimidita. -Zalya. Mi chiamo Zalya Levanda.- dissi cercando di mantenere il mio tono freddo, anche se dentro di me avevo mille pensieri e dubbi che non facevano altro che assalirmi minuto per minuto.
    -Quindi... dici di essere cugino della mia amica Anhylia? In effetti la coroncina che porti in testa è uguale identica alla sua, mi chiedevo appunto il perchè. Avete anche un colore molto simile di capelli, prima pensavo fossi lei.- continuai. Forse per un caso fortuito avevo incontrato un parente della mia amica, forse c'era una speranza per aiutarla a scoprire di più su di sè e questo in effetti mi rendeva molto felice per lei, anche se fuori apparivo sempre scontrosa come al solito.

     
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    -Zalya. Mi chiamo Zalya Levanda.- disse la ragazza, con la stessa aria scontrosa di prima; non mi afferrò la mano, così la ritrassi, portandola dietro la testa, con fare imbarazzato. - Zalya. -. Chiusi gli occhi, assaporando il suono di quel nome; mi sembrò di non averne mai sentito uno così bello, prima di quel momento, e mentre la mia mente vagava, un sorriso sincero si dipinse sul mio volto... Forse il primo che non era forzato da molti anni. Sentii a malapena ciò che mi disse sulla mia coroncina; la mia mente era altrove, e, per una volta, immersa in pensieri felici. E tutto grazie a quella ragazza. Le dovevo sicuramente un favore. Sentii però, che Zalya aveva qualcosa che non andava: sembrava aver paura di qualcosa, ma no le chiesi niente... Forse era soltanto una mia supposizione. Cercai di convincermi che fosse così, ma quella strana sensazione non mi abbandonò. Mi ritrovai, senza neanche accorgermene, a fissarla nuovamente; cercavo di imprimere nella mente quanti dettagli riuscivo a carpire... Come i ciuffi dei capelli le ricadevano sul volto, o come mi fissava in modo attento, quasi diffidente; riuscii anche a notare qualcosa legato al suo collo, ma che però non riuscii a capire cosa: fosse esso un ciondolo o qualcos'altro di simile, lo portava nascosto sotto la camicia. Si intravedeva soltanto il cordino; e solo in quel momento... Mi resi conto di essere davvero vicino alla ragazza. Mi feci paonazzo in volto, e mi allontanai di un bel po'; smisi di fissare Zalya, e spostai lo sguardo sul pavimento, cercando di sbollirmi. Sottovoce, ringraziai la ragazza per le informazioni che mi aveva dato, e notai che il sole cominciava a tramontare. Mi risollevai dalla sorpresa: davvero era passato così tanto tempo? Non l'avevo notato minimamente, da quanto ero assorto negli ultimi momenti. Sospirando, recuperai il libro di Pozioni: ancora una volta, a vedere tutte quelle scritte, la mia mente pianse. Non avevo la minima voglia di mettermi a studiare... Perchè dovevo farlo? All'improvviso sentii una fitta lancinante al gomito; vidi che una manica era rimasta impigliata in uno dei rami del salice, e strattonando il braccio via, non feci altro che procurarmi una leggera ferita al braccio. Non era nulla di che; ma il sangue scorreva abbastanza copioso, e sarebbe potuta peggiorare in fretta. Alzai la manica, cercando di tamponarla come meglio potevo; ma non avevo gli strmenti adatti. Allora, posai la mano sulla ferita; mi concentrai il più possibile, e prima di mormorare le parole che mi avrebbero guarito, scoccai un'occhiata curiosa a Zalya. Non ero un mago; ma lei, in fondo, ancora non lo sapeva. Non ancora, almeno. - Uaise heiyl.. - mormorai, e la ferita tremolò, per poi cicatrizzarsi e richiudersi senza lasciare alcuna traccia. Soddisfatto, abbassai nuovamente la manica dell'uniforme, e feci per stringere l'elsa della spada: solo che non l'avevo al mio fianco, al momento. Lasciai ricadere le mani lungo i fianchi e salutai Zalya con un sorriso, spostando le foglie dell'albero con un gesto fluido. - E'tardi e devo andarmene. Ci vediamo... Zalya... - dissi soltanto, uscendo dall'albero e lasciando il passaggio aperto per un po', nel caso volesse uscire anche lei.

     
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