Una missione inaspettata al villaggio Istana.

Endymion Menulis e Anhylia Nogare

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    Endymion Menulis
    Classe: Mago Bianco Razza: Umano Numero Stanza:104 Fama: 13 Affinità: 80 (Anhylia)

    Ruolata

    Erano passati diversi giorni dall'episodio della serra con Anhylia e da quel dì non ci eravamo mai rivolti la parola; non credo che lei mi stesse evitando, ma ero più io che in quelle poche volte che la intravedevo cambiavo rotta o facevo finta di non vederla. Ero riuscito piano piano ad alleggerire la pillola e a staccarmi da lei senza troppi rimorsi e non perchè non me ne importasse, ma perchè avevo fatto in modo di tenermi ben occupato. La mia "relazione" con Aroit procedeva quanto bastava per soddisfarci a vicenda, lei andava a spifferare orgogliosa alle sue amiche di come si intratteneva durante alcune notti, mentre io andavo già in cerca di qualche altra carne fresca. Ma non passavo il mio tempo solo immerso tra libidine e piacere, a volte mi rintanavo nei luoghi più deserti e angusti dell'accademia per leggere o meditare o anche allenarmi con la magia. Avevo persino iniziato a studiare assiduamente pur di togliermi dalla testa lo sguardo di Anhylia.
    Tutto procedeva bene e senza intoppi, quindi, quando il professor Wiernes, quella mattina, ci comunicò che era in programma una missione di esercitazione per la Sala Rubino e la Sala Ametista. Si sarebbero formate squadre di due o più persone incaricate di andare in giro per vari luoghi sparsi in Evesaje dove si erano riscontrati alcuni problemi. Con chi si finiva, però, non ci era dato di sapere, lo avremmo scoperto una volta giunti nel luogo assegnatoci, questo per evitare un eccessivo allungamento delle pratiche burocratiche. Io ascoltai il suo discorso annoiato e seccato da questo imprevisto inaspettato e soprattutto inopportuno, mentre molti dei miei compagni erano andati letteralmente in panico per timore di non essere pronti è prendere brutti voti. Già mi erano venuti dei sospetti quando, tutto d'un tratto, ci avevano radunati nell'Aula Magna dove erano già seduti molti studenti della Sala Rubino, ma mai mi sarei immaginato che di lì a poco sarei stato mandato chissà dove e per chissà quantio giorni. Finito il discorso ci mandarono ai nostri dormitori per recuperare l'armatura e prepararci una leggera borsa da viaggio con il necessario per il viaggio e, avviandomi all'uscita dell'Aula Magna scorsi con la coda dell'occhio dei capelli cerulei. Mi guardai bene da voltare lo sguardo per accertarmi di chi fosse, mentre nella mia mente mi balenò un pensiero che fu un fulmine a ciel sereno: se fossi capitato in squadra con lei? Sarei stato costretto a starle accanto per giorni interi senza nemmeno poterla evitare e così tutti i miei piani sarebbero andati magicamente in fumo.
    Decisi di non pensarci e mi diressi a passi svelti verso i Dormitori. Entrai nell'edificio, salii le scale fino alla Sala Ametista e mi incamminai velocemente verso la mia stanza.
    L'armatura era già stata riposta sopra il letto, evidentemente persino le bidelle erano state informate di questa missione, così non mi rimase altro che preparare la borsa che riempii con solo un indumento di ricambio e qualche tomo di magia. Mi spogliai poi velocemente per poter indossare la mia armatura, che di "armatura" aveva ben poco; composta unicamente da un tessuto di lana nero, una bella pelliccia bianca di lupo che mi cingeva le spalle e qualche cinta in pelle, era l'ideale per potermi permettere di muovermi con agilità e scagliare magie senza intoppi, anche se questo signfiicava essere poco protetti.
    Tornai quindi in Aula Magna dove diversi professori avevano iniziato a distribuire le mete di destinazione ad ogni singolo studente. Mi misi in fila aspettando il mio turno, mentre notavo che in cortile c'erano diverse carovane e cavalli pronti per scortarci nel luogo in questione. Quando finalmente fu il mio turno di ritirare il biglietto con il nome del luogo della missione, il professor Wiernes mi porse un pezzo di carta con un cordiale sorriso raccomandandosi poi di non fare sciocchezze o una delle mie solite spavalderie. Lo rassicurai con un cenno della mano e un ghigno beffardo per poi dirigermi verso il cortile. Nel foglio c'era scritto quanto segue:
    "Dovete recarvi nella città portuale di Istana, nella remota Regione Iylisse, ed indagare riguardo l'improvviso avvelenamento delle acque del porto che, se non fermato in tempo, rischia di provocare una grave mancanza di cibo agli abitanti e anche lo scoppio di una qualche grave epidemia"
    Feci appena in tempo a leggere il messaggio quando uno stalliere mi si avvicinò e mi comunicò che i cavalli erano pronti. Dalle sue parole intuii che ero stato assegnato ad un piccolo gruppo, composto solo da me e un altra persona, e che pertanto ci sarebbero bastati due cavalli per raggiungere la meta. Il mio, un bellissimo frisone nero come la pece, mi aspettava legato vicino all'abbeveratoio accanto all'altro cavallo, un giovane baio forte e robusto, che avrebbe montato il mio futuro compagno.
    Salii in groppa al mio destriero senza troppa difficoltà, sebbene cavalcare non fosse la mia specialità e avrei preferito mille volte andarci a piedi, e mi misi ad aspettare pazientemente l'arrivo dell'altro componente del gruppo, iniziando pure a socializzare con Heise, così si chiamava il frisone.



    Armatura di Endymion:


    Edited by Selëne - 7/2/2014, 22:27
     
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    Tornata nella mia stanza, dopo la lezione del giorno, cominciai a rovistare nel mio armadio per trovare l'uniforme. Non lasciavo mai entrare nessuno nella mia stanza; la chiave la tenevo sempre con me, e mi occupavo da sola delle pulizie di quel luogo. Non volevo che neanche gli addetti alle pulizie ficcassero il naso nelle mie cose: almeno nella mia stanza, volevo un po' di intimità. Recuperai la tunica e il mantello che mi avrebbero accompagnata in missione: li posai poi sul letto, cercando anche gli altri pezzi. Un corpetto, un paio di guanti, degli stivali e una cintura con un fodero blu notte; quello era tutto il mio inventario. Mentre mi vestivo, ripensavo agli ultimi eventi accaduti in quegli ultimi giorni; prima l'incontro con Endymion, poi quella missione inaspettata. Non avevo più visto il ragazzo; neanche durante le lezione generali, sembrava essere sempre assente. Pensai che mi stesse evitando... Il che probabilmente era vero. Flettei la mano per saggiare la pelle dei guanti; era vecchia e un po' rovinata, temprata da molte battaglie; ma comoda. Come tutto il resto dell'armatura, anche quei guanti erano stati di mia sorella; il mantello, invece, non sapevo a chi appartenesse. Non lo aveva mai indossato, ed era decisamente troppo largo sia per lei che per me; ma non era importante, in quel momento. Finito di indossare l'armatura, mi guardai allo specchio: uno sguardo di un rosso vivido, più sicuro e malizioso, ricambiò il mio. Sentii un brivido lungo la schiena, mentre mi avvicinavo per controllare meglio, turbata; ma, questa volta, non vidi altro che il mio volto spaventato, da qualcosa che ancora una volta riguardava il passato. Sospirai, passandomi una mano sulla faccia: quanto avrei voluto soltanto avere qualcosa che mi permettesse di dimenticare... Ogni singola cosa. Almeno avrei evitato di ricordare a spezzoni... Avrei evitato di vedere il mio passato ovunque. Mi chiesi come potessero sorridere ed essere felici le persone "normali", quelle che erano lì soltanto per un capriccio: io invece, non avevo avuto altra scelta. Mi ero sempre trovata male al convento: sin dal primo giorno, molte persone mi avevano guardata dall'alto in basso, con stizza. Forse perchè sembravo un morto vivente quando ero arrivata al convento: ma anche Selene e Zalya lo sembravano. Dopo quello che avevamo aspettato, non c'era altro modo in cui potessimo sentirci. Avrei potuto dimenticare quelle sensazioni... Di sicuro un modo c'era. Però al pensiero mi sentivo male: non potevo scappare dai miei problemi, quando Zalya e Selene, oltre a combatterli, mi avevano pure aiutata con i miei. Non potevo più agire per conto mio: ormai ogni mia decisione riguardava pure loro. Sperai soltanto che il mio compagno non mi sarebbe stato d'intralcio. Non sarei riuscita a essere cordiale nè tantomento paziente. Presi nuovamente il cerchietto, che avevo lasciato sul letto, fissandolo per qualche secondo: ormai era diventato quasi un marchio, con tutto ciò che quello poteva comportare... Eppure ero così patetica da non potermi separare da quel singolo pezzo di ferro. Sorrisi malinconicamente, raccogliendo i capelli e fissando con la coroncina: in questo modo sembravano più corti, e io potevo muovermi senza l'intralcio delle ciocche che mi finivano negli occhi. Allacciai poi la mia Arivind al fianco, facendo ricadere la cintura sulla schiena: in quel modo il fodero, tenuto orrizontalmente da altre due fasce che si collegavano alla cintur, non mi avrebbe infastidito negli spostamenti, e io potevo impugnare l'arma facilmente ogni qualvolta ne avessi avuto bisogno. Anche se in quel momento avrei voluto soltanto aumentare la presa sull'elsa della spada, piuttosto che riporla nel fodero: mi sentivo nervosa, molto nervosa; eppure, avere l'arma a portata, mi faceva in qualche modo, sentire meglio. Più sicura. Ma gli studenti, e soprattutto i professori, si sarebbero preoccupati vedendo uscire una ragazza a spada sguainata. Quindi, riluttante, rimisi la spada nel fodero, prendendo il mio bagaglio: pochi spiccioli, che avevo da tempo immemore e che portavo dietro ogni qualvolta si rivelavano utili (anche se non mi erano mai serviti un granchè), qualche ricambio e il mio libro preferito, quello che leggevo anche nella serra: arrossii un po' mentre lo infilavo nella mia sacca, ma non ci pensai troppo. Infilai il sacchettino con i soldi nel marsupio che avevo in vita, prendendo la sacca con i miei effetti e chiudendo anche la porta a chiave, infilando quest'ultima poi nel marsupio. La testa mi pulsava, e sentivo nuovamente quella parte di me, che ero riuscita a tenere nascosta a tutti, nuovamente prendere il controllo di me: anche se in quel momento era soltanto un ronzio, e riuscivo ancora a ragionare con raziocinio, senza lasciarmi prendere dal dolore e dall'impazienza. Ignorai il dolore alla tempia e lo sconfissi. Ma non potevo eliminarlo. Cercai quindi di non pensarci più. Presi un respiro profondo, prima di attraversare i corridoi: altri ragazzi erano nella mia stessa situazione, ma nessuno di loro sembrava altrettanto teso come me. Avrei voluto salutare anche Zalya e Selene... O almeno accertarmi della loro sicurezza. Ero perennemente tesa quando si trattava di combattere: nonostante le ragazze sapessero badare a loro stesse... Temevo che potesse loro capitare qualcosa. Decisi di lasciar perdere, almeno per qualche istante, la missione, vagando per l'Accademia e cercandole: ma non c'era niente da fare, sembravano come sparite. Così decisi di lasciar perdere, fissando il cielo e allontanandomi. Recuperai un foglietto dal marsupio, leggendo per l'ennesima volta il suo contenuto: dovevo indagare sull'avvelenamento delle acque portali di una regione chiamata Iylisse. Quel nome, Iylisse: lo avevo già sentito altre volte, mi ero già informata su quel regno caduto in disgrazia, per mano della loro regione avversaria, la Pelya... Un tempo loro suddito. Eppure, sentivo che quella guerra, avvenuta ormai quasi quindici anni prima, in qualche modo mi riguardava: ma forse era soltanto una mia impressione, e mio stavo soltanto facendo troppi complessi. Avrei scoperto i segreti di quel regno, recandomi là; finalmente avrei visto quella terra con i miei occhi... E per qualche ragione, ne ero spaventata. Cercai di domare quei sentimenti del tutto inutili, non idonei alla missione che andavo a svolgere: potevo essere turbata quanto volevo, ma ciò non avrebbe compromesso in alcun modo la riuscita della missione. Ne andava delle vite dei paesani; non sarei riuscita a sopportare il loro peso, se mi fossi concessa anche la minima distrazione. All'improvviso, vidi un uomo avvicinarsi a me: aveva l'affanno, e sembrava aver corso per mezza Accademia. Mi condusse fuori dall'istituto con cipiglio severo, rimproverandomi il mio ritardo: e dato che aveva ragione, dovetti stare lì a subire la sua ramanzina finchè non fummo fuori dai cancelli dell'Accademia. Una volta lì mi staccai dalla sua stretta con uno strattone, ignorando le sonore proteste dell'uomo e dirigendomi verso due cavalli legati poco lontano. Un frisone del colore del petrolio e un baio giovane, marroncino chiaro, erano i nostri destrieri: era evidente che in missione con me c'era soltanto un'altra persona. Alzai lo sguardo sulla persona che mi sarebbe stata accanto, solo per sentirmi mancare il fiato: era Endymion. Avvolto in una pelliccia di lupo, sembrava non essersi ancora accorto di me. Abbassai lo sguardo, cercando di non incontrare in alcun modo i suoi occhi; avrei soltanto fatto la figura dell'idiota, un'altra volta. Mi capitava decisamente troppe volte quando lui era accanto a me. Continuai ad avanzare verso il baio, mormorando soltanto un saluto al ragazzo; poi cercai di concentrarmi sul cavallo, almeno per capire che tipo di animale era. A tratti scalpitava e piantava gli zoccoli nel terreno, come se fosse agitato e desideroso di andare. Sbuffai, divertita, pensando che non poteva capitarmi un cavallo migliore; provava quasi gli stessi miei sentimenti. Lo slegai dall'albero, accarezzando il muso e fermandogli la sella: poi presi le redini, facendolo distanziare un po' dall'albero, in modo che avesse abbastanza spazio per prendere il via; dopodichè salii a dorso del cavallo, non prima di aver fallito miseramente ben due volte. Mia sorella non mi aveva mai insegnato a cavalcare in modo serio; ogni tanto avevamo fatto qualche passeggiata a cavallo, ma l'unica volta che avevo provato a montare su un cavallo, ero stata disarcionata. - Cadoc... - mormorai, accarezzando la criniera dl baio, - a quanto mi hanno detto era il nome di mio nonno. -. Dopo aver rinominato il cavallo (non vi era nessun segnale che l'animale avesse effettivamente un nome) mi voltai verso Endymion, stringendo le redini e provando a sorridergli. Non ci riuscii. - Andiamo? - dissi soltanto, preparandomi a dare il via a Cadoc, strusciando i fianchi del cavallo con i talloni, in modo che cominciasse a trottare.



    Edited by «Anhÿlia; - 14/2/2014, 22:14
     
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    Era passato un buon quarto d'ora e del mio compagno di missione, ancora non c'era traccia, che fosse fuggito? Lo stalliere allora andò alla sua ricerca persnalmente, promettendomi di fare al più presto e raccomandandomi di star lì fermo ad aspettarlo. Io annuì seccato, mentre mi adagiavo sulla sella, piuttosto scomoda e a cui non ero affatto abituato. C'era un tempo in cui io stesso correvo libero per la foresta, veloce come il vento, con l'aria che mi scompigliava i capelli, o meglio, la pelliccia....

    Il ragazzino stava in piedi, dritto e rigido, mentre ripeteva più e più volte la sua formula magica sperando di poter veder accadere qualcosa. Intanto, un lupo bianco dallo sguardo serie e austero lo osservava pazientemente, immobile come una statua. Era Moniris, il temuto lupo bianco dalla cicatrice sull'occhio che si dice vegliasse su tutta la Foresta Wald Mond. Gli abitanti di Magnolia lo temevano, accusando lui e il suo branco di assalire i loro greggi o addirittura le persone, mentre a Menulia era venerato come uno spirito protettore. Ma in realtà non era nessuna delle due cose, non era nè lupo nè umano, era un serenita che aveva deciso di vivere immerso nella natura, dal passato turbolento e tragico, ma non abbastanza per impedirgli di accudire il figlio di un suo caro vecchio amico, il Conte Hyperion Menulis.
    -Dóse mou ti dýnamí sas me kánei na ton akoloutheí sas- ripeteva Endymion cominciando sempre più a perdere la pazienza. Ci provava e riprovava, ancora e ancora, ma nulla succedeva e nulla si modificava e il giovane cominciava ormai a credere che non ci fosse più niente da fare.
    -Moniris, è inutile, non sono degno..- disse poi affranto, alzando la testa dal foglio con la formula scritta a penna e guardando verso il suo mentore.
    -E' la perseveranza ciò che ti rende degno di qualcosa, figliolo, non arrenderti e riprova- rispose l'animale con voce calma e saggia. Il ragazzino allora riprovò per l'ennesima volta, ma, di nuovo, senza alcun risultato. La sua voce era ormai lamentosa e mancava di concentrazione al che Moniris dovette raggiungerlo e strappargli il foglio dalle mani con il suo muso.
    -La tua richiesta non avrà alcun esito se non la formuli con il cuore. La Madre Luna non concede i suoi benefici a chi non li desidera- sentenziò infine lasciando intendere ad Endymion che con quel'atteggiamento non sarebbe andato molto lontano.
    Il ragazzo dai capelli argenti allora alzò lo sguardo verso la luna ormai alta nel cielo e splendente come non mai, la osservò attentamente come era solito fare nei momenti di debolezza e di riflessione, per poi posare lo sguardo sulle stelle che le brillavano accanto. Da tempo immemore i sereniti, quando spiravano, tornavano ad essere etere e a ricongiungersi con la propria Madre genitrice che riservava accuratamente loro un posto nel cielo stellato. Nulla di scentifico, solo leggende, ma Endymion osservò quelle stelle, così splendenti e così pulsanti, convinto di aver di fronte la sua famiglia. Pensò che se lo avessero visto in quel momento sarebbero rimasti delusi da lui e dal suo fallimento, così cominciò a ripetere lentamente la formula, desiderando con tutto se stesso di poter renderli felici, orgoglioso di lui.
    -Molto bene, Endymion, ora guardati..- disse Moniris dopo qualche minuto e spostandosi di lato lasciando intravedere alle sue spalle uno specchio d'acqua, formatosi durante l'incessante pioggia del giorno prima. Endymion fece per avvicinarsi, ma notò subito qualcosa di strano; a muoversi non erano le sue gambe, ma le sue zampe, si sentiva incredibilmente caldo e i suoi sensi si erano spaventosamente ampliati. Riusciva a vedere perfettamente al buio, sentire i piccoli passi di uno scoiattolo sopra un albero e percepiva l'odore di Moniris in maniera vivissima, sentiva muschio, pino, ma anche terra bagnata, sangue e alloro.
    Si avvicinò cauto e silenzioso e aspetto qualche secondo titubante prima di specchiarsi nella piccola pozza d'acqua e vedere il suo nuovo aspetto; un lupo, nero come la pece, dai contorni che si mimetizzavano con la notte e di cui si potevano distinguere solo i suoi lucenti occhi dorati, lo guardava fisso con sguardo fiero.
    -Ora sta a te decidere, figliolo; in quale mondo vuoi restare a vivere?-

    I miei pensieri furono interrotti dall'affanno dello stalliere che era tornato trascinando con sè il tanto atteso studente. Non la riconobbi subito, i suoi capelli erano trattenuti in parte dalla sua coroncina, facendoli sembrare più corti e la sua armatura nascondeva quel poco di seno che le restava, ma mi bastò scrutarla un attimo non appena si fu avvicinata per riconoscerla; era Anhylia. Di sicuro qualcuno lassù si stava divertendo a prendersi gioco di me, oppure il karma aveva deciso di punirmi in quella maniera, fatto sta che ero sconvolto e allo stesso seccato di come l'unica persona che temevo sarebbe stata assegnata con me, ora mi stava davanti.
    Non appena fu salita in sella, lo stalliere ci spiegò che il baio era stato addestrato in modo tale da seguire ovunque andasse il mio frisone, pertanto sarei stato io a guidare il gruppo durante il viaggio e mi diede perciò la mappa con tutte le indicazioni necessarie. Io accettai, mio malgrado, questo ruolo, conscio del fatto che avevo sviluppato un notevole senso di orientamento durante i miei periodi nelle vesti di lupo e che non sarei stato di certo un peso.
    -Andiamo? - mi disse Anhylia, dopo avermi salutato di sghimbescio e quasi in maniera impercettibile.
    Io non le risposi e mi limitai a far partire al galoppo Heise, pensando intanto a come mi sarei dovuto comportare con lei nei giorni avvenire.
    Raggiunsi velocemente l'uscita sud dell'accademia, senza voltarmi o fermarmi, per poi frenare la corsa una volta uscito dalle mura, per aspettare Anhylia, in groppa al suo fidato Cadoc.
    -Pare proprio che il destino voglia farci avvicinare ad ogni costo, Lyla- le dissi non appena fu abbastanza vicina da poter sentire -non so quanto questo ti possa rendere felice, ma sappi che ti starò a debita distanza e sarò il più professionale possibile, sempre che tu non voglia supplicarmi del contrario..- aggiunsi poi con fare serio e malizioso, e sfidandola senza una ragione precisa. L'ideale sarebbe stato evitarla a prescindere, ma non potevo abbandonarla a se stessa in missione, e una parte di me non vedeva l'ora di potersi accampare con lei. Quindi optai per provocarla e mettere in chiaro che se mai fosse successo qualcosa, sarebbe stato solo un "caso" .





    Edited by Selëne - 6/2/2014, 15:50
     
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    Quando Endymion partì al galoppo, Cadoc non fece fatica a stargli dietro; evidentemente era abituato alle lunghe ed estenuanti cavalcate, e sembrava resistere bene. Mi chiedevo se sarebbe stato altrettanto preparato, nel caso di una battaglia. Srotolai la mappa di Evesaje, che avevo recuperato in un vecchio libro; non era aggiornata al giorno d'oggi, ma sembrava essere piuttosto recente. Individuai subito Istana, e rabbrividii vedendo che a poche miglia da lì, sulla sua sinistra, si trovava il Castello d'Iylisse. Evidentemente quella mappa risaliva ancora al periodo in cui la famiglia Iylisse regnava sulla regione; dai testi che avevo letto, sapevo soltanto che adesso quel castello adesso era una delle tante residenze del Re di Pelya, ma che aveva mantenuto il nome alla magione; non si sapeva se per compassione o per umiliare il precedente re. Cercai di fissare il percorso, ma la mia mente era altrove; ogni volta dovevo ricominciare a leggere la mappa, e in quel momento non ce la facevo. La rimisi nella sacca, prendendo nuovamente le redini di Cadoc e sfiorando un'altra volta i suoi fianchi; ero rimasta un po' indietro. Non nascondevo di essere agitata per quella missione, specialmente adesso che avevo scoperto che avrei dovuto viaggiare con Endymion: come sarebbe andata a finire? Stavo già anche dimenticando l'obiettivo della missione: ormai pensavo a cosa sarebbe potuto succedere nei giorni a venire, e soprattutto, in che modo mi sarei dovuta comportare io. Non avevo cambiato idea; non riuscivo a lasciar perdere così... Non più, ormai. -Pare proprio che il destino voglia farci avvicinare ad ogni costo, Lyla- disse il ragazzo, fermatosi per aspettarmi. Notai che era la verità: ma probabilmente, quella era stata soltanto unaa coincidenza; non trovavo altre spiegazioni. -non so quanto questo ti possa rendere felice, ma sappi che ti starò a debita distanza e sarò il più professionale possibile, sempre che tu non voglia supplicarmi del contrario..-. Non ebbi nessuna reazione, non esteriormente; continuai a fissarlo negli occhi, per poi aspettare che lui riprendesse a galoppare, dato che Cadoc doveva seguire il suo cavallo. Mi rendeva felice essere di nuovo insieme a lui? Non sapevo dirlo. Più che altro... Ero agitata. Dopo l'ultima volta che ci eravamo incontrati, non sapevo neanche io che cosa pensare. Il ricordo del suo bacio era ancora vivido, tanto che riuscivo a arrossire anche in un momento simile; ma mi riscossi subito, pensando alla gravità e alla serietà della missione che stavamo per affrontare. - Non è un gioco, lo so bene. Non permetterò ai sentimenti di intralciare la missione... Tranquillo. - dissi, continuando a cavalcare, senza rivolgere lo sguardo verso Endymion. Più ci avvicinavamo al bosco che delimitava il confine dell'Accademia, e che ricopriva anche la zona fino a Istana, più mi sentivo nervosa; non sapevo cosa nascondevano quei boschi, ma sperai che non fosse niente di... Problematico. Intanto il mio malditesta era aumentato, e a tratti oscillavo sulla sella; mi sentivo anche già più debole, e respinere quella parte di me che stava prendendo il controllo era anche piuttosto doloroso. - Dannazione... - pensai, - non si è mostrata per molti anni... Perchè ora? - mi chiesi. Ma non per questo mi sarei fermata, anzi, cercavo di spronare Cadoc sempre di più, che rispondeva ai miei comandi senza un lamento. Gli lisciai la criniera, in segno di gratitudine, mentre i confini del bosco si facevano sempre più vicini. Avevo già impugnato l'elsa di Arivind, tenendo le redini con la mano destra, e aspettavo soltanto il minimo rumore per estrarre la lama. Che però non avvenne. Sentivo soltanto gli zoccoli dei cavalli che battevano il terreno, e intanto mi guardavo intorno, cercando di fare affidamento anche sulla vista; la prudenza non era mai troppa.



    Edited by «Anhÿlia; - 14/2/2014, 22:12
     
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    Anhylia sembrò recepire il messaggio, ma che ne avesse accettato le condizioni non ne ero affatto sicuro. Dalla sua risposta era ovvio che non rifiutasse ancora i sentimenti che provava per me e che io stavo tentando in tutte le maniere di farle dimenticare o, se necessario, odiare. Galoppammo a lungo senza proferir parola, d'altronde io ero impegnato a seguire il percorso tracciato sulla mappa e a controllare se c'era qualche traccia o segno di pericolo, mentre Anhylia osservava una cartina presa chissà dove e stava attenta a seguirmi. A volte mi capitava di scorgerla mentre si massaggiava la testa, come se avesse una sorta di emicrania o simil, e più volte ero sul punto di fermarmi per chiederle cosa stesse succedendo, ma poi parve che tutto fosse passato e tornò a leggere la sua cartina. Alla fine ragiungemmo l'entrata della foresta, una foresta che non conoscevo e questo non mi piaceva affatto, mi fermai ad aspettare Anhylia e a scrutare l'orizzonte per cercare di capire come muoverci una volta dentro. Non appena Cadoc si fu avvicinato abbastanza, presi una corda e lo legai a doppio nodo con Heise, in modo tale da rimanere sempre uniti durante tutta la traversata e da evitare così pericoli -Stammi vicina e cerca di non fare troppo rumore..non so cosa ci aspetta qui..- dissi ad Anhylia, guardandola di sfuggita mentretestavo la resistenza del nodo appena fatto. Ripresi poi la marcia con Heise, questa volta però lentamente e cautamente mentre non la finivo di guardarmi attorno. Il mio fiuto e il mio udito funzionavano molto meglio nelle mie sembianze da lupo, ma col tempo anche i miei sensi umani si erano sviluppati abbastanza per permettermi di sopravvivere da solo in una foresta, così cercai di approfittare delle mie abilità per individuare possibili minacce, ma oltre a qualche animale predatore o un albero caduto, non riuscii a sentire altro.
    Preseguimmo cauti per un'ora buona o forse più, fino a quando non mi accorsi che stava per calare il buio, nemico letale per chi non conosce i luoghi in cui si insinua. Cercai quindi uno spiazzo abbastanza grande dove poter montare le tende e dove fosse abbastanza vicino un ruscello, così iniziai a seguire il rumore dell'acqua fino a quando non trovai una piccola radura in mezzo al bosco, circondata per metà da un fiumiciattolo -E' quasi notte, dobbiamo accamparci..- feci ad Anhylia, mentre scendevo da cavallo e iniziavo a guardarmi intorno, sperando che quello non fosse il territorio di nessun animale -Se vuoi ti aiuto a montare le tende, poi mi occuperò della caccia...mentre tu dovresti riposarti; ho visto come ti massaggiavi la testa durante il viaggio, non è bene iniziare una missione in queste condizioni - aggiunsi poi avvicinandomi a lei e posandole una mano sulla fronte per assicurarmi che non avesse la febbre; il mio pensiero era subito andato a qualche giorno fa, quando per seguirmi in serra aveva preso tutta l'acqua piovana e un bel raffreddore. Pensai che fosse colpa mia e non si fosse ancora ripresa e che la avrei curata se fosse necessario, ma per farlo dovevo conoscerne bene le cause.

     
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    Continuai a impugnare l'elsa di Arivind, mentre Endymion legava Cadoc al suo cavallo con una corda; ero ancora piuttostoa agitata per la missione, e il malditesta non accennava a diminuire. -Stammi vicina e cerca di non fare troppo rumore..non so cosa ci aspetta qui..- disse il ragazzo, tirando il nodo per essere sicuro che reggesse e guardandomi di sfuggita, per poi tornare a cavalcare Heise. Annuii svogliatamente, recuperando qualche straccio e avvolgendoci dentro il fodero di Arivind, in modo che la stoffa ovattasse il rumore argentino provocato dal suo struscio, ogni qualvolta che Cadoc muoveva un passo, trainato da Heise. Continuai intanto a combattere nuovamente il malditesta, che non sapevo bene però a cos'era dovuto; pensai che fosse l'agitazione del momento, ma in fondo non era così. A tratti, vedevo dei ricordi che non mi appartenevano; un enorme drago, avvolto nell'acqua, e... - Che cos'è? - mi chiesi, sentendo un'altra fitta alla tempia. Non avevo mai visto un drago acquatico. O almeno, per quanto ricordassi, non avevo mai visto nessun tipodi drago; cominciai a pensare che si dovesse trattare di un qualche sogno o di una favola raccontatami da Amelia, che ormai avevo scordato con gli anni. Non ci diedi peso, continuando a cavalcare; di certo non era niente di strano. Notai che cominciava a farsi buio; avevo perso la cognizione del tempo, con tutto quelo che stava succedendo, e non mi ero resa conto che la sera era calata. Probabilmente, se qualcuno qualcosa mi avesse attaccato in quel momento, me ne sarei accorta a malapena. -E' quasi notte, dobbiamo accamparci..- disse Endymion, scendendo da cavallo e guardandosi attorno. Per fortuna lui era stato vigile tutto il tempo; e mi resi conto di essere stata soltanto un peso fino a quel momento, dato che lui era stato attento al territorio circostante anche per me. -Se vuoi ti aiuto a montare le tende, poi mi occuperò della caccia...mentre tu dovresti riposarti; ho visto come ti massaggiavi la testa durante il viaggio, non è bene iniziare una missione in queste condizioni - aggiunse poi, avvicinandosi a me e poggiandomi una mano sulla fronte, fissandomi con sguardo... Preoccupato? No, probabilmente era stata solo una mia impressione. Arrossii un po' a quel contatto, e gli scostai la mano, stringendola tra le mie qualche secondo, per poi lasciarla andare di nuovo. - Sto bene... Soltanto un po' emicrania, ma sta già passando. - dissi, mentendo spudoratamente e voltandomi dall'altra parte. - Non ho bisogno di riposo.... E non sono così debole da non saper neanche montare una tenda da sola. - aggiunsi poi, prendendo la mia e cominciando a stenderla, per poi ripulire una piccola area dai rami secchi e stendercela sopra. La aprii e cominciai a montarla, non con poca difficoltà; mi ci volle qualche secondo per capire come funzionava, e quando ebbi finito, il tutto mi ricadde sulla testa. Non era stabile, per niente. Contrariata, ricominciai da capo, cercando questa volta di metterci più calma e pazienza; e il risultato fu nettamente superiore. Tirai un lembo, per scoprire che l'intera struttura era più che stabile: così, soddisfatta, presi altre pietre, in modo da fissare al terreno la tenda. Condussi Cadoc vicino alla tenda, legando le redini a un palo di legno che avevo conficcato nel terreno poco prima; poi tolsi le bisacce dal dorso dell'animale e feci per slegargli la sella, fermandomi un attimo prima: e se venissimo attaccati durante la notte? Avremmo potuto aver bisogno di partire nuovamente in tutta furia, e meno preparativi avevamo da fare, più speranze di vita c'erano. Così accantonai subito l'idea, cercando un altro spiazzo pulito e cominciando a issare anche la tenda di Endymion. Un volta finito, recuperai gli otri da Cadoc, voltandomi attorno in cerca del ruscello; così avrei potuto riempirli. - Mentre cacci prendo un po' d'acqua... - dissi, assicurandomi di avere Arivind al fianco e dirigendomi verso il ruscello, che si trovava poco lontano. Mi inginocchiai sul bordo, mettendo le mani a coppa e immergendole nel liquido, assaporando l'acqua fresca; era deliziosa. Così presi il primo otre, immergendolo nell'acqua e riempendolo; ma ad un tratto osservai la mia immagine riflessa nell'acqua, e il respiro mi si gelò. Non vi era riflessa la mia immagine; bensì, un ragazzo più grande di me, con i capelli blu come i miei e gli occhi dello stesso colore; vestiva abiti d'altri tempi e sembrava molto saggio. Eppure, anche se non l'avevo mai visto, sentivo di conoscerlo da... Sempre. Che c'entrasse qualcosa la nostra somiglianza? Prima che potessi pensare a qualcosa, l'immagine tornò normale, e non potei notare altro che il mio sguardo timoroso, come se avessi appena scoperto qualcosa che non avrei dovuto. Scossi il capo, riempendo velocemente gli otri e tornando al campo; mi chiesi se fosse stata una buona idea accendere il fuoco... Ma tanto non ci sarei riuscita comunque; così mi misi ad aspettare Endymion, posando gli otri vicino alla mia tenda e cominciando a ordinare le poche cose che mi ero portata dietro. Ripresi nuovamente il libro che mi portavo sempre appresso, sfogliando le prime pagine, e leggendo delle gesta dell'eroe Nogare, un essere metà angelo e metà umano, con una forza superiore a quelli degli altri suoi coetanei. Quando mi ritrovai a leggere che, l'eroe, avrebbe dovuto sconfiggere una bestia malvagia, una minaccia per l'allora nascente Evesaje, mi resi conto che una pagina era stata strappata via: aggrontai la fronte, cercando di leggere quel poco che rimaneva; ma soltanto la prima sillaba del nome del mostro, "le", era l'unica parte leggibile. Mi domandai perchè qualcuno avesse dovuto strappare via proprio quel pezzo, per poi passare a chiedermi se mancavano anche altre pagine: in fondo, era un libro piuttosto antico, e chi lo aveva avuto prima di me, evidentemente non lo aveva tenuto molto bene. A un tratto chiusi il libro, come annoiata dalla lettura; ma invece avevo sentito un fruscio, e non potevo ignorarlo. Uscii dalla tenda, tenendo la mano sinistra sull'elsa di Arivind; se un mostro si fosse fatto vedere, sapevo cosa avrei dovuto fare. Sentii nuovamente il rumore, come un fruscio, e cominciai ad avvicinarmi al cespuglio dal quale proveniva, sempre con la lama davanti al corpo, come a proteggermi: appena mi fui avvicinata, menai un fendente verso l'ammasso di foglie, quel tanto che bastava per smuovere qualsiasi cosa vi fosse al suo interno. E in effetti qualcosa successe; prima ancora di sapere cosa fosse, mi spostai con un salto laterale; ma la testa mi girò improvvisamente, e dovetti aggrapparmi al ramo di un albero lì vicino per non cadere. Se quello fosse stato un vero nemico, probabilmente avrebbe approfittato di quell'attimo di debolezza; ma quello non era un nemico... Bensì un coniglietto, che probabilmente si era allontanato troppo dalla sua famiglia. Turbata, rinfoderai Arivind, fissando l'animaletto; quello, alla mia vista, si esibì in uno squittio spaventato, per poi fuggire a gambe levate. Mi chiesi cosa fosse stato, per poi fare spallucce e tornare vicino alla mia tenda, sbadigliando e tornando a leggere il libro.



    Edited by «Anhÿlia; - 14/2/2014, 22:15
     
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    Il mio gesto era stato unm pò troppo avventato; mi ero ripromesso di starle lontano e ora recitavo la parte del ragazzo preoccupato, avvicinandomi pericolosamente alla sua fronte. Furono infatti le sue piccole mani, che strinsero la mia delicatametne a ricordarmi che dovevo stare al mio posto, così, una volta che ci separammo, mi allontanai di qualche metro. Mi disse che stava bene e non dovevo allarmarmi, per quanto la cosa mi convincesse poco e si avviò a prendere il necessario per montare le tende - Non ho bisogno di riposo.... E non sono così debole da non saper neanche montare una tenda da sola. - mi disse quasi altezzosamente cominciando poi il suo operato e ripulendo l'area su cui avrebbe montato il tutto. Rimasi a fissarla per qualche secondo, divertito dal suo modo testardo di dimostrarmi che poteva farcela benissimo a sola, venendo poi smentita dal disastro che combinò subito dopo. Alla fine, però, dopo svariati tentativi, riuscii a metter su una discreta tenda, modesta per passarci una notte e a quel punto decisi di dileguarmi per poter iniziare a procacciar del cibo. Mi avviai all'interno del bosco, sempre più in profondità finchè non fui certo di essere lontano da occhi indiscreti, sopratutto quelli di Anhylia, per poi iniziare a spogliarmi; dovevo trasformarmi in lupo. Quel tipo di magia era molto rara per un mago bianco, anche per un serenita, per questo Moniris mi aveva raccomandato di non mostrarla tanto liberamente a qualcuno e, per quanto mi fidassi di Anhylia, volli ascoltare il suo consiglio anche per celare tutta la mia storia e il mio passato da lupo che tentavo di scordare.
    Una volta che fui nelle mie sembianze animali per prima cosa annusai l'aria per cercare una traccia da seguire, mentre con le orecchie stavo attento ad ogni minimo rumore che mi avrebbe aiutato a capire se c'era qualche minaccia nei paraggi. Rimasi ad annusare per qualche minuto buono prima di trovare la mia preda, una lepre adulto di quasi sette kili, ottima per una buona cena senza avanzi e sprechi. Seguii cautamente le sue tracce senza farmi sentire, per poi nascondermi dietro un cespuglio, osservandolo mentre si abbeverava in un ruscello e preparandomi allo scatto finale. Quando mi sentii pronto ad attaccare, uscii velocemente dal cespuglio puntando dritto dritto alal gola dell'animale che si era già accorto di me e aveva inziato a fuggire. Era veloce, certo, ma io avevo alle spalle anni e anni di esperienza, così, dopo qualche minuto, riuscii a catturarlo e ad ucciderlo. Una volta completato il mio operato, annusai di nuovo l'aria per sentire se c'erano altri predatori pronti a rubarmi la preda, ma non fiutai nessuno, perciò tornai alla mia forma umana e mi diressi verso il punto in cui avevo lasciato i vestiti. Mi rivestii velocemente, senza badare troppo all'aspetto e tenendo la lepre intorno al collo. Quando finalmente tornai all'accampamento, trovai Anhylia intenta a leggere il suo libro tanto che non si accorse nemmeno del mio arrivo -Ecco qua la nostra cena..- dissi buttando la lepre a terra e apprestandomi ad accendere un fuoco per cucinarla e a prendere un coltello per ripulirla -Ti conisglio di non guardare, non è mai uno spettacolo piacevole- dissi poi conficcando l'arma nel ventre della lepre esanime macchiandomi anche di sangue nel viso. Mi ripulii con il dorso della mano, pensando che fosse un bene che Anhylia scorgesse quel lato selvaggio di me, visto che era il modo in cui avevo vissuto sino ad allora e che magari, in questo modo, si sarebbe finalmente resa conto che ero cambiato e diventato qualcosa di più oscuro di quell'ingenuo bambino di otto anni che tanto amava.

     
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    Anhylia Nogare
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    Mi chiedevo ancora perchè avevo reagito così; in fondo, in quella foresta non c'erano altro che piccoli animali... O forse ero io che cercavo di convincermi di quell'ipotesi. Nonostante tutto, non avevo ancora mollato la presa sull'elsa di Arivind; non riuscivo proprio a stare tranquilla. Forse era perchè ormai era scesa la sera, forse perchè era la prima volta che uscivo dall'Accademia, un luogo che ormai consideravo come una "casa". Neanche il convento era riuscito a darmi un senso di familiarità come sapeva fare quell'istituto: le ore di studio non mi dispiacevano, e avevo comunque l'occasione di ripagare i servizi offerti dalla scuola lavorando in missione per conto loro. Ma poi, cosa avrei fatto? Non sarei potuta rimanere a Aninthea per sempre, lo sapevo. Decisi che non dovevo pensarci in quel momento; sicuramente avrei trovato la mia strada, prima o poi... Da lì, grazie ai numerosi registri e libri che l'Accademia teneva, sicuramente sarei riuscita a scoprire qualcosa di più sia sul mio passato che su Amelia; bastava soltanto cercare. Decisi che, una volta tornata in Accademia, avrei provato a fare qualche ricerca. Un rumore di passi mi distolse dai miei pensieri, seguito da un tonfo; così mi sporsi un po', giusto in tempo per vedere Endymion estrarre un coltello e avvicinarsi alla preda da lui recuperata, una lepre piuttosto in carne. Aveva i capelli arruffati, come se avesse appena corso, e sembrava essersi rimesso i vestiti in fretta; inoltre, avvicinandomi alla lepre, scoprii che riportava segni di un morso vicino alla giugolare, il che era piuttosto strano. Che quella fosse stata la preda di un altro animale, e lui avesse soltanto dovuto recuperarla? Decisi di non fare domande; lo avrei soltanto distratto dal lavoro e, probabilmente, innervosito. -Ti conisglio di non guardare, non è mai uno spettacolo piacevole- disse lui, affondando il coltello nello stomaco dell'animale. Non battei occhio quando il sangue gli finì anche in faccia, nè quando continuò a sventrare l'animale; il sangue non mi era certo cosa nuova. Ne avevo visto così tanto, durante l'assassinio di Menulia, che ormai non mi stupivo più di niente. - Un giorno dovrò imparare da sola a sventrare un animale, no? - replicai, impassibile. Era vero: non avrei potuto contare sempre sull'aiuto degli altri. Anche per sopravvivere in una missione del genere, avrei comunque dovuto imparare almeno le cose basiliari: se non sapevo neanche procurarmi da mangiare, non sarei andata molto lontana. Mentre Endymion ripuliva l'animale, io presi uno degli otri d'acqua, riversando il contenuto in un ciotolo di ferro; dopodichè, posizionai due bastoni sopra il fuoco, in modo che reggessero il pentolino. Misi a bollire l'acqua, gettandoci dentro anche un pugno di sale, in modo che la carne risultasse più saporita. Mi chiesi se non fosse il caso di cercare qualche erba, in modo da dare ancora più sapore al tutto; ma in fondo, la mia conoscenza sulle erbe non era poi vastissima, e non volevo rischiare di prenderne una velenosa. Così mi limitai a osservare Endymion, che intanto stava ancora ripulendo le viscere dell'animale: il sangue schizzava ovunque, macchiandogli i vestiti e anche l'erba lì accanto. Probabilmente, se fossi stata più piccola, avrei chiuso gli occhi, aspettando che tutto fosse finito; ma non riuscivo a fare a meno di distogliere lo sguardo da quello spettacolo macabro. Per qualche strana ragione, nonostante mi ricordasse ciò che era successo a Menulia in modo fin troppo vivido, era in qualche modo ipnotizzante; ma forse era soltanto perchè era Endymion che stava compiendo quel lavoro, che non riuscivo a provare ribrezzo o paura. Sembrava volermi farmi capire, con la decisione dei suoi gesti e la serietà nello sguardo, che era cambiato, che non era più rimasto lo stesso di molti anni prima. Ma quello avevo potuto intuirlo la volta prima che ci eravamo incontrati; e anche quella prima. Eppure, mi ostinavo comunque a credere che dentro di lui fosse rimasto l'Endymion di una volta, quello che conoscevo e a cui mi ero affezionata. E inevitabilmente, continuavo a sperare che ci fosse ancora... Neanche io ero riuscita a cancellare appieno i ricordi e la me stessa del passato: anzi, ogni minuto che passavo in sua compagnia, mi convinceva del contrario. Come poteva essere riuscito lui? Mi strinsi le ginocchia al petto, continuando a fissare prima Endymion, poi la lepre che ormai era quasi stata sventrata del tutto. Probabilmente ero io che mi stavo scervellando, cercando di trovare un modo per non farlo scomparire di nuovo; ma in fondo, non sembravano esserci. Dovevo soltanto mollare? Non l'avrei mai accettato. All'improvviso, sentii un rimbombo provenire da dietro di me, e scattai subito in piedi, in allerta. Cos'era stato? Quel rumore cupo e profondo poteva essere soltanto un animale che si stava avvicinando, e sembrava essere anche parecchio infuriato, a giudicare dall'intensità del suono. Feci per sguainare Arivind, quando il suono si ripetè, in contemporanea a un senso di fame che mi attanagliava lo stomaco; no... Non era un animale. Ero io! Non mi ero ancora minimamente accorta di avere tutta quella fame; avevo passato la giornata a pensare a altre cose, senza curarmi minimamente delle mie condizioni. Arrossii un po' e mi risedetti, cominciando a sfogliare il libro per cercare di far passare l'imbarazzo che provavo in quel momento.



    Edited by «Anhÿlia; - 14/2/2014, 22:13
     
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    Anhylia non sembrò turbarsi più di tanto del mio operato, anzi, rimase ad osservarmi per un bel pò senza proferir parola, quasi interessata a quel macabro spettacolo - Un giorno dovrò imparare da sola a sventrare un animale, no? - mi disse con tutta sicurezza, come se volesse convincermi che poteva benissimo cavarsela da sola e, sebbene io rimanevo convinto di tutt'altro, trovavo adorabile il suo modo insistente di rinfacciarmelo come se dovesse convincere non tanto me, ma sopratutto se stessa. Dopo qualche istante si alzò e si diresse verso il fuoco prendendo un pentolino di ferro e buttandoci dell'acqua appena raccolta. Io la guardai stranito, non capendo cosa avesse intenzione di fare, finchè non intuii che il suo era un modo per aiutarmi a prepare la cena -A meno che tu non voglia preparare un brodo o una zuppa, quell'acqua non ci servirà a molto- le dissi sarcastico, mentre finivo di ripulire l'animale. Mi avvicinai poi all'acqua appena messa sul fuoco e ci infilai le mani insanguinate per pulirmele al meglio; perlomeno così l'acqua non andava sprecata. Quando ebbi finito e le mie mani erano tornate del colore della mia pelle, presi il pentolino e ne rovescai il contenuto a terra riponendolo poi nella borsa di Anhylia. Presi poi due bastonici, i più resistente che trovai, e ci infilai la carne da cuocere facendo attenzione che non si sgretolasse o ci fosse il rischio di farla cadere nel fuoco. Dopodichè ne porsi uno ad Anhylia che, a giudicare dal brontolio del suo stomaco, era molto affamata.
    -Vedrai, un bel pò di selvaggina è quello che ti ci vuole e domani partiremo al pieno delle forze...- dissi mentre tenevo alto il mio bastoncino in attesa che la carne cuocesse per bene. Mentre osservavo il fuoco in silenzio, ripensai a come tutta quella situazione un tempo mi avrebbe mandato in un brodo di giuggiole, passare giorni e notti solo con Anhylia era sicuramente uno dei miei sogni più grandi di quando ero bambino, ma adesso provavo solo un forte disagio. Un disagio dettato dai miei sentimenti per lei ancora vivi che animavano il mio corpo, sentimenti che dovevo controllare a tutti i costi e che, invece, il destino si ostinava a risbattermi in faccia ogni volta che ne prendevo le distanze.
    Finii di mangiare in silenzio, senza aver rivolto nè parola nè sguardo ad Anhylia, fedele alla promessa che le avevo fatto appena usciti dall'accademia, e mi alzai per dirigermi nella tenda -Io ora vado a dormire e dovresti farlo anche tu, domani ci alziamo alle prime luci dell'alba- dissi fermandomi un attimo davanti l'entrata, dandole sempre le spalle e voltando leggermente la testa -per qualsiasi cosa, vieni pure da me..- aggiunsi poi con un pizzico di malizia, anche se mi riferivo sopratutto ad eventuali pericoli notturni. Mi coricai sfinito a pancia in giù ed ebbi solo il tempo di tirarmi su le coperte per poi sprofondare in un sonno profondo, con l'immagine di Anhylia seduta attorno al fuoco ancora impressa nella mente.



    Edited by Selëne - 13/2/2014, 23:25
     
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    Anhylia Nogare
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    -A meno che tu non voglia preparare un brodo o una zuppa, quell'acqua non ci servirà a molto- disse Endymion sarcastico, riferendosi alll'acqua che avevo appena messo a bollire. Mi morsi l'interno della guancia, imbarazzata, mentre lui svuotava il pentolino e si lavava le mani con l'acqua. Non ero mai stata brava in cucina: quell'ennesimo fallimento ne era la prova evidente. In effetti, era andata bene che non fosse esploso tutto.... Non avrei mai dovuto toccare gli strumenti culinari; ero un vero e proprio disastro ai fornelli, e riuscivo a toppare anche la cosa più semplice. Non avrei mai imparato... Mi vidi arrivare un bastoncino sotto il naso, ripieno di carne ancora cruda, e un po' stupita, lo afferrai. Era stato Endymion a porgermelo, e come fece lui poco dopo, lo avvicinai al fuoco, per far si che la carne si dorasse ben bene. Non sapevo quanto doveva stare sul fuoco, quindi ogni tanto gli davo un morso, e quando sembrò abbastanza cotta, cominciai a mangiare. Evitavo accuratamente di guardare Endymion: l'imbarazzo era ancora piuttosto vivido, e quella situazione... Mi ricordava l'incontro avvenuto in serra. Quella volta, però, non sarei potuta scappare come avevo fatto pochi giorni prima... -Io ora vado a dormire e dovresti farlo anche tu, domani ci alziamo alle prime luci dell'alba- disse Endymion, dirigendosi verso la sua tenda. Si fermò un attimo sull'entrata, come se volesse aggiungere qualcosa; poi mi disse che se ci fossero stati problemi, sarei potuta andare da lui senza farmi problemi. Non risposi, continuando a mangiare la mia cena; nonostante la fame che provavo fino a poco prima, improvvisamente sentivo che non sarei riuscita a finire tutto. - Buonanotte... - mormorai, rotolando lo spiedino tra le mani, fissandolo con aria assente. Se prima mi sentivo agitata, in realtà non riuscivo a non essere felice di quel caso; avrei potuto passare più tempo con Endymion, anche se sapevo che prima che potesse dirmi cosa lo avesse fatto cambiare così tanto sarebbe passato del tempo. Del resto, neanche io accennavo al mio passato: era un tacito accordo, che però sembrava funzionare. Ma in fondo, non mi premeva saperlo e non era una delle cose più importanti al momento. Dovevamo pensare a arrivare nell'Iylisse sani e salvi, prima di tutto; poi, la missione avrebbe occupato tutto il resto del tempo. E non avrei lasciato che i sentimenti si sarebbero messi in mezzo; ero riuscita a reprimerli per molti anni, non ci voleva niente a continuare ancora così. E allora perchè stavo fissando l'entrata della tenda di Endymion, chiedendomi se non avrei fatto meglio a dormire con lui? - Basta... - pensai, stiracchiandomi e prendendo di nuovo il libro, - non è questo il momento di pensare a certe cose... -. Rimasi un po' a leggere, in allerta; avevo deciso che sarei rimasta a leggere un po', e intanto, mi guardavo attorno, come a voler proteggere l'accampamento dagli eventuali pericoli. Tanto sapevo che anche se avrei provato a prender sonno, non ci sarei riuscita: era inutile dannarsi. Ormai i sogni e gli eventi del passato mi venivano a trovare proprio la notte: avevo sempre combattuto quei fantasmi restando sveglia, e non ne avevo mai risentito. Passò qualche ora, ma il sonno non accennava a volermi sorprendere. La luna era alta nel cielo, oscurata da qualche nuvola; conferiva a quel paesaggio un'aria cupa ma rilassante, inondando la terra con i suoi raggi. Sentii un venticello soffiare sulla pelle, scompigliandomi le ciocche; dunque, decisi di levarmi la coroncina, sciogliendo così anche i capelli. Tanto ormai non serviva più quello stratagemma: stavo cominciando a convincermi che la nottata sarebbe passata in tranquillità. - E'tardi... - pensai, alzandomi e dirigendomi verso la mia tenda, - ormai non ci dovrebbe essere più nessuno... -. Raccolsi il libro e gettai le braci sul fuoco, così da spegnerlo: saremmo stati un po' più al freddo, ma almeno qualche nemico ci avrebbe messo più tempo a individuare la nostra posizione. Sollevai un lembo della tenda, entrando poi nel piccolo spazio che offriva; sistemai tutte le mie cose al loro posto, così, l'indomani, sarei stata pronta per partire. Slacciai il fodero dalla schiena e lo sfilai dalla cintura, stendendomi sulla brandina senza neanche levarmi gli stivali, abbracciata alla mia Arivind. In quel modo non ci sarebbero stati problemi per un eventuale aggressione: avrei potuto combattere benissimo. Prima di addormentarmi, ripensai a quanto successo negli ultimi giorni: ma prima che potessi mettere ordine tra i miei pensieri, sentii le palpebre chiudersi, e il sonno mi avvolse.

     
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    Non so quante ore passarono prima che mi svegliai, il mio sonno era stato così profondo e rigenerativo che mi svegliai spontaneamente e in pieno delle mie forze. Uscii dalla tenda, ma notai che era ancora scuro, l'alba tardava a giungere, ma si riuscivano già a sentire i primi canti degli uccelli mattutini. Mi sitracchiai un pò, mentre decidevo cosa fare, per poi dirigermi furtivamente davanti alla tenda di Anhylia, curioso di sapere se stesse dormendo o meno. Cercai di fare il meno rumore possibile, smisi persino di respirare per poter sentire il suo ispirare ed espirare così tranquillo e beato nel suo sonno. Spostai delicatamente il lembo della tenda per poterla osservare meglio e la trovai immersa nel mondo dei sogni in una visione idilliaca; i capelli lunghi e cerulei erano sparsi su tutto il giaciglio, addornandolo, mentre il suo corpo, steso in posizione fetale, appariva timidamente tra il tessuto dell'armatura scomoda e mascolina con cui era persino andata a dormire. Rimasi ad osservarla per qualche minuto, facendomi forza per trattenermi dal sedermici accanto e accarezzarle il viso o baciarla, per poi rilasciare il lembo e tornare davanti al focolare, ormai spento. Visto che era molto presto, optai per andare a rinfrescarmi giù al fiume, in modo da partire fresco e informa. Arrivai alla riva dopo qualche istante ed iniziai a spogliarmi mentre contnuava guadarmi intorno per scrutare bene la zone; evidentemente quel piccolo bosco non era terra di nessuno e non ci viveva nessuno forchè piccoli animali innocui. Lasciai i miei indumenti per terra mentre con un piede testavo la temperatura dell'acqua, ancora molto fredda per la notte appena passata. Feci un bel respiro e mi buttai di colpo, senza pensarci troppo, sicuro che mi sarei abituato all'acqua gelida dopo pochi minuti. Nuotai su e giù finchè la temperatura del mio corpo non si adattò a quella dell'acqua, per poi lasciarmi andare a mollo, condendomi quella sensazione di leggerezza. Rimasi ad osservare il cielo mentre si schiariva piano piano, mentre nella mia mente tornavano ad annidarsi ricordi scomodi e pensieri inopportuni; molte volte io e i miei fratelli andavamo a divertirci vicino al fiume di famiglia, anche quando non sapevo ancora nuotare e mi toccava rimanermene a riva, mentre Selene mi teneva compagnia leggendomi un libro. Ricordi decisamente scomodi che come lampi a ciel sereno invadevano i miei pensieri anche e sopratutto quando questi non erano desiderati. Una volta che mi fui pulito e rinfrescato per bene, uscii dall'acqua e iniziai a cercare delle bacche per poter far colazione, fin tanto che non mi fossi asciugato. Per fortuna era la stagione delle fragole, così mi addentrai di qualche metro nel bosco finchè non ne individuai un cespuglio. Le presi tutte, anche quelle verdognole che feci maturare con la mia magia, e le raccolsi in una grande e larga foglia che trovai sotto ad un acero lì vicino. Quando ebbi finito di raccoglierle tutte tornai verso il fiume e mi rivestii, pronto per tornare all'accampamento.
    Poggiai le fragole raccolte vicino alle ceneri del fuoco spento e mi sedetti iniziando a mangiarne alcune, aspettando che Anhylia si svegliasse.

     
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    Anhylia Nogare
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    Una bambina giocava con un rametto, facendo finta di avere un nemico davanti a sè: nonostante la tenera età, si muoveva con agilità, come se fin da quando era nata le avessero impartito le lezioni basiliari di combattimento. Nonostante una tecnica già consolidata, però, la bambina continuava a fare errori elementari; ma in fondo era comprensibile, dati i pochi anni. Combatteva con un manichino fatto di pezza, cucito su entrambi i bordi; si poteva ancora vedere la faccia approssimata che la bambina ci aveva disegnato sopra, con un pennarello nero. Ogni tanto si perdeva a fissare quella figura, perdendosi nei ricordi e chiedendosi quando sarebbe tornata sua sorella; infatti, ormai la bambina se ne stava chiusa in casa a aspettare il suo ritorno, leggendo qualche libro o uscendo di nascosto per incontrarsi con le sue amiche. Ma faceva tutto ciò in modo estremamente cauto; infatti, oltre a Selene e Zalya, la ragazzina non era ben vista dai ragazzini della sua età: anzi, molto spesso questi le lanciavano pietre e sassi, convinti che la sua venuta portasse solo disgrazie. In realtà, forse, era perchè lei viveva soltanto con sua sorella, mentre quei bambini erano amati dai loro genitori; un calore e un affetto che la bambina non aveva mai provato. E non era neanche convinta di meritarselo... In fondo, perchè altrimenti sua madre era scomparsa poco dopo la sua nascita, mentre suo padre non sembrava neanche riconoscerla come figlia? Il bastone scappò dalle mani della bambina, rimbalzando sul manichino e spezzandosi in due; ma la ragazzina non sembrò curarsene, anzi, sembrava più preoccupata per le sorti del manichino. Fece il giro del palo su cui era infisso il pupazzetto, cercando la "ferita"; un comportamento piuttosto infantile, ma in fondo non sapeva che altro fare. Era seriamente convinta che lo scontro con il pezzetto di legno avesse potuto ferire il pupazzetto. Ma quando si fu accertata che il manichino non riportava alcun danno, la bambina lasciò perdere, ritenendosi soddisfatta dell'allenamento di quel giorno. Si mise a sedere in terra, prendendo il libro abbandonato poco prima e cominciando a sfogliarlo. Aveva ancora qualche difficoltà a leggere, ma imparava in fretta; ormai divorava frasi su frasi, nonostante ogni tanto si dovesse fermare a rileggere le parole più volte per capirne il significato, dato che la bambina era ancora piuttosta piccola. - Hey c'è la bimbetta dell'altro giorno! - la voce di un ragazzetto più grande della bambina le fece sollevare lo sguardo; giusto per individuare un gruppetto di bambini proprio poco lontano da casa sua, che la fissavano con arroganza. - Hey, tu! Non c'è tua sorella a proteggerti adesso, vero? Vai a chiamare la mamma su! - continuavano quelli. Anhylia si alzò dal giardino, non capendo cosa dovesse fare: era completamente sola, in quel momento. Abbracciò il libro, tenendolo davanti a sè a mo' di scudo. - A... Andatevene! - disse soltanto, impaurita; quei tizi le stavano antipatici, dato che non facevano altro che prenderla in giro dal giorno alla notte. Alla bambina tremavano le gambe, e prima che quelli potessero rispondere, fuggì dietro la porta lasciata aperta, chiudendola giusto in tempo per evitare che un sasso le si schiantasse sulla faccia. Girò la chiave della porta che conduceva al cortile per sicurezza, in modo che anche se i bambini avessero scavalcato la staccionata, non sarebbero potuti entrare. Si accucciò davanti alla porta, tremante e con le mani sulla testa, finchè non si accorse che se ne erano andati. Quindi, rassicurata, si alzò dal proprio nascondiglio: poggiò il libro sul tavolo, arrampicandosi sulla sedia e sospirando, per poi tornare a riprendere a leggere dal punto in cui si era interrotta. Ma proprio in quel momento, la porta si aprì, e una figura, armata fin dalla testa ai piedi, entrò nella casa. I lunghi capelli castani della ragazza appena entrata le ricadevano sulle spalle, sporchi di sangue e di fango; gli occhi rosa scuro, con tonalità delicate e ricolmi di dolore, si illuminarono alla vista della bambina. Slacciò il fodero contente Arivind dai fianchi, poggiandolo su un tavolino vicino all'entrata, per poi slacciare anche il mantello rosso scuro e riporlo nel solito luogo. Dopodichè si avvicinò alla bambina, prendendola in braccio e abbracciandola. - Hey Anh! Passata una bella giornata? - chiese dolcemente, mettendosi a sedere e recuperando un pettine, sistemando così i capelli della bambina, che le arrivavano alle spalle, in quel momento. Le sembravano troppo lunghi: decise che il giorno dopo glieli avrebbe tagliati. Anhylia non fece caso alla preoccupazione che sembrava turbare la sorella maggiore, raccontandole per filo e per segno ciò che era successo quel giorno, tacendo però sull'inconto avuto con quei ragazzetti arroganti. Quando ebbe finito di parlare, la ragazza ridacchiò un po', accarezzando la testa della piccola e ponendovi sopra un bacio. - Ahahah... La tua è stata una giornata più felice della mia, a quanto pare... - disse con un sorriso, sfilandosi il cerchietto che portava in testa e pulendolo con un lembo dell'armatura che portava addosso; poi lo mise sul capo di Anhylia, sistemandole anche qualche ciuffo ribelle. - Questa coroncina appartenne a un uomo valoroso e di buon cuore... La regalò a me molti anni fa. Conservala per me, Anhylia... Perchè io non so se e quando tornerò... - disse, pronunciando le ultime parole in tono così flebile che a malapena si potevano sentire. La bambina sembrò comunque capirle, perchè abbracciò la ragazza e le diede un bacio sulla guancia, tenendola stretta a sè. - Ma... Sorellona tu tornerai vero? Non lasciarmi anche tu... - disse, rivolgendo lo sguardo verso il terreno. Forse fu un bene che in quel momento non guardasse il volto ferito di Amelia, che negli ultimi tempi pareva aver perso la sua allegria e felicità: ormai erano rare le volte in cui sorrideva. Per non far preoccupare la bambina, le scompigliò affettuosamente i capelli, facendola scendere dalle proprie ginocchia e accompagnandola in camera sua. - Non ti preoccupare... Comunque vada, sarò sempre.... Sempre al tuo fianco. Adesso dormi... E'tardi. - disse, dandole un bacio sulla fronte e rimboccandole le coperte, mentre Anhylia si infilava nel letto. Spense con un soffio la candela che portava luce nella stanza, mentre la bambina già dormiva, abbracciata a quella coroncina che, nel giro di qualche minuto, aveva già assunto un valore per lei ineguagliabile.

    Mi svegliai di soprassalto, nella stessa identica posizione in cui mi ero svegliata. Quello, se relazionato a tutti gli altri ricordi che avevo, era uno dei più felici; e allora perchè sentivo scorrermi le lacrime lungo le guancie? Deglutii, chiudendo gli occhi e abbracciandomi sempre di più a Arivind, senza nessuna voglia di alzarmi e affrontare un'altro giorno. Non ce la facevo; ma più restavo in quella situazione... E più avrei ricordato cose che era meglio tenere nascoste nel profondo del mio cuore. Eppure, nonostante i ricordi di mia sorella fossero quelli che mi ferivano di più, erano anche quelli che tentavo di non lasciar svanire: e invece, più cercavo di trattenere i dettagli di quelle memorie, più quelle scivolavano via, come se fossero stati granelli di sabbia tra le mie mani. Era una cosa ancora più dolorosa della perdita stessa; non sapevo neanche come, quando o dove fosse morta mia sorella, e dimenticarla così... Era un brutto colpo. - Amelia... Sei qui...? - chiesi, senza rivolgermi a qualcuno di preciso; avevo soltanto bisogno di un segno, qualcosa che mi facesse capire che lei era ancora con me. Un qualcosa che non sembrava voler arrivare, a nessun costo. Un po' fui delusa da quella assenza di reazioni; e più ci pensavo, più mi convincevo che avevo perso tutti... Proprio tutti; soltanto Zalya e Selene erano ancora a sostenermi, soltanto su di loro potevo ancora fare affidamento. - E Endymion? - mi chiesi, voltandomi sull'altro lato e fissando l'oscurità. - Posso fidarmi anche di lui? -. Speravo di si; in fondo, io... Lo consideravo ancora mio amico, se non qualcosa di più. Ma pr il momento, avrei fatto meglio a tenermi tutti i pensieri e le parole per me; in fondo avevo imparato a fidarmi più delle mie deduzioni che di quelle degli altri, e ormai niente faceva più la differenza. Potevo prendere decisioni che riguardavano soltanto me stessa soltanto grazie alle mie capacità; ero fermamente convinta che ogni mio problema avrei dovuto risolverlo da sola.
    Sospirai, sollevandomi a sedere, facendo forza con un braccio; sbadigliai un po', stanca, alzandomi per sgranchirmi le membra. Mi sistemai i vestiti, sgualciti per la dormita, per poi pettinare i capelli e raccoglierli nuovamente in quel modo che li faceva apparire più corti, fissandoli con la coroncina. La luce del sole sorgente riflettè per un attimo sulla superficie del metallo, mandandomi un lampo negli occhi. Odiavo quando succedeva così; eppure, già in passato avevo riconosciuto mia sorella proprio grazie a quel brillio sulla sua coroncina. In fondo, avere qualcosa che mi accumunasse a lei non poteva che rendermi felice. Pensai alla singolarità del mio ogno; mi aspettavo che non sarei riuscita a chiudere occhio tutta la notte, o a dover star sveglia a causa della mia insonnia: in fondo, dopo la morte di Amelia, erano state più di una le notti passate in bianco, a causa dei troppi pensieri che mi affollavano la mente e che non mi liberavano neanche durante il periodo di sonno. I fantasmi che mi portavo dietro durante il giorno si facevano vivi anche nei miei sogni, e anzi, lì sembravano ancora più forti; era ormai un dato di fatto che non riuscissi a dormire quasi mai, ed era diventata una cosa normale, per me. Eppure, quella notte riuscii a fare un sonno ristoratore, svegliandomi soltanto due o tre volte e riaddormentandomi subito dopo; non mi succedeva di dormire così a lungo da molti anni. Che fosse perchè la presenza di Endymion mi rassicurasse? No... Era fin troppo infantile. Raccolsi le mie borse, sistemai gli ultimi oggetti e svuotai la tenda; ma ancora mi decisi a non smontarla. Non era ancora il momento. Sollevai un lembo della tenda, per poi uscire dalla strutturra e poggiare le borse vicino a Cadoc: le avrei legate sul dorso dell'animale più tardi. Mormorai un "buongiorno a Endymion", per poi avviarmi verso il fiume e sciacquarmi il viso con l'acqua fresca. Svegliata del tutto, tornai all'accampamento, notando che il ragazzo, probabilmente, aveva raccolto quella che doveva essere la nostra colazione; fragole fresche e mature al punto giusto, invitanti sia all'aspetto che all'olfatto. Nonostante avessi mangiato anche la sera prima, la fame cominciava nuovamente a farsi sentire; così, mi avvicinai al ragazzo, sedendomi accanto a lui e allungando una mano su una fragola, mangiandola con calma. Era dolcissima; buona proprio come mi era apparsa a prima vista. Continuai anche a mangiarne delle altre, guardando ogni tanto Endymion di sottecchi. Quando mi fui saziata, lo guardai negli occhi, incrociando le braccia sulle ginocchia, che mi ero portata vicino al petto. - Grazie... - dissi soltanto, alzandomi e lisciandomi le pieghe degli abiti. Poi tornai verso Cadoc, allacciando le borse e gli otri sul suo dorso; controllai le redini e le giumenta, così da controllarne la stabilità e la sicurezza dei nodi. Sembrava tutto a posto. Bene: così, al momento della partenza, sarei stata pronta.

     
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  13. Selëne
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    Endymion Menulis
    Classe: Mago Bianco Razza: Umano Numero Stanza:104 Fama: 13 Affinità: 80 (Anhylia)

    Ruolata

    Dopo qualche istante Anhylia uscii dalla sua tenda e si sedette vicino la porzione di fragole che le avevo lasciato adagiate sulla foglia d'acero. Aveva gli occhi leggermente arrossati, come di chi aveva appena smesso di piangere, e la cosa mi insospettì; non mi era sembrato di averla vista in quello stato quando feci capolino nella sua tenda, anzi, credevo stesse dormendo beatamente, ma a quanto pare mi sbagliavo. Che fosse stato un incubo? Infondo anche io ne facevo parecchi sin dalla mia tenera età, tutti simili tra loro, che rimarcavano nettemente la separazione dolorosa con i miei familiari e le mia illusoria morte; gli occhi disperati di ma mia sorella erano sempre l'ultima cosa che vedevo prima di addormentarmi. Esattamente come a cena, passammo in silenzio tutta la durata del pasto e dopo un fugace "Grazie", Anhylia si diresse verso Cadoc per sistemarlo a dovere in vista del viaggio. Mi rendevo conto che non potevamo passare l'intera missione ad ignorarci, specie se Anhylia mi faceva preoccupare in quel modo, ma sapevo che dovevo mantenere le distanze per il suo bene -Al diavolo..- pensai alzandomi e igurgitando l'ultima fragola rimasta, volevo sapere cosa le fosse accaduto, non per questo rischiavo di contraddire le mie parole di inizio viaggio, quindi non c'era nulla di male, o così volevo convincere me stesso.
    Mi avvicinai a lei, facendo finta di andare a sistemare Heise, ma sembrava che non mi avesse ancora notato, immersa com'era nel controllare le redini e i bagagli. Così mi misi dietro di lei e le posai delicatamente una mano sulla spalla, facendola poi voltare completamente verso di me. Non dissi niente, mi limitai ad osservare i suoi occhi ancora un pò gonfi e arrossati, un vero spreco per quel suo bel visino. Aprii lentamente la bocca, come per dir qualcosa, e in effetti ero sul punto di chiederle cosa la turbasse, ma frenai la lingua e abbassai lo sguardo tornando poi al mio posto. Non volevo illuderla, il fatto che mi preoccupassi per lei era ancora un segno di affetto frutto dei bei momenti passati insieme da bambini, sentimenti che stavo tentando di cancellare con tutto me stesso, per questo non poteva e non doveva credere che fossi in qualche modo ancora attaccato a lei -Hai gli occhi arrossati..- dissi mentre sistemavo le redini ad Heise, senza rivolgerle lo sguardo -..spero non ti intralceranno durante il viaggio- aggiunsi poi freddo salendo in sella. Dovevamo partire presto se volevamo arrivare in tempo al villaggio, anche se il viaggio sarebbe stato più facile questa volta; avremmo dovuto seguire il fiume fino alla sua foce e poi viaggiare lungo la costa del mare finchè non avremmo avvistato Istana, unica città portuale in zona.
    -Direi che possiamo partire, appena sali in groppa, partiamo a galoppo..- Legai nuovamente Cadoc ad Heise, fin tanto che eravamo nel bosco era meglio rimanere uniti, e aspettai che Anhylia montasse in sella.

     
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    she/her

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    Anhylia Nogare
    Classe: Spadaccina Razza: Umana Numero Stanza: 101 Fama: 13 Affinità: 80 (Endymion)

    Ruolata
    Avevo ormai finito di sistemare la sella; e allora perchè continuavo a restarmene ferma davanti a Cadoc, lisciandogli il pelo, come se non avessi altro da fare? Continuavo a ripensare al passato, quella parte di me che non ero mai riuscita a nascondere nè tantomeno eliminare. I ricordi mi assalivano come una tempesta, lasciandomi talvolta anche piuttosto sorpresa; se ci ripensavo, riuscivo a rammentare dettagli che non avevo colto la prima volta che avevo vissuto quegli eventi. Si, perchè ricordare era un verbo troppo superficiale; ogni volta che la mia mente si lasciava andare al passato, sentivo che una parte di me restava incastrata in quell'epoca che avevo maledetto per tanto tempo, odiandola ma pregando che ritornasse allo stesso tempo. Più di una volta mi ero chiesta cosa sarebbe successo se non fosse accaduto niente; era un po' strana come idea... Ma saremmo stati tutti più felici. O forse no? Cadoc nitrì imbazzirato, come se si fosse stancato delle mie attenzione. Scalpitava sul terreno, come se fosse ansioso di andare: in fondo era un cavallo con l'istinto per la corsa: tenerlo legato tutta la notte lo aveva soltanto sfiancato. Con la coda dell'occhio vidi Endymion avvicinarsi a Heise, e allora cominciai a disfare la tenda, per poi riporla nella borsa a bordo di Cadoc e slegare le redini dell'animale dal paletto su cui le avevo fissate. Fissai il terreno, ripensando a quanto era appena successo; sogni così non mi capitavano da una vita. Di solito ricordavo soltanto il momento della morte di mia sorella o il giorno dell'attacco a Menulia.... O anche qualche frammento di ricordi che non sapevo a quale momento della mia vita attribuire. Ricordavo soltanto un giardino riccamente decorato, e due bambini dai capelli blu giocare insieme... Ma non riuscivo a vedere il loro volto. Ormai non mi stupivo più per quei sogni: avevo imparato semplicemente a ignorarli, lasciandoli scorrere senza che mi danneggiassero troppo. Eppure, alcune volte, mi risvegliavo come quella mattinata; confusa e addolorata. Sperai che la cavalcata e l'inizio della missione sarebbero bastati a sgombrarmi la mente; ormai eravamo vicini a Istana, e presto avrei dovuto concentrarmi soltanto sulla missione. Sentii un tocco sulla spalla; rabbrividii, sorpresa, ma rendendomi conto che era Endymion. Non c'era nessun altro lì, e anche se non lo avevo sentito arrivare, non avevo dubbi che fosse lui. Il ragazzo mi fece girare verso di lui, per poi scrutarmi il viso. Smisi quasi di respirare, mentre lui mi fissava gli occhi; forse si stava soffermando sulle mie occhiaie, ma in qualche modo... Quello sguardo mi metteva a disagio. Sembrava che potesse scrutarmi nell'anima; così interruppi quasi immediatamente quel contatto, sbattendo più volte le palpebre e fissando il terreno. Riuscii comunque a capire che aveva provato a dirmi qualcosa, ma si stava di nuovo allontanando; per un stupido, folle secondo fui tentata di prendergli la mano e impedirgli di allontanarsi da me, ma mi fermai giusto in tempo, sistemando invece le redini di Cadoc. -Hai gli occhi arrossati..- mormorò Endymion, dandomi le spalle e sellando Heise. Smisi di prendermi cura di Cadoc, fissando la schiena del ragazzo: allora avevo ragione.... Si era preoccupato per me? O mi stavo soltanto montando la testa? -..spero non ti intralceranno durante il viaggio- aggiunse poi, salendo in sella e avvicinandosi a Cadoc per legarlo nuovamente dietro Heise. Fissai meglio la cintura che sosteneva Arivind, facendo scivolare le dita sul fodero, come per assicurarmi che fosse sempre li; poi mi aggrappai alle redini di Cadoc, montando in sella all'animale con agilità e infilando i piedi nelle staffe. - Sto bene. Non è niente che possa intralciare la missione... - dissi poi, srotolando nuovamente la mappa di Evesaje e fissando la meta. Sbuffai alla sola vista di tutta la strada che ancora dovevamo percorrere; se gli occhi non mi ingannavano, avremmo dovuto cavalcare ancora per molto tempo... E avremmo avvistato Istana soltanto al calar del sole, se procedevamo spediti e senza intoppi.

     
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  15. Selëne
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    endymion7_zps0c22dd4c

    Endymion Menulis
    Classe: Mago Bianco Razza: Umano Numero Stanza:104 Fama: 13 Affinità: 80 (Anhylia)

    Ruolata

    Non dovetti attendere molto prima che Anhylia mi desse l'autorizzazione a partire e, nel farlo, mi rassicurò, sempre in maniera distaccata e professionale, che non sarebbe stata un peso - Sto bene. Non è niente che possa intralciare la missione... - mi disse, senza che io riuscissi a captarne alcuna emozione. Nonostante tutto, Anhylia mi preoccupava, prima i malditesta, ora i pianti notturni, molto probabilmente dovuti ad incubi, non potevo ignorare tutto ciò e, peso o meno, lei non poteva certo affrontare una missione con tutti questi pensieri. Per il momento non dissi nulla e rimandai il tutto a quando saremmo arrivati ad Istana, nella locanda prenotata dall'Accademia, lì avremmo avuto modo di rilassarci un attimo e, se fosse stato necessario, avrei avuto modo di curarla con la supervisione di un medico.
    Partii al galoppo mentre, con una mano, tenevo semi aperta la mappa di Evesaje sul tratto che dovevamo percorrere; mancava poco al raggiungimento della foce, pertanto avremo trovato preso il mare ed era opportuno tenere le orecchie aperte per sentire il fruscio delle onde. Cadoc seguì fedelemente Heise, come da programma e, una volta usciti dalla foresta, lo slegai per permettere ai cavalli di godersi i loro spazi. Cavalcammo spediti e tranquilli per una mezz'oretta buona, prima di arrivare alla foce e, quindi, al mare. A confermare che la rotta fosse quella giusta furono due cartelli piazzati lì vicino, uno indicava Istana e l'altro l'Accademia. Mancavano ancora parecchi kilometri al raggiungimento di Istana, e infatti il nostro arrivo era previsto sul tardo pomeriggio, senza contare che potevamo incontrare qualsiasi intoppo per la strada. Osservai un attimo l'orizzonte, come se volessi in qualche modo prevedere cosa ci attendesse, per poi guardare un secondo Anhylia e assicurarmi che stesse bene.
    Dopo averla scrutata un pò in silenzio, ripresi a galoppare verso la direzione indicata dal cartello, sperando che il viaggio sarebbe andato tutto liscio. Mi godetti la brezza marina sulla mia pelle, l'odore salmastro che proveniva dalla costa scoscesa e il vento fresco tra i capelli. Notai anche, compiaciuto, che la natura era ancora molto rigogliosa e intrisa della sua rustica purezza, nonostante una parte di Evesaje, il regno di Vaenus, fosse ormai sotto il giogo delle forze malefiche tanto che anche il paesaggio lì cambio drasticamente. Mentre pensavo a come era necessario impedire a tutti i costi un inquinamento simile anch negli altri regni, soprattutto ora che erano decaduti, notai un enorme masso piazzato proprio in mezzo alla strada - Lo dicevo io che questo viaggio stava andando fin troppo bene...- dissi mentre rallentavo Heise per controllare meglio la situazione. Il masso proveniva dal piccolo avvallamento roccioso che affiancava un bosco lì vicino, forse per via di una frana o forse per mano dell'uomo, fatto sta che ora la via era sbarrata e non ci rimaneva altro che proseguire all'interno di quell'avvallamento roccioso, visto che di fianco avevamo la costa ripida e invalicabile -C'è un leggero cambio di rotta, se la mappa non mente, questo piccolo avvallamento dovrebbe allungare un pò la via, ma comunque conduce ad Istana- dissi ad Anhylia, spiegandole le mie intenzioni, per poi dirigermi all'interno. Precedetti cauto insieme ad Heise, temendo che anche il minimo rumore potesse causare una frana come quella che aveva trascinato il masso, e notai come quel luogo fosse incredibilmente silenzioso; non un uccello o un coyote, nemmeno un rumore di passi o di sassi che cadevano, era tutto troppo strano. Proprio mentre cominciavo a pensare che quello potesse essere il territorio di chissà quale entità malvagia, sentii un rumore sinistro provenire da dietro le montagne: qualcuno aveva appena scoccato una freccia. Ebbi solo il tempo di intercettarla con lo sguardo per poi, mettendo un piede sulla sella, scattare verso Anhylia, finendole addosso e prendendola fra le mie braccia. Cademmo a terra di peso, e cercai di attutire il colpo con la mia schiena continuando a tenere Anhylia stretta a me. Quando ci fummo rialzati, alzai immediatamente uno scudo protettivo sopra noi e i cavalli, cercando di respingere le frecce, che cominciavano ad aumentare di numero. Era chiaro che era stata una trappola fin dall'inizio; quel masso era stato messo lì appositamente per far deviare chiunque volesse accedere al villaggio -Lyla, lo scudo non resisterà a lungo, pertanto è bene rimontare subito in sella e galoppare velocissimi fino all'uscita di questo avvallamento. Devi galoppare più velocemente che puoi, senza mai fermarti o il rischio che ti colpiscano sarà molto alto- dissi mentre salivo su Heise e continuavo a trattenere lo scudo con una mano alzata. Ero in panico più che mai, e questo non mi succedeva da molto tempo tanto che non riuscivo proprio a spiegarmelo. Sapevo solo che Anhylia doveva uscirne immune, o non me lo sarei mai perdonato..

     
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14 replies since 5/2/2014, 20:37   289 views
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