Stanza 111 - Sibilla Kanakis

Maga Elementale

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    Sibilla KanakisRazza: Fata Classe: Maga Elementale
    Numero Stanza: Ametista 111 Fama: //
    Seduta sul letto mi guardavo i palmi delle mani.
    Lentamente richiusi le dita fino a formare due pugni e poi, ancor più lentamente, li riaprii.
    Ripetei questo gesto per non so quante volte mentre osservavo la pelle chiara, ma rosata.
    Appoggiai un palmo sull'altro e li strofinai su e giù un paio di volte
    (Sono calde...)
    pensai appoggiandole sul materasso e premendo leggermente.
    Quel giorno erano diventate quasi bianche e fredde, molto fredde!
    Scossi la testa e mi guardai attorno per cercare di svagarmi.
    Se prima pensavo che la stanza che dividevo con mia madre alla villa era piccola, una volta vista questa mi ero ricreduta ogni volta che la osservavo attentamente.
    Era un rettangolo, con il letto appoggiato al muro.
    Uno sgabello traballante, su cui era appoggiata una lampada bianca fungeva da comodino, di fianco si trovava un mobiletto con quattro cassetti disposti su due file.
    Quattro cassetti ma solo due funzionanti, perché gli altri crollavano in basso appena li tiravi.
    Di fronte al letto l'armadio, le cui due ante stavano miracolosamente appese ai cardini e al cui interno c'ero uno specchio che aveva visto giorni migliori, un tavolo con una sedia leggermente meno traballante dello sgabello fungeva da scrivania e volendo tavolo da pranzo.
    Un tappeto a righe da colori resi indefiniti dal tempo e i bordi tutti sfilacciati era buttato di sbieco a coprire un pavimento di legno dalle assi cigolanti.
    Cigolante era anche la rete del letto e il materasso? Beh da quando dormivo li mi svegliavo sempre con il mal di schiena... ma non potevo permettermi altro!
    Quel giorno decisi di fare uno strappo alla regola e mangiare nel salone della locanda, che fungeva anche da ristorante e bar per clienti esterni.
    Mi misi seduta in un tavolo messo in disparte, vicino alle scale che portavano ai piani delle camere.
    La cameriera si stupì di vedermi li ma non fece troppe domande, cosa che apprezzai molto, e mi disse quello che avevano cucinato oggi.
    Speravo di starmene tranquilla, mangiare velocemente e poi risalirmene in camere mia senza dare troppo nell'occhio ma sfortunatamente il tavolo accanto al mio venne occupato Da una donna corpulenta e dal suo recalcitrante e borioso figlio.
    Subito la cameriera accorse a prendere le loro prenotazioni, una mega coppa di gelato per lei e un mega hamburger per lui.
    Mi rassegnai ad attendere...
    avrebbero portato prima le ordinazioni dei due rumorosi clienti.
    La donna, che aveva già una voce squillante di suo, si mise a parlare a voce alta facendo voltare quasi tutti gli avventori della locanda.
    Più che un discorso con il figlio il suo fu un monologo, ogni tanto il ragazzo tentava di prendere parola, ma questa sventolando un volantino sentenziò che era già tutto deciso.
    Per fortuna arrivarono le ordinazioni e i due mangiarono quasi con avidità e se ne andarono, non prima di aver fatto un nuovo monologo a beneficio di tutti gli avventori.
    Il volantino giaceva abbandonato sul tavolo e sarebbe rimasto li se qualcosa non avesse attirato la mia attenzione.
    Mi alzai e lo presi giusto in tempo, la cameriera era tornata con le mie pietanze e poi si era diretta al tavolo accanto per riordinare.
    Mangiai alla svelta e tornai di corsa in camera mia.
    Aninthea Academy era scritto in un elegante carattere di scrittura in cima al foglio.
    Sotto erano riportate le materie di studio e tutte le varie attività e servizi offerti dalla scuola.
    Dietro c'era un disegno, stile acquarello, di quella che doveva essere l'accademia.
    Ci impiegai pochi secondi a prendere la decisione, non potevo rimanere in eterno in quella locanda... e da quello che c'era scritto avrei potuto imparare a controllare meglio il mio potere.
    Nonostante la rete cigolante e il materasso a bitorzoli quella notte dormii bene... forse perché sapevo essere l'ultima notte passata li.
    La mattina feci colazione, saldai il conto della stanza e comprai una cartina, poi con le mie poche cose mi misi in viaggio.
    Arrivai davanti ai cancelli dell'accademia che il sole stava cominciando a tramontare.
    Alla donna che mi venne ad aprire con sguardo incuriosito, chiedendole scusa per l'ora tarda, dissi semplicemente che volevo iscrivermi e lei scuotendo la testa mi disse di seguirla.
    Il preside si trovava ancora nel suo ufficio, anche lui fu sorpreso del mio arrivo a quell'ora ma non indagò troppo accontentandosi della risposta che avevo fornito, ovvero fatto il viaggio a piedi e non ero pratica dei luoghi.
    Mi fece firmare tutte le carte necessarie, mi allungò una specie di dépliant dove erano riportate davanti le lezioni con i rispettivi orari, all'interno c'era la piantina della scuola e dietro alcune attività proposte e le regole comportamentali da tenere all'interno della scuola.
    Quando uscii ritrovai la donna di prima che mi accompagnò fino alla porta della mia stanza, dopo avermi detto che avrei trovato qualcosa da mangiare in camera si voltò e se ne andò.
    Non mi sarebbe dispiaciuto mangiare in mensa con gli altri, ma quando abbassai la maniglia venni investita da un'ondata di stanchezza e pensai che forse era meglio così!
    La stanza che mi era stata assegnata era decisamente più grande, forse il doppio, di quella che dividevo con mia madre alla villa.
    Era più lunga che ampia ed era divisa in due da un muro che faceva un arco fino al soffitto.
    Nessuna porta separava la zona giorno da quella notte, solo un bastone in ferro battuto, con due riccioli alle estremità, a cui erano appese due tende rosa chiaro.
    La zona giorno era la più grande delle due.
    Il lato sinistro era occupato per tre quarti da un grande armadio che facendo angolo finiva a pochi centimetri dalla porta con due grandi ante a specchio, dall'altra parte c'erano altre quattro ante più piccole e un'anta più corta dove sotto erano posizionati sei cassetti.
    Di fianco all'armadio era posizionato un mobile che la contessa avrebbe definito come Comò da trucco, era un tavolo con tre piccoli cassettini e un'alzata, dove si trovavano altri due cassetti, uno per lato, sormontata da uno specchio ovale, davanti alla quale era posizionato uno sgabello imbottito.
    L'altro lato era occupato da una libreria dove già stazionavano alcuni libri e soprammobili. Una scrivania angolare dotata di quattro cassetti di fianco alla quale stava una lampada a stelo la cui parte superiore si poteva piegare a piacimento, nell'angolo era stato creato una zona lettura con una poltrona dallo schienale alto, un poggiapiedi, un tavolino messo di fianco per appoggiare il libro o altre cose e un'altra lampada questa posizionata dietro la poltrona.
    Il centro della stanza era occupato da un tavolino lungo che poteva alzarsi e abbassarsi.
    In quel momento era alto e li era stato posizionata la mia cena.
    Ai lati del tavolino c'erano due divanetti che sembravano comodi, ma per mangiare, visto il tavolo rialzato, avrei preso la sedia.
    Tutti i mobili erano di legno smaltato bianco, le pareti erano per un terzo rivestite di legno bianco per poi cedere il posto a dei mazzolini di fiori rosa dipinti sul muro di un bianco leggermente più scuro.
    Sotto il tavolino e i divanetti c'era un tappeto a forma di rosa che occupava quasi tutto il pavimento di legno chiaro.
    La zona notte era più piccola, occupata quasi interamente dal letto a una piazza e mezza con la struttura in ferro battuto.
    Appesa al soffitto, una struttura metallica poco più grande del letto formava una specie di baldacchino a chi erano state messe quattro tende bianche.
    La parete di fronte al letto era occupata da una serie di cassapanche su cui erano appoggiati dei cuscini imbottiti e potevano essere usate anche come sedie.
    I resto del mobilio erano due tavolini, messi ai lati del letto come comodini, su uno era appoggiata una lampada in ferro che richiamava i motivi del letto e un armadio ad un'anta a specchio. La parete infondo era interamente occupata da una grande portafinestra.
    Niente balcone, ma la presenza di una grata di ferro permetteva all'aria di circolare liberamente.
    Appoggiai la mia borsa su una delle cassapanche e tornai nella zona giorno, dopo aver preso la sedia mi sedetti al tavolo guardando le pietanze che mi avevano portato.
    Affondai il cucchiaio nel piatto e portai alla bocca un po' di crema di zucca.
    L'assaporai lentamente... decisamente non aveva niente a che vedere con i piatti unti e pesanti della locanda, sembrava più simile alle pietanze che si servivano alla villa dei conti.
    «Potrei abituarmici facilmente...»
    dissi mentre un cucchiaio dopo l'altro la crema spariva, seguita a ruota dall'arrosto con patate e dalla fetta di torta di mele.
    Indecisa se dovevo chiamare qualcuno per sparecchiare o meno soffocai uno sbadiglio con la mano
    «Ci penso dopo...»
    dissi alzandomi e tornando nell'altra parte della camera dove mi sedetti sul letto per poi buttarmi indietro con la schiena
    «Nessun rumore...
    nessun cigolio...»

    si, potevo veramente abituarmici pensai mentre, tirando su le gambe, scivolavo nel sonno.

     
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