Stanza 126, Lewys Silyen

Dormitorio Maschile

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    she/her

    Group
    Preside~
    Posts
    709
    Popolarità
    +68
    Location
    Le Terre Proibite

    Status
    Offline



    Lewys Silyen
    Classe: Mago Nero Razza: Demone Numero Stanza: 126 Fama: 0

    Ruolata
    Finalmente arrivai all'Accademia. Dopo mesi, finalmente ci ero riuscito! L'Accademia era così grande che per un attimo temetti di aver sbagliato, e di trovarmi davanti a un palazzo; ma l'insegna "Aninthea Academy" sopra il cancello mi faceva capire che quello era il posto giusto. - Uff... Finalmente sono arrivato... - pensai, mentre varcavo la soglia dell'Accademia e mi dirigevo al suo interno. Rimasi affascinato dal giardino così grande, e da tutte quelle persone che popolavano quel posto: era pieno di ragazzi e ragazze di ogni razza.... Non mi era mai capitato di vedere così tanta gente insieme; men che meno così tante razze a contatto. Prima ancora che me ne accorgessi, il mio sguardo vagava da uno studente all'altro, in cerca di qualcuno... Ma nessuno corrispondeva al soggetto delle mie ricerche. - Dei, sono passati così tanti anni... Anche se Hikaru si trova qui, probabilmente non lo riconoscerei. - pensai, eppure non avevo intenzione di mollare: significava arrendermi all'idea che era morto, e dato che non avevo ancora delle certezze.. L'idea non era neanche lontanamente accettabile. - Almeno qui però, potrei allenarmi di più. - pensai, sistemando meglio la borsa che portavo a tracolla e entrando finalmente nelle stanze dell'Accademia. Alcuni studenti si girarono a guardarmi, per poi ignorarmi completamente: non sapevo dire se quel fatto era legato o alla mia natura di demone o alla mia iscrizione in quel periodo dell'anno: infatti, i corsi erano già cominciati da tempo, e io ero uno dei pochi ritardatari che si iscrivevano quasi alla fine dell'anno. - Beh, poco importa... Perlomeno mi sono lasciato alle spalle quell'orfanatrofio! - pensai, rimanendo incantato a fissare l'ingresso dell'Accademia: era quanto di più maestoso e importante avessi visto in vita mia, e per qualche secondo, mi sembrò di essere decisamente fuori luogo. Gli arazzi posti con gran cura, l'arredamento sofisticato... Di posti come quello avevo soltanto letto nei libri di favole e in quelli di fantasia; non avevo mai visto niente di tutto ciò con i miei occhi, e adesso che avevo addirittura l'occasione di viverci, me ne restavo fermo in un angolo a fissare e rimirare il posto che mi si presentava sotto gli occhi. - Tu. Spostati. Immediatamente. - una voce mi costrinse a girarmi, ma appena l'ebbi fatto, non vidi proprio niente: poi abbassai lo sguardo, e notai che, quasi venti centimetri più in basso di me, c'era una figura con una bandana bianca in testa e degli attrezzi per pulire in mano. Che mi fissava con sguardo truce. Sbarrai gli occhi, confuso: che cosa voleva quel tizio, che sicuramente era più piccolo di me? - Ehm... Non credo di capire... - azzardai, accennando un sorriso imbarazzato e fissando la figura, che continuava a guardarmi male. - .... Forse se ti facessi espellere ancor prima che tu abbia visto metà di questa stanza, capiresti meglio. SPOSTATI DA LI', DANNATO. Stai bloccando il passaggio a tutti.- disse il tizio, agitando un cencio sporco con cui probabilmente aveva appena tirato a lucido le mura dell'Accademia. Mi venne la pelle d'oca a quelle parole, e mi feci da parte senza altri discorsi. - S... Signor si, signore! - dissi, come se avessi appena ricevuto un ordine da cui dipendeva la mia vita. E probabilmente era così... - Bene, vedo che capisci in fretta. Sbrigati a registrarti, dopo mi aiuterai a pulire tutto questo lerciume. Non esigo ritardi, e non me ne frega niente se hai da fare o meno, quest'Accademia è fin troppo sporca. E tutto perchè voi studenti non fate altro che insozzare ovunque! - gridò l'ometto, calcandosi la bandana in testa e attraversando la stanza, seguito da un'altra decina di ragazzi tutti agghindati nella solita maniera. Sospirai scoraggiato: ci mancavano soltanto le pulizie! Però, per il momento, la mia iscrizione era la cosa che contava di più. Così, seppur a malincuore - era tutto così strano che sarei rimasto ore a fissare quell'Accademia - mi diressi verso una vecchina che aveva tutta l'aria di essere la segretaria. Avevo intuito bene: con sguardo severo mi rifilò la chiave della mia stanza, la 126, e una lettera da parte della preside, che sicurament conteneva il regolamento. Dopo qualche altro minuto passato a cercare la mia stanza - non avevo tutto questo gran senso dell'orientamento -, riuscii finalmente a trovare la mia stanza. Girata la chiave, mi ritrovai in una stanza piccola ma ordinata: le pareti erano di un bel viola ametista e i mobili in legno, e l'atmosfera della stanza mi dava una sensazione piacevole. Mi richiusi immediatamente nella mia stanza, passando a ispezionarla: era tanto tempo che non avevo una stanza interamente mia... E quella sensazione mi piaceva. Finalmente avevo uno spazio per i miei libri, e non avrei dovuto passare le nottate in biblioteca perchè non avevo abbastanza posto e luce per continuare a leggere. - Si, ho fatto proprio bene ad andarmene dall'orfanatrofio... - pensai, mentre sistemavo i miei pochi averi e aprivo l'armadio: c'era già la divisa dell'Accademia riposta dentro, che sicuramente era obbligatoria. Così mi spogliai e, dopo una breve doccia per riprendermi dal viaggio, indossai la divisa. Era della taglia giusta per me: altra sensazione che non provavo da tempo, dato che con il tempo i vestiti mi erano cresciuti addosso, e le suore mi avevano sempre rifilato vestiti di persone più grandi, e che quindi erano più larghi. Rimasi un po'a fissare l'Accademia che riuscivo a vedere dalla mia stanza: se prima osservavo, probabilmente poi sarei riuscito a memorizzare meglio i luoghi in cui abitavo. Non avevo però prestato attenzione alla malinconia che mi portavo dietro: bastava poco infatti, perchè i vecchi ricordi tornassero a farsi sentire, e per qualche secondo, mi parve di risentire persino il testo che avevo composto a Hikaru per il suo decimo compleanno. Ogni volta che imparavo una nuova formula di magia, poi, il sorriso orgoglioso di mia madre era l'unica cosa che contava. Di mio padre, invece, non ricordavo e non sapevo niente: era morto il giorno in cui ero nato, e non avevo mai avuto modo di incontrarlo. Non avevo mai saputo il motivo: mia madre non aveva mai voluto dirmelo, ma anche se a volte sentivo la mancanza di un padre... Tutto quello che avevo avuto in quel villaggio mi era bastato. Eppure in meno di una giornata era scomparso tutto; la ferita che avevo sul petto era la prova vivente di ciò che era successo, e anche senza bisogno di prove, il dolore e i ricordi annessi erano ancora troppo vividi. Persino quelle che dovevano essere memorie felice, ormai, sembravano così distanti e nostalgici... - Ormai il passato è passato. Non posso farci più niente... - pensai, chiudendo le finestre della mia stanza e uscendo dalla camera: avrei esplorato un po' l'Accademia... Ero curioso di vedere la Biblioteca; e chi sa che non avessero pure un piano in quella scuola!? Fremevo alla sola idea di suonare nuovamente qualche pezzo. Così, ormai dimentico dell'ordine ricevuto dall'ometto in bianco, me ne andai a giro per la mia nuova casa.

     
    Top
    .
0 replies since 4/6/2014, 17:34   16 views
  Share  
.