Spade di legno

Allenamento - Privata (per Misaki)

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  1. Marxo
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    yxs1Wi8
    Mark JansenRazza: Mezzosangue // Classe: Assassino // Numero Stanza: 134 // Fama: 0 // «A lei la prima mossa, signorina.»
    Enunciò con un tono glaciale, estremamente apatico. Mark si trovava difronte alla sua preda, sfoggiando fieramente sulle labbra un sorriso beffardo e negli occhi dorati il barlume di follia che donava loro quell'aspetto così enigmatico ed allo stesso tempo inquietante. La stava provocando, cercando di spingerla a fare la prima mossa.
    Se c'era una cosa che aveva imparato sui duelli era quella di valutare le abilitá del proprio avversario prima di agire. Che fosse un gioco o meno non aveva molta importanza, era spinto dall'implacabile desiderio di mettere alla prova le capacitá della sua opponente, voleva vederla in azione, voleva conoscerla. Sì, un occhio allenato riusciva a cogliere ogni dettaglio e trasformarlo in un indizio prezioso, questo lui lo sapeva bene. Gli anni trascorsi per strada a caccia di guai e quelli passati a lottare in clandestinitá l'avevano trasformato in un ottimo osservatore, avido di indizi. Attendeva cullato da un'ardente e frenetica passione che gli si avventasse contro, pronto a ballare con lei un valzer di spade.
    Lei era una dama perfetta, celestiale, bellissima: i suoi occhi, tinti di un'ingannevole innocenza color azzurro cielo, parevano due lame di ghiaccio pronte a squarciarlo da un momento all'altro. Era proprio quello il particolare che suscitava in lui il desiderio di giocare, era rimasto ammaliato, rapito dal suo sguardo.
    Sotto ai loro piedi un morbido velo d'erba estremamente soffice avrebbe attutito ogni caduta. Era il terreno ideale per un allenamento, perfetto come il momento della giornata. Il sole stava per essere lentamente celato dietro ad uno spesso strato di nuvoloni grigi, passeggeri di lievi spiragli di vento. Non che fosse il meteo più consono ad una giornata di pieno agosto, ma almeno non si avvertiva il caldo tremendo che avrebbe dovuto caratterizzare il mese. Nell'aria si poteva avvertire una tensione palpabile, come la calma prima della tempesta. Era una cosa che lo faceva sentire a suo agio, gli ricordava il cielo anonimo della sua città. Poi lui aveva sempre preferito la volta celeste coperta dalle nuvole, era dell’idea che queste fossero l’apoteosi della perfezione artistica, modellate solo secondo la volontà del vento su uno sfondo infinito. Un’occasione così non poteva capitare in un momento migliore.
    Diede una lieve spinta di polso verso l'alto per sollevare l'arma, una leggerissima spada da allenamento di legno, lunga e flessibile. Era impressionante il modo in cui la sua mente si rifiutava di percepirla simile ad una spada vera, quanto più al suo bastone da passeggio. Era ovvio che Mark non fosse uno spadaccino, la brandiva in un modo così volgare che pareva stringesse nel palmo un randello, ma alla fine era solo una questione di abitudini. La lama puntata verso l'esterno era un chiaro segnale di sfida, aveva lasciato per qualche attimo scoperti il torace e parte dell'addome. Stava praticamente invitandola ad aprofittare dell'occasione per attaccare.
    In realtá la sua mente diabolica era giá in azione, stava lentamente elaborando una complessa strategia per rendere lo scontro più eccitante, assaporando giá il gusto di ogni singola bastonata inflitta e subita.
    Un lungo brivido attraversò la schiena del ragazzo, diramandosi per braccia e gambe. Era folle, lo so, ma aveva visto in quell'allenamento la giusta occasione per torturare la fanciulla.
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    perdona il ritardo >\< ho dovuto sistemare il codice
     
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    Ophelia KaiserRazza: Demone Classe: Assassino Numero Stanza: 132 Fama: 0 Dopo quella lunga dormita si era svegliata con una voglia matta di allenarsi. Ormai erano due giorni che non combatteva davvero. Quindi uscì dal dormitorio. L'aria era fresca ed era una giornata perfetta per combattere. Si recò nel cortile nella speranza di incontrare un compagno di battaglia. Non c'erano tante persone ma c'era un ragazzo che le stava già puntando la spada contro. Aveva i capelli biondi come Lui, ma aveva uno sguardo completamente diverso. Era inquietante e attraente nello stesso tempo. Sfoggiava un sorriso beffardo che sembrava prendersi gioco di lei. Era un invito a combattere, "E un invito non si rifiuta mai, vero papà?" pensò. Si guardò intorno e vide che vicino ad un muro c'erano delle spade di legno. Con suo padre usava sempre quelle, quindi non era un problema. Ne afferrò una e si mise di fronte al suo avversario. Dal suo modo così goffo di tenere la spada non sembrava esperto, ma aveva una determinazione negli occhi che non poteva essere sottovalutata. Ophelia, cercò di prendere familiarità con la spada. Cominciò a farla girare più volte nelle mani. Valutò la robustezza, la lunghezza, il peso, perchè prima di combattere, l'arma deve diventare una parte del lottatore. Quando sentì che conosceva l'arma quanto bastava, prese a guardarsi intorno, per valutare lo spazio del combattimento e infine guardò bene il suo avversario. Sembrava sicuro di se' e quella sicurezza l'avrebbe strappata e calpestata, come aveva sempre fatto con chiunque avesse osato sfidarla. Fece un sorriso freddo e completamente inespressivo pensando a quella chioma bionda e a quegl' occhi dorati chiedere pietà sotto il peso della sua spada. A quei pensieri non seppe trattenersi e si lanciò dicendo a bassa voce "Per favore, non chiamarmi signorina". Aveva molti punti scoperti, quindi decise di far finta di attaccare lì, per poi cambiare improvvisamente direzione nel momento in cui si sarebbe mosso per proteggere quello che aveva lasciato scoperto.

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  3. Marxo
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    Mark JansenRazza: Mezzosangue // Classe: Assassino // Numero Stanza: 134 // Fama: 0 // La sua tattica parrva aver funzionato! L'idea di lasciare dei punti scoperti rendeva sempre, non importava in che disciplina, se nella lotta con le spade o nel corpo a corpo. Chiunque ne avrebbe approfittato, erano occasioni da non lasciarsi scappare.
    Osservò con estremo interesse la giovane lanciarsi in avanti in quel balzo felino. Gli aveva giá dato prima l'impressione di saperci fare con la spada, ma il modo in cui si era mossa era stata per lui la prova del nove. Doveva stare in guardia Mark, di questo ne era consapevole, tenere gli occhi aperti e non lasciarsi sfuggire nulla, altrimenti sarebbe stato sconfitto in un rapido scambio di fendenti.
    Aveva anche iniziato a porsi delle domande sul passato della fanciulla, per capire che tattica avrebbe adottato, si chiedeva che tipo di formazione avesse avuto. Se la spada fosse per lei stata un hobby, come per Aidan, o se avesse avuto un maestro. Questo l'avrebbe forse scoperto più tardi, interpretando il suo stile; esistevano infatti due tipi di spadaccini: quelli che imprimevano nel loro gioco ciò che avevano appreso solamente con la teoria e coloro che potevano vantarsi di sfoggiare uno stile più libero, fondato sulle solide basi dell'esperienza.
    Mark stava anche mettendo alla prova i suoi stessi riflessi, aspettando il momento giusto per contrattaccare. I suoi tempi di reazione erano buoni, ma l'abitudine l'aveva portato a perdere quella coordinazione necessaria nei duelli con armi bianche. Era solito stare a strettissimo contatto con il proprio avversario, anche una brevissima distanza, quale era quella fra lui e la dama, riusciva ad essere fonte di estremo disagio.
    Aspettò il momento giusto e tentò una schivata sul fianco. Si mosse rapido ed in scioltezza, cercando di evitare il tocco della sua arma, ma allo stesso tempo provò a dimezzare la distanza fra il suo corpo e quello della sua preda.
    Ancora la stava analizzando, per questo preferì rimanere sulla difensiva ed evitare di imbastire una controffensiva. La sua spada era a guardia del corpo, pronta a fermare un ennesimo fendente.
    «Posso sapere il perché?»
    Sussurrò. Era abbastanza vicina da poterlo sentire senza problemi. Posso dire con certezza che rimase affascinato dalle sue parole - così come dal suono della sua voce -, curioso di scoprire quale ragione l'avesse portata a disprezzare tanto quell'appellativo, così comune e così anonimo. Era una cosa che condividevano, gli insegnanti privati e la servitù erano soliti rivolgersi a lui in quel modo. Il disgusto nel vedere le maschere che portavano sul volto ogni giorno, nel sentire il suono delle loro voci, colme di falsitá e timore, l'avevano spinto a detestare con tutto sé stesso quel modo di rivolgersi a lui - non a caso lui lo utilizzava per provocare -, così come ogni altra frase ricorrente in quella casa di mostri.
    Aveva come l'impressione che, di lì a pochi momenti, gli eventi avrebbero preso una piega piacevole per entrambi, quasi ne era certo. Ancora è troppo presto per dirlo, ma il fascino così misterioso di quella studentessa pareva aver fatto passare in secondo piano il suo desiderio di torturarla.
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    Ophelia KaiserRazza: Demone Classe: Assassino Numero Stanza: 132 Fama: 0 Dopo il suo attacco, la distanza tra di loro era diventata sempre più piccola. Per Ophelia non era fonte di disagio. Suo padre le aveva insegnato che durante un combattimento i sentimenti dovevano essere messi da parte. Tutte le sensazioni che venivano fuori da qualsiasi contatto con l'avversario dovevano essere cancellate, perchè non avevano importanza. L'unica cosa che contava era dare il meglio di se stessi e combattere come se stessimo partecipando alla nostra ultima battaglia, perchè quando un guerriero impugna la sua spada, non esistono amici e non esistono nemici. Esiste solo la nostra forza di volontà e la nostra voglia di vincere.
    Anche se con la spada non era molto abile, aveva degli ottimi riflessi e sapeva destreggiarsi nei suoi veloci attacchi. Ben presto però lei si accorse che lui non aveva ancora attaccato e che per tutto il tempo si stava difendendo. E mentre indietreggiava, le chiese il perchè della sua avversione nei confronti dell'appellativo "signorina". "Non sono una nobile, e non voglio esserlo, e poi "signorina" non è nel mio stile. Se proprio vuoi chiamarmi, allora Ophelia va bene, comunque, perchè non mi attacchi? Hai paura di farmi male?" rispose lei prontamente, nascondendo una fragorosa risata.

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  5. Marxo
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    Mark JansenRazza: Mezzosangue // Classe: Assassino // Numero Stanza: 134 // Fama: 0 // Che strana sensazione, accadeva di rado che qualcuno riuscisse a catturare il suo interesse così rapidamente. Era una cosa positiva, per lui significava molto, lo faceva sentire un po' più vicino all'essere umano. Ascoltò silenzioso la risposta tenace della fanciulla, facendo calare lo sguardo sulle sue labbra. Era stata diretta, un dardo scoccato dritto sul bersaglio, l'aveva apprezzato.
    «È una cosa che ti fa onore.»
    Aveva vissuto la sua intera esistenza circondato da persone che anteponevano ricchezza e potere a qualunque altra cosa. Cresciuto da due genitori che avevano sempre preferito badare ai propri affari piuttosto che alla cosa più importante: i figli.
    Aveva passato la sua infanzia osservando protetto da una campana di indifferenza le due facce di una triste medaglia: la realtá. Da un lato c'era chi parlava con i soldi, chi faceva valere il denaro più della felicitá, chi spinto dalla sete di potere si rovinava, arrivando addirittura a perdere tutto in un battito di ciglia. Dall'altro invece chi non aveva un soldo in tasca, ma che cercava in ogni modo di arrampicarsi fino alla cima, fra favori alimentati solo dall'interesse, promesse fasulle e leccate di piedi. Dei due non sapeva quale fosse la situazione più triste, ma aveva sempre trovato ridicole ambe le realtá.
    Scovare una persona in grado di accontentarsi delle piccole gioie della vita era ancor più difficile che trovare un ago in un pagliaio, sperava che quelle della giovane donna non fossero solo parole al vento.
    Le sorrise, non più con aria di sfida, anzi, mostrò tutta la sinceritá e la gentilezza che riuscì a strappare dal suo gelido cuore. Non era un tipo che sorrideva, non si vergognava mai di palesare un'insofferenza glaciale nei confronti dei sentimenti e degli ideali altrui, ma se capitava dava il meglio di sé.
    «Ophelia, ti ringrazio.»
    Erano bastate poche parole per migliorargli la giornata, forse addirittura l'intero periodo di permanenza in accademia. Si sentiva un po' meno solo al mondo.
    «Ora stai in guardia!»
    Enunciò con un tono teatrale. La voce bassa e calda, il tono estremamente cordiale.
    Stava per ringraziarla dandole ciò che desiderava, se voleva che l'attaccasse, chi era lui per dirle di no?
    Girò l'impugnatura nel palmo, per fare brandire la spada come fosse stata un semplice pugnale. Sapete, no? La lama rivolta verso l'esterno, in direzione contraria a quella del proprio avversario. Era una posizione utilizzata per la difesa, ma il fendente che giungeva dal basso sarebbe stato molto più difficile da bloccare.
    Fece un balzo in avanti, per scagliarsi sulla bella Ophelia, pronto a spezzare la sua guardia tentando il disarmo; se fosse riuscito a farle fermare la sua goffa offensiva come voleva, il turno successivo avrebbe agito seguendo i suoi piani.
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    yxs1Wi8
    Ophelia KaiserRazza: Demone Classe: Assassino Numero Stanza: 132 Fama: 0 Alle sue parole, il volto di lui cambiò espressione. Per tutto il tempo aveva avuto un viso freddo e distaccato che emanava aria di sfida da tutti i pori. E non c'era niente di strano, dato che anche Ophelia aveva lo stesso identico sguardo. Ma quando lo vide sorridere, sforzandosi di sembrare il più gentile possibile, il suo cuore sussultò. Ma non era niente di strano, lei conosceva quella sensazione, che era piacevole e dolorosa allo stesso tempo e per un attimo quel sorriso le ricordo il volto biondo di quello che era stato il suo primo amore e questo le fece quasi cadere la spada dalle mani. Era quasi pietrificata ma non si lascio sconfiggere e si riprese all'istante svuotando la mente da ogni sentimento. Al suo grazie rispose con un: "E di cosa?". Dopo quel ringraziamento tornò il ragazzo distaccato di prima e dopo un teatrale "Ora stai in guardia!", finalmente si lanciò all'attacco. Impugnò la spada in un modo insolito che era più difficile da difendere, ma questo non spaventò Ophelia, che si era allenata per anni e che con suo padre aveva imparato a difendersi usando qualsiasi mezzo e sopratutto da qualsiasi mezzo. Cercò di colpirla ma lei si scansò con uno scatto fulmineo e arrivata al suo fianco destro cerco di colpirlo dietro all'attaccatura tra coscia e ginocchio. In questo modo avrebbe messo fuori combattimento le sue gambe per qualche secondo.

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  7. Marxo
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    yxs1Wi8
    Mark JansenRazza: Mezzosangue // Classe: Assassino // Numero Stanza: 134 // Fama: 0 // Di cosa? Se solo avesse potuto sapere cosa aveva fatto per lui si sarebbe resa conto dell'importanza che aveva assunto per il giovane. La situazione era cambiata e la concezione che Mark aveva della fanciulla era stata stravolta: se prima vedeva Ophelia solo come un giocattolo, da sfruttare e gettare via come spazzatura una volta perso l'interesse, ora era diventata la sua preda e per nulla al mondo avrebbe rinuciato al piacere della caccia.
    Voleva accontentarla, soddisfare il suo desiderio di ricevere uno dei suoi attacchi. L'impeto con cui si lanciò contro di lei fu considerevole, forse un po' eccessivo; aveva sperato con tutto il cuore in un tentativo di parata, intenzionato a travolgerla nella speranza di spezzare la sua guardia, ma il suo piano andò a rotoli. Quando la vide schivare agilmente la sua offensiva il suo cuore sobbalzò, battendo violentemente contro la cassa toracica. Quando si rese conto di cosa stava per accadere, sul suo volto si dipinse un sorriso estremamente sadico. Seguì i suoi movimenti con la coda dell'occhio, curioso di vedere come avrebbe controattaccato. Per lui c'era poco da fare, cercare di bloccare un suo fendente era praticamente impossibile, avrebbe pagato la conseguenza del suo errore a caro prezzo.
    Fu così che la lama calò violenta sulla sua gamba destra, nel punto in cui la coscia ed il ginocchio si congiungevano, colpendo un'area particolarmente dolorosa: il nervo. Un dolore lancinante si diffuse dalla zona di collisione per tutto il corpo, come una violenta scarica elettrica. A stento trattenne un urlo, mordendosi con ferocia il labbro e stringendo l'arma nel pugno con tutta la forza che aveva in corpo, per trovare una valvola di sfogo. In quel momento di silenzio si sentì addirittura il legno scricchiolare.
    La veritá? Il suo cervello aveva recepito la massiccia dose di impulsi, convertendoli da una straziante sofferenza ad un assoluto piacere. Faceva male, malissimo, ma era una cosa che amava.
    Se pensate, comunque, che se ne fosse rimasto con le mani in mano vi sbagliate di grosso. Aveva trovato una maniera accellente di improvvisare.
    Aveva girato un'ennesima volta l'impugnatura, modificando la posizione dell'arma: questa volta era tornato a brandirla come in principio, in quella maniera così poco raffinata che la faceva parere solo un semplice bastone. Perdonate la sua visione così grezza di quello scontro, ma per lui effettivamente era una battaglia combattuta a suon di bastonate.
    Fu questione di attimi, passò meno di un secondo da quando l'attacco della fanciulla giunse a destinazione a quando Mark fece prendere forma alla sua repentina controffensiva. Era stata la massiccia dose di adrenalina sparata in circolo a farlo reagire così rapidamente, un'azione che arrivò a rasentare l'impossibile.
    Girò il torace di scatto, caricando con il braccio destro un colpo di spada. Riuscì a trattenersi a stento, arrivando a ridurre notevolmente la velocitá del fendente nella fase finale della sua discesa. Puntava a colpirle il braccio dominante, una decina di centimetri al di sopra del polso. Se fosse riuscito nel suo intento non avrebbe causato un danno grave, ma le avrebbe procurato una dose di dolore non indifferente - nulla che andasse oltre ad un livido, per intenderci -.
    Era tutta questione di fortuna, in quel momento la sua mira non era affatto affidabile.
    Qualche attimo dopo sarebbe goffamente barcollato in avanti, senza però cadere al suolo.
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    Perdona il ritardo cara >.< ultimamente ho diverse cose da fare on-real e la mia famiglia ha preso la brutta abitudine di prendersi impegni che mi coinvolgono senza degnarsi di avvertirmi °-°
     
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    Ophelia KaiserRazza: Demone Classe: Assassino Numero Stanza: 132 Fama: 0 Quando sentì la punta della spada toccare il punto preciso in cui risiedeva il nervo che si trovava tra il ginocchio e la coscia, Ophelia provò un brivido di piacere e di divertimento vedendo il volto del giovane ragazzo contorcersi dal dolore. Eppure provò anche compassione pensando a tutto il dolore che causava quella mossa. Per un momento tutte le sofferenze che la pesante spada di suo padre le avevano dato in tutti quegl' anni, le apparsero come in una visione e questo le causò una distrazione che era assolutamente proibita durante un combattimento. Ma quando si accorse di quello che stava succedendo era ormai troppo tardi. Il ragazzo dai capelli dorati, stava tentando di colpirla sul braccio che impugnava la spada. Anche se il suo corpo tentò d'istinto di schivare il colpo, il tentativo fallì e il bastone del ragazzo, che nel frattempo aveva anche cambiato il tipo d'impugnatura, la colpì violentemente poco più di 10 centimetri dal polso. Era doloroso, estremamente doloroso, ma quello era niente in confronto a tutto il dolore che aveva provato il suo cuore. Non era niente in confronto alle taglienti urla di suo padre che la colpivano violentemente, ogni volte che cadeva e non riusciva a rialzarsi. Strinse i denti, cercando di reprimere il dolore, e una goccia di sangue le uscì dalla bocca. "Accidenti!"pensò. A causa della troppa pressione che aveva esercitato sui denti e sulle gengive, qualche vecchia ferita doveva essersi riaperta. Girò la testa di scatto, e guardo intensamente gli occhi del suo avversario, mentre asciugava il poco sangue che usciva dall'angolo destro della bocca. Sorrise e disse piano: "Beene! Mi hai sorpreso! Ma mi stavo chiedendo, come mai sono l'unica ad aver detto il suo nome???" quelle parole dovevano servire a sdrammatizzare e a caricare l'energia per tentare il prossimo attacco. Assunse una posizione classica da scherma, e chiuse gli occhi per tre secondi per entrare nella concentrazione più profonda. Quando li aprì, non esitò e attaccò il ragazzo ad entrambi i lati del collo e infine con uno scatto fulmineo si girò e gli tirò un calcio diretto alla sua guancia sinistra. Ritornò infine in una posizione eretta e disse ridendo sadicamente: "Questo è per il mio braccio!!"

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    Edited by «Misaki» - 11/8/2014, 10:49
     
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    Mark JansenRazza: Mezzosangue // Classe: Assassino // Numero Stanza: 134 // Fama: 0 // Prese un respiro profondo per godersi al meglio la reazione della dama alla sua bastonata. Il dolore inflitto fu per lui un'estremo piacere, accumulato a quello provocatogli dal danno subito. Il battito cardiaco stava rapidamente aumentando il ritmo, sfiorando picchi spaventosi. Normalmente non si sarebbe eccitato tanto nel causare sofferenze ad un individuo anonimo, ma, in quello scontro - almeno per lui -, ogni piccolo gesto aveva acquistato un significato proprio.
    Barcollò in avanti, provando a passare tutto il peso del corpo sulla gamba illesa. Le atroci fitte che partivano dal nervo colpito erano giunte al culmine dell'intensitá, tentare di stabilizzarsi sarebbe stato un suicidio. Poi si girò in rapidità, puntando lo sguardo su Ophelia.
    Le doveva aver fatto abbastanza male, l’espressione sul suo viso la diceva lunga, anche se qualcosa non tornava, sembrava esserci dell’altro. Lui non era mai stato bravo a comprendere lo stato d’animo altrui, ma in questo caso era palese.
    Ascoltò silenzioso le sue parole, poi rispose alla sua domanda.
    «Non sono il tipo che riesce ad infilare una buona presentazione in mezzo ad un duello.»
    Gli scappò una breve risata sommessa, poi riprese a parlare.
    «Se ti interessa saperlo, il mio nome è Mark.»
    Il suo sguardo la diceva lunga: questa era l’unica cosa che avrebbe scoperto mentre teneva ancora la spada in mano, se fosse stata intenzionata a sapere di più, avrebbe preferito scambiare quattro chiacchiere alla fine dell’allenamento. Non era un tipo di molte parole, ma per lei avrebbe fatto volentieri un’eccezione, considerando il fatto che anche lui moriva dalla voglia di sapere quale passato si celasse dietro al velo di tristezza calato su quegli occhi color cielo.
    Fece appena in tempo a finire di parlare, poiché lei si lanciò nuovamente all’attacco. Era una ragazza audace, ma difficilmente sarebbe riuscita a concludere qualcosa con il braccio dolorante. O meglio, era improbabile, ma oramai aveva imparato ad aspettarsi di tutto da un suo avversario, tant’era abituato ad assistere ad eventi al confine fra l’impossibile e la realtà.
    Riuscì a stento a parare con il bastone i colpi che la fanciulla scagliò ai lati del collo, ma quando la vide caricare il calcio non potè reagire con prontezza. I calci non andavano parati, era una di quelle regole che stanno alla base del corpo a corpo, solo in casi estremi si poteva tentare una cosa simile. Ovviamente lui non era nelle condizioni di evadere la sua offensiva, per questo si concesse una piccola follia e sollevò una guardia alta a lato del viso. Un po’ perché preso alla sprovvista ed un po’ per via del dolore che gli impedìva una posizione d’equilibrio stabile, non riuscì a completarla e finì per bloccare il calcio solo in maniera parziale. Incassò un lieve colpo alla guancia abbastanza forte da aprirgli una piccola ferita sul labbro inferiore, ma non particolarmente doloroso.
    Le sorrise, mostrando un rigolo di sangue che colava lungo il mento, poi lo pulì con il pugno e si rivolse alla ragazza.
    «Per me può bastare.»
    Tossì un paio di volte, poi si diede un lieve colpetto alla cassa toracica.
    «Non riesco più a reggere certi ritmi.»
    I suoi polmoni erano abbastanza affaticati, anche se avrebbe potuto ancora reggere un paio di attacchi.
    «Credo che tu abbia vinto.»
    Lasciò cadere la spada, poi si sedette sull’erba, sbilanciandosi all’indietro e appoggiando le mani dietro la schiena per sorreggersi. Sollevò lo sguardo e tornò ad osservare gli occhi azzurro cielo di Ophelia.
    «Chi ti ha insegnato a combattere? Se posso sapere.»
    Concluse, per poi prendersi qualche boccata d’aria per recuperare.
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    Ophelia KaiserRazza: Demone Classe: Assassino Numero Stanza: 132 Fama: 0 Sfortunatamente il suo calcio non andò completamente a segno. Infatti Mark, questo era il suo nome, aveva innalzato una guardia, ma nonostante questo non era riuscito a fermarlo e la punta del piede di Ophelia toccò il suo visto abbastanza da farlo sanguinare. Nonostante avesse raggiunto il suo obbiettivo non era soddisfatta, ma per il momento andava bene così. In quel momento di pausa guardo il suo braccio, per controllare le sue condizioni. Era uscito un livido, ma il dolore ora era quasi impercettibile. Quando alzò lo sguardo per guardare il suo avversario, con sua grande sorpresa, lo vide sedersi sul prato e concedermi la vittoria. Si stava arrendendo?? Lo guardai, prima sorpresa poi arrabbiata e avvicinandomi gli dissi: "Che? Ti arrendi? Che significa che ho vinto? Stai scherzando vero? Come fai ad essere già stanco?"Era davvero sconcertata, perchè non si aspettava che si arrendesse così facilmente! Ma poi lo guardò per bene e vedendo quel viso affaticato che cercava di riprendere aria, ricordò ancora una volta, la lei di una volta. "Va bene, va bene, fermiamoci qui, ma io non ho vinto, mi sentirei una vigliacca a vincere in questo modo!" disse alla fine cercando di smaltire la rabbia. Si accorse che sia dalla sua che dalla bocca del ragazzo scorreva ancora un po' di sangue, così infilò la mano nella sacca destra della sua tunica nera da combattimento e tirò fuori due piccoli rettangoli di tessuto bianco. Si avvicinò al ragazzo e si sedette di fianco a lui. Prese uno dei rettangoli e gliene mise uno in mano. Mentre puliva quelle poche gocce di sangue che sgorgavano dall'angolo destro della bocca, si ricordò della domanda che le aveva fatto Mark, su chi le aveva insegnato a combattere. "Mio padre" rispose secca, "e tu? Non mi sembri un tipo da spada, più che altro combatti a mani nude vero? Se me l'avessi detto prima, avrei combattuto a mani nude" disse. "Comunque grazie per aver combattuto con me, era un po' che non mi divertivo così!" dissi infine. Era un rito quello, ogni volta che combatteva con qualcuno diceva sempre grazie, sia in caso di perdita che di vincita. Attese le sue risposte e nel frattempo si stese sul prato e prese a guardare il cielo azzurro. Appoggiò le mani sull'addome e chiuse gli occhi per qualche secondo.

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  11. Marxo
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    Mark JansenRazza: Mezzosangue // Classe: Assassino // Numero Stanza: 134 // Fama: 0 // Chi l'avrebbe mai detto? La moretta era riuscita a suonargliele. Gli veniva da ridere pensando a quanto fosse stato goffo il suo stile di combattimento con quell'arnese, ma d'altro canto le spade non gli erano mai piaciute. L'unica cosa con cui riusciva a combattere decentemente era il suo amato bastone da passeggio. No, a chi voglio darla a bere? Il bastone da passeggio lo usava solamente per disarmare, era perfetto per peso, dimensioni e forma, di rado gli capitava l'occasione di doverlo brandire per un'intero scontro; era fatto così, aveva sempre preferito giocarsela con il corpo a corpo, solo così trovava il modo di sbizzarrirsi.
    Comunque nell'ultimo periodo si era reso conto di non riuscire più a reggere certi allenamenti, i suoi polmoni cedevano troppo in fretta. Per il suo bene aveva deciso di darci un taglio con le sigarette e di passare alla pipa: non doveva traspirare, l'aroma del tabacco si gustava sul palato.
    «Avrei potuto reggere qualche altro minuto, ma ne avrei pagato le conseguenze domani al risveglio.»
    Disse serio, per poi concedersi un lungo sospiro. Le parole della ragazza furono per lui incomprensibili, come poteva rifiutarsi di aver vinto? Le meccaniche dell'orgoglio erano qualcosa di cui era ignaro, mai sarebbe riuscito a capire il motivo per cui una vittoria ottenuta in quel modo non era considerata tale. Al Diavolo! Lei aveva dimostrato un'abilitá superiore con la spada, se ne sarebbe reso conto pure un moccioso, tirarla per le lunghe non sarebbe servito a nulla.
    Stette zitto, mentre la osservava avvicinarsi e porgergli un pezzo di stoffa per pulirsi il sangue. Quello era sicuramente rimorso, la sua espressione la diceva lunga. Era un'emozione a lui estranea, pentirsi delle proprie azioni non aveva senso, ormai ciò che era accaduto non poteva essere cambiato.
    Avrebbe voluto ringhiarle contro come un lupo inferocito per il modo in cui l'aveva trattato, ma sarebbe servito a poco; si limitò ad afferrare il fazzoletto e pulirsi il labbro, ringraziandola con un'occhiata.
    «Tuo padre è stato un buon maestro.»
    Un genitore presente, non come i suoi.
    «Io ho imparato per strada, per questo non so impugnare la spada. Comunque non preoccuparti, avevo bisogno di fare pratica, per questo ti ringrazio.»
    Si sdraiò vicino a lei, con un braccio steso lungo il fianco e l'altro piegato per sorreggere la testa. Le dita erano finite a giocare con i fili d'erba, mentre lo sguardo si era sollevato al cielo. Le nuvole si erano quasi completamente diradate.
    «Posso farti una domanda?»
    Attese qualche secondo prima di porre il quesito, poi decise di procedere. Il tono era gentile, non voleva metterla nelle condizioni di dare una risposta forzata. Se avesse preferito non rispondere non avrebbe insistito oltre.
    «Cosa ti turba? Sai bene a cosa mi riferisco. Mi sono reso conto di come, diverse volte durante lo scontro, ti sei praticamente... bloccata per qualche istante. Se preferisci evitare di dare una risposta allora sentiti libera di ignorarmi, non voglio obbligarti.»
    Ma detto fra noi, moriva dalla voglia di scoprirlo.
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    Ophelia KaiserRazza: Demone Classe: Assassino Numero Stanza: 132 Fama: 0 Mark le confessò che avrebbe potuto combattere qualche altro minuto, ma che ne avrebbe pagato le conseguenze la mattina seguente. Ophelia poteva capire come si sentisse, e ricordò ancora i giorni infernali che erano i suoi primi allenamenti. "Lo so, sono molto grata a mio padre." rispose la ragazza sentendo il complimento che Mark aveva fatto a suo padre, "Ah, capisco... Se hai bisogno di aiuto con la spada vienimi a cercare quando vuoi allora! disse Ophelia con gli occhi ancora chiusi e il sole che le riscaldava tutto il viso. Sentì poi il ragazzo sdraiarsi al suo fianco. E udendo il suono dell'erba che si muoveva un nuovo ricordò le balenò davanti agli occhi. Era sempre con lui e stavano guardando il cielo mano nella mano. Era l'ora del tramonto quindi le nuvole erano dipinte di un rosso/arancio che faceva sembrare tutto molto pittoresco. Anche se era solo un ricordo, sentì anche il profumo di menta sotto il naso che però venne sostituito subito da quello della persona che aveva in realtà di fianco. Il profumo di Mark, lo notò in quel momento per la prima volta, era quello del tabacco. Non le dava fastidio dato che anche suo padre fumava. Una domanda del ragazzo, la fece uscire dai suoi pensieri e anche se si conoscevano da poco, quella piccola battaglia aveva mostrato a entrambi molti lati della loro personalità. Rispondere alla sua domanda era difficile, ma quando Ophelia si girò per guardare il viso di Mark, vide la curiosità accesa nei suoi occhi, così decise di rispondere, anche perchè al momento non aveva niente da perdere.
    «Beh... in realtà ci sono diversi motivi per cui durante il combattimento mi sono "bloccata". Il primo è che mi ricordi la persona che amavo, la seconda è che mi ricordi la me stessa dei miei primi allenamenti con mio padre. Mi ricordi tutte le volte che sono caduta a terra,tutte le volte che mi sono rialzata e tutte le volte in cui sono andata a letto con il corpo completamente dolorante. È strano da dire, ma è così. disse tutto d'un fiato, con tutta la tranquillità di questo mondo. «Anche tu ti sei fermato a pensare diverse volte, a questo punto anche tu mi devi delle spiegazioni.»

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  13. Marxo
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    yxs1Wi8
    Mark JansenRazza: Mezzosangue // Classe: Assassino // Numero Stanza: 134 // Fama: 0 // Aveva ascoltato silenzioso tutta la spiegazione, provando ad immaginarsi che tipo di persona fosse quella che l’aveva fatta innamorare. E finì a chiedersi ancora una volta cosa fosse l’amore. Mark non si era mai innamorato, aveva sempre cercato di evitare il più possibile ogni situazione che implicasse un coinvolgimento sentimentale, pensando solo a divertirsi e a far divertire qualunque donna fosse finita fra le sue braccia. Era una delle particolarità della sua psiche che lo rendevano diverso da tutti i suoi coetanei, addirittura dal suo gemello, quella di non riuscire a creare legami affettivi troppo forti. Un po’ era addirittura spaventato dalla possibilità di poter perdere la testa per una donna, poiché ebbe modo di veder da vicino quali effetti collaterali si manifestassero alla fine di una relazione. Non volle pensarci troppo e si concentrò su dell’altro, cercando di svuotare la mente e tornare a perdersi nelle parole della giovane Ophelia.
    A quanto pareva le ricordava la sé stessa di qualche tempo prima, quando si allenava con il padre. Quando due persone erano in qualche modo simili se ne rendevano conto, anche lui aveva avuto modo di cogliere delle somiglianze, rimanendo piacevolmente sorpreso.
    «Che coincidenza.»
    Strinse le dita per strappare qualche filo d’erba dal prato, era un modo come un altro per distrarsi qualche secondo, mentre cercava le parole giuste da dire per esprimere il concetto.
    «Mi sono bloccato perché bene o male anche tu mi ricordi il me di un tempo.»
    Era un bel salto temporale, parlava di com’era poco meno di dieci anni prima, nel pieno della sua fase di ribellione adolescenziale, quando addirittura era arrivato ad odiare con tutto sé stesso lo stato sociale della sua famiglia. Nonostante fossero trascorsi anni, però, non era cambiato molto e non aveva mai smesso di coltivare quel seme d’odio che si era radicato nel suo cuore.
    «O almeno questo è quello che mi è sembrato dalla tua reazione. Sono cresciuto in mezzo a persone che facevano del nome e del denaro le loro uniche ragioni di vita, per questo ho gioito nel trovare un’altra persona che, come me, disprezza la nobiltà. Appoggio pienamente il tuo pensiero, se avessi potuto scegliere avrei preferito non nascere in una famiglia nobile.»
    Avrebbe potuto parlare per ore, ma cercò di limitarsi solo alle informazioni essenziali.
    «Ancora oggi porto nel cuore le cicatrici di un’infanzia persa nel nulla; i miei genitori non ci sono mai stati, hanno abbandonato me e mio fratello a noi stessi, per badare solo ed unicamente ai propri interessi, per poi pensare di comprare il nostro affetto viziandoci come dei principi.»
    Digrignò i denti con rabbia ricordando i momenti passati, poi si girò sul fianco per guardare Ophelia negli occhi.
    «Quando mi hai chiesto di non chiamarti “signorina”, perché non è nel tuo stile… Beh, ho avuto la conferma definitiva; nemmeno a me sono mai piaciuti certi appellativi.»
    Una volta arrivò a prendere a pugni uno dei suoi insegnanti privati perché continuava a rivolgersi a lui in quel modo, procedendo ad oltranza solo per indispettirlo.
    «Ma c’è un’altra ragione per cui mi sono bloccato. Non prenderla come una sorta di approccio galante, ma ogni volta che ti guardo negli occhi mi devo necessariamente fermare a contemplarli per qualche secondo. Sono di una bellezza innaturale.»
    Decise di concludere, probabilmente la stava annoiando.
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    yxs1Wi8
    Ophelia KaiserRazza: Demone Classe: Assassino Numero Stanza: 132 Fama: 0 Ascoltò attentamente la sua storia che più andava avanti più diventava interessante. Ophelia si abbandono alla voce profonda del ragazzo e alzando una mano al cielo, cominciò a girarla nell'aria e a fare strane forme con le dita. Le sue dita nascondevano il sole e alcuni raggi che sfuggivano alla sua mano arrivavano dritti negli occhi della ragazza. Quando Mark finì il suo racconto, tutto le parve più chiaro. Non poteva capire il tipo di sofferenza che aveva Mark nel suo cuore e non voleva nemmeno sforzarsi di capirla, perchè sarebbe stato inutile. I suoi genitori le avevano sempre dato tutto l'amore del mondo. E anche se suo padre la faceva cadere ogni giorno, era sempre lui a fasciare le sue ferite. Per questo il suo sogno, il suo più grande desiderio era ed è tutt'ora quello di rendere onore alla sua famiglia. Far vedere di che pasta è fatta e diventare sempre più forte!
    «Non ho idea di cosa si provi ad essere ignorati dai propri genitori e non voglio saperlo. Non cercherò di consolarti, perchè so' che è inutile e che nessuna parola potrà guarire il dolore che porti nel cuore. Ma di dolore, forse ne so' qualcosa anche se il mio di sicuro non è grande come il tuo.» dissi. Poi girai il collo verso di lui.
    «Sai perchè non voglio essere chiamata in questo modo? È esattamente il tuo motivo. Mi fa' schifo. Mi fa' schifo perchè le ragazze nobili vestono abiti costosi, non sanno cosa sia il sacrificio, non sanno cosa sia essere forte e devono sempre essere protette. Sono altezzose e arroganti. Le odio. Nel mio paese era pieno di queste ragazze, che mi guardavano sempre dall'alto in basso solo perchè non vestivo con gonne pompose, ma ero sempre coperta di stracci neri e cinture ovunque. Esattamente come ora. Ma sai cosa? Ho sempre camminato a testa alta, fiera di essere quello che sono, fiera di saper muovere una spada ed essere capace di uccidere.» disse tirando fuori tutta la rabbia che aveva in corpo e che teneva dentro da davvero troppo tempo. Era una bella sensazione, parlare finalmente con qualcuno senza avere paura di essere giudicati. Serrò i pugni e cerco di respirare lentamente per calmarsi un po'. Il ragazzo si girò poi a guardarla negl' occhi e Ophelia ne sospettò anche il perchè. La conferma arrivo poco dopo.
    «Tsk... quindi ci sei cascato anche tu?» disse cercando di trattenere una risata. «Sai ancora non l'ho visto un uomo, che non è attratto dai miei occhi! Comunque grazie!»
    Concluse infine. Poi ricordò quando camminando tra le strade del suo paese tutti i ragazzi quando la vedevano prendevano a fissarla. La fissavano ma non si avvicinavano perchè portava sempre la spada in una sacca che aveva sulla schiena e perchè lei li guardava con uno sguardo freddo, tipico di quelli che non amano parlare e stare con nessuno. Scacciò quei pensieri dalla sua mente e si ricordò del'odore di fumo che aveva sentito poco prima.
    «Ho notato che hai l'odore del fumo. Fumi vero? Dovresti smettere altrimenti le conseguenze saranno pagate dal tuo corpo. Anche mio padre fuma, infatti negli ultimi mesi era sempre il primo a stancarsi.» disse, cambiando discorso. Attese per un po' la sua reazione poi fece una domanda, che forse poteva sembrare invadente ma che ora come ora, che sapevano molto l'uno dell'altro, valeva meno di zero.
    «Se non sono troppo invadente, volevo chiederti, perchè sei venuto il questa scuola??»


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    Scusami il ritardo, ma ho avuto un po' di problemi! Scusa ancora!


    Edited by «Misaki» - 13/8/2014, 14:38
     
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  15. Marxo
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    Mark JansenRazza: Mezzosangue // Classe: Assassino // Numero Stanza: 134 // Fama: 0 // Era piacevole chiacchierare con una persona che aveva avuto modo di scoprire così simile a sé stesso. Non si sarebbe mai aspettato di trovare un’anima tanto combattiva in un accademia raffinata, quale Aninthea, invece provò grande stupore nel constatare il contrario. Che poi fosse anche la prima persona con cui aveva interagito dal suo arrivo, proprio no, era quasi sicuro avrebbe avuto a che fare almeno con qualche principino viziato prima di trovare il tanto sperato ago nel pagliaio. I loro passati erano così diversi, ma la vita li aveva plasmati con caratteri così affini, ironia della sorte.
    Trattenne il respiro qualche istante quando vide Ophelia girarsi in sua direzione, ammirando nuovamente il suo sguardo. Per quanto la bellezza non fosse mai riuscita a sfiorare l’animo del mezzosangue, quando si trovava difronte a certe opere d’arte non poteva che rimanerne affascinato. Occhi così particolari si potevano ammirare poche volte nella vita, se tutti coloro che incrociavano il suo sguardo rimanevano incantati un motivo c’era, non poteva fargliene una colpa.
    Stava per cambiare argomento, per rendere la conversazione meno imbarazzante - o almeno per lei, lui non era mai riuscito a comprendere cosa volesse dire sentirsi a disagio, soprattutto se in situazioni così.. normali. Alla fine era stata lei stessa a dire che chiunque incrociasse il suo sguardo restava ammaliato, no? -, ma lei lo precedette.
    «La situazione è migliorata rispetto ad un tempo, non mento se dico che per i miei polmoni è passata qualunque cosa. Ora ho praticamente smesso.»
    Dal semplice tabacco a cose meno tradizionali, non entro nei particolari, provate ad usare l’immaginazione.
    «So che non mi fa affatto bene, ma non voglio vivere come un malato per morire sano. Ci sono certi piaceri a cui rinunciare sarebbe un peccato, e poi… la mia natura mi rende “invulnerabile” ad alcuni rischi legati al fumo.»
    Sorrise, pensando a quanto sarebbe potuto essere ironico un drago morto per via degli anni passati ad aspirare fumo.
    Si interruppe per ascoltare la sua domanda, poi prese qualche secondo per combinare una risposta, ripensando all’ultimo periodo della sua vita.
    «Io e mio fratello siamo scappati, quando abbiamo visto come stava diventando la situazione a casa. I nostri genitori avevano iniziato a parlare di matrimoni, poiché dell’idea alla nostra età sarebbe ora di metter su famiglia.»
    Gli scappò una risata sommessa.
    «Così ci siamo cercati una scusa per farci spedire in accademia e stare tranquilli un altro paio d’anni. Conoscendoli non avrebbero impiegato molto tempo a combinarci due matrimoni con chissà quali ochette viziate dell’alta società.»
    Tornò a sdraiarsi come era prima, con il viso baciato dai raggi del sole e gli occhi chiusi, assaporandosi la fresca brezza esitva che in quel momento accarezzava lievemente la pelle.
    «Tu invece?»
    Probabilmente conosceva già la risposta, ma avrebbe preferito che fosse lei a dargli la conferma che cercava.
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    Perdona il ritardo dear, ci credi se ti dico che sto ancora svarionando da ferragosto? >.< mannaggia!
     
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18 replies since 8/8/2014, 13:50   233 views
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